martedì 2 aprile 2024

L’Occidente e la sindrome di Alzheimer

 


«O Roma, nessuno, finché vive, potrà dimenticarti… Hai riunito popoli diversi in una sola patria, la tua conquista ha giovato a chi viveva senza leggi. Offrendo ai vinti il retaggio della tua civiltà, di tutto il mondo diviso hai fatto un’unica città.» (Claudio Rutilio Namaziano, De reditu suo [ Il ritorno] I, 52, 63-66).

Si sostituisca Roma con  Occidente. Solo così sarà possibile capire la profonda tristezza provata da Claudio Rutilio Namaziamo, Gallo-Romano, che ritornava  per mare in patria, la Gallia, intonando un accorato canto all’ ormai trascorsa grandezza di Roma. Siamo all’inizio del V secolo dopo Cristo. Il grande passato di Roma è alle spalle. Però c’è chi lo canta. La memoria storica non è svanita nel nulla.

Anche l’Occidente di oggi, in crisi, ma non ancora percorso in lungo e in largo da tribù di barbari  armati che nominano e depongono  imperatori,  sembra avere un grande passato alle spalle.  

Tuttavia,  a  differenza  di  Roma, non ha nostalgici cantori. Non ha più memoria della sua grandezza. Se fosse un essere umano si potrebbe parlare di sindrome di Alzheimer

L’ Occidente, questo magnifico colosso geopolitico, a tratti ancora bello da ammirare, nonostante le crepe, incorpora tuttora Stati Uniti, Europa occidentale e vecchie e nuove propaggini geopolitiche sparse nel mondo. Pensiamo a stati con caratteristiche occidentali in Oceania, in Africa e in Asia Sudorientale, come l’ Australia, la Nuova Zelanda, forse Sudafrica e Filippine. Ma anche a paesi asiatici come il Giappone, la Corea del Sud e Taiwan, buoni alleati, dopo il 1945, degli Stati Uniti e dell’Europa occidentale.

Civiltà. Perché "è"  Occidente dove sono incarnati e praticati i valori civici e civili delle democrazie liberali, del libero mercato, dello stato di diritto, della libera critica culturale e del diritto di perseguire  liberamente i  più diversi stili di vita e di consumo. 

Insomma Occidente nel senso della civiltà occidentale. Una civiltà che ha radici antiche: si pensi solo alla democrazia degli antichi Greci, alla forza tranquilla del diritto romano e al concetto cristiano di uguaglianza dinanzi a dio, poi laicizzato e trasformato in uguaglianza dinanzi alla legge.

Una civiltà – ecco il “nostro” Occidente – che però  nei suoi  fronzuti rami  moderni ha cinque strepitosi secoli di vita (XV-XIX). L’ultimo (anzi il penultimo), il XX, è invece un secolo di crisi.

Dicevamo dell’ aspetto negativo di questa situazione. Che è rappresentato "dalla crisi nella crisi". Si rifiletta: nessuno sembra più avvertire – a differenza di Claudio Rutilio Namaziano – la grandezza dell’Occidente. Sintetizzando: viviamo nel tempo della crisi e  dell’assenza della memoria della grandezza che c’era prima della crisi.

Insomma, non si versano più lacrime per l’Occidente.  Del resto dov’è finita la potenza politica dell’Occidente? Si pensi, qui, all’aiuto stentato fornito all’Ucraina, alla precedente fuga dall’Afghanistan, eccetera, eccetera. Come possono amarci? E soprattutto come possiamo amarci. Meglio nascondere la polvere sotto il tappeto. E dimenticare.

Si dirà che le nostre sono considerazioni fin troppo pessimistiche e che la “macchina” routinaria del Occidente, come pura e semplice prassi di consumi e stili di vita, continuerà ancora a funzionare almeno per i due prossimi secoli, tutto il XXI e il XXII. Può darsi. 

Ma come?   Senz’anima. Senza quello spirito di grandezza, frutto di un’ orgogliosa consapevolezza acquisita nel tempo. Spirito che fece grande l’Occidente moderno e  liberale. Talvolta, si pensi ai secoli di dominio dello stato assoluto, lottando contro ogni volontà politica. Quindi parliamo di uno spirito sviluppatosi dal basso, senza alcun piano prestabilito. La modernità  non è stata inventata a tavolino.

Pensiamo a uno spirito creativo, nato per caso, fiducioso di sé e del progresso. Spirito un tempo diffuso tra le élite, che, al di là delle rivalità nazionali, raggiunse l’apice, anche in termini di consapevolezza, nell’ultimo trentennio dell’Ottocento.

L’ Occidente non era più il mitico luogo dove tramontava il sole… Tesi oggi ripresa dagli ecologisti, i primi nemici dell’idea di progresso: serpe in seno dell’Occidente. Allora l’Occidente era il sole nascente.

L’ apogeo occidentale durò fino alla prima grande catastrofe del 1914. Seguita nel 1939 da un secondo cataclisma.  Osservazione metapolitica: le forze centrifughe della politica ebbero la meglio su quelle centripete della cultura.

Due guerre mondiali e una lunga Guerra fredda hanno prosciugato le energie politiche e spirituali dell’Occidente.

Si rifletta: oggi sono i suoi presunti difensori a non usare più il termine. Si parla, qualche volta di comunità atlantica, di Nato, di globalizzazione ( oggi meno che vent’anni fa).

Per contro, il termine Occidente, quando usato, assume subito valore negativo: ha seguito il triste destino di un altro vocabolo, quello di borghese, scomunicato da Marx.

Sul piano accademico-culturale il primo nemico dell’Occidente,   tollerato ben oltre l'  autolesionismo,  è rappresentato dal filone degli studi post-coloniali: un approccio che riduce l’Occidente a  pura e semplice variazione sul tema dell’imperialismo.

Piccolo inciso. Inutile meravigliarsi dell’ odio verso Israele, così diffuso nelle università italiane, addirittura tra professori e rettori. Non è altro che il portato di una sorta di movimento Hamas accademico: l’approccio post-coloniale. Che mitizza la lotta anti-imperialista contro Israele, bollato come l’altro volto del Giano-Occidente.

Concludendo, l’Occidente è in crisi e non ha neppure il suo Claudio  Rutilio Namaziano…

Carlo Gambescia

Nessun commento:

Posta un commento