martedì 16 aprile 2024

Lo sgradito ritorno di Giovanni Gentile

 


Lo diciamo subito, senza tanti giri di parole. La mostra, che apre oggi al pubblico, su Giovanni Gentile (*), una delle colonne culturali del regime fascista e “repubblichino”, è un tributo pagato dalla destra, oggi al governo, alle sue “radici” fasciste: quelle che non “gelano mai”.

Intanto, non si capisce bene l’aggancio storico-cronologico. I 150 anni dalla nascita? No, perché Gentile nacque nel 1876. Gli 80 dalla morte? Sembra sia proprio questa la ricorrenza storica cooptata,  perché Gentile morì il 15 aprile del 1944 per mano di alcuni  partigiani fiorentini. Ma, di regola, si celebrano gli 80 anni dalla morte di un filosofo? Boh… In effetti sembra una ricorrenza  tirata per i  capelli.

Sapevamo dei 25, dei 50, dei 100. Stesso discorso per la nascita. Insomma, sembra tutto, crono-culturalmente, molto artificioso, tranne data e dinamica della morte: un attentato partigiano sotto casa. Una data, insomma, per catapultare addosso alla sinistra, in particolare quella di derivazione marxista, la responsabilità dell’uccisione politica di uno dei due grandi filosofi italiani della prima metà del Novecento,  l' altro è Benedetto Croce.

Ovviamente, si badi bene, tutto sottovoce, secondo il perfido stile omissivo della Meloni, recepito da uno dei suoi  migliori violoncelli: il Ministro della Cultura, Sangiuliano. E con l’avallo – si dia un’occhiata ai nomi del comitato scientifico – della stessa sinistra e persino di alcuni intellettuali liberali.

Così oggi vanno le cose.

Dicevamo tributo, mostra riparatrice in senso politico. Di che cosa?

Gentile fu con convinzione fascista fino all’ultimo. E la coerenza a un' idea è uno scatolone vuoto. Anche Hitler e Tamerlano furono coerenti alle proprie  idee di sterminio. Tra l'altro,  lo  erano anche i generali assiri.

Gentile fu un grande filosofo? Se lo fu, lo fu anche Croce. Solo che Croce fu antifascista. A questo proposito per capire Gentile si deve studiare Croce. Forse avrebbe avuto più senso una mostra comune dedicata ai due filosofi. Al tandem diciamo.

Qualche paletto cognitivo. Per Gentile il fascismo fu il proseguimento della Destra storica con altri mezzi: la dittatura. Per Croce, ne fu invece il tradimento, a partire dalla politica estera e religiosa. Non sono differenze da poco.

Quanto agli aspetti teorici, sia Croce che Gentile si mossero nell’alveo della distinzione di derivazione idealistica tra pensiero e azione. 

Per Gentile l’ azione era pensiero stesso, pensiero in azione insomma. Per Croce, il pensiero doveva sempre precedere l’ azione. 

Di conseguenza, Croce lavorò intorno a una teoria dei distinti in ambito del pensiero e dell’agire umano. Invece Gentile alla fusione tra pensiero e azione che si tramutò però  in  confuso attivismo, dal momento che  una volta varcato il Rubicone della distinzione tra pensiero e azione, si finisce sempre per agire senza  pensare.

Mentre in Croce, l’azione rimase nell’alveo del pensiero, ma sottoposta a  buona guardia da quest’ultimo: una appendice, soprattutto quando un filosofo desideri restare tale. Non farsi insomma condottiero politico (l'inevitabile  fine di Gentile).

Croce non era un costruttivista, sicché rifiutò in fascismo, e ruppe con Gentile, proprio mettendolo in guardia sulle pericolose derive, a sfondo utopistico, dell’attivismo politico.

In fondo la morte di Gentile fu frutto dello stesso attivismo politico fascista che vedeva nell’azione la valorizzazione del pensiero. Ovviamente nelle tragiche circostanze di Gentile si trattò di un attivismo di segno politico contrario.

Gentile in qualche misura fu vittima del suo successo nel diffondere trasversalmente nelle nuove generazioni l’azionismo, per dirla altrimenti  il costruttivismo.  Un agire frenetico che può assumere, una volta messo in secondo piano il pensiero, addirittura forme terroristiche. Come Gentile, purtroppo, provò di persona.

Come detto la deriva azionista sconfina inevitabilmente nel costruttivismo sociale.  E infatti Gentile fu un grande organizzatore, a differenza di Croce, che pure ebbe i suoi meriti: si pensi al lavoro come Ministro della Pubblica Istruzione, tra l’altro anticipò la riforma di Gentile, a quello con Laterza e alla “Critica”.

Però ecco il punto limite. Di non ritorno. Gentile, ad esempio creò da zero l’ Enciclopedia italiana, con l’Istituto, eccetera, ma come tutti sanno, scrisse “anche” la voce “Fascismo” quasi per intero (probabilmente anche la parte ufficialmente scritta da Mussolini).

E che cos’è un’ Enciclopedia per l’ azionista-costruttivista? Un corpo socialmente contundente: il punto di partenza della totale riforma sociale. Un mondo da ricostruire con il libretto delle istruzioni sottomano…

Sotto questo aspetto, l’azionismo di Gentile, andò oltre l’azionismo dei giacobini, che avevano preteso di ricostruire la Francia con in tasca - si fa per dire  - la famosa Encyclopédie  di Diderot e D’Alambert. Gentile invece fu più bravo: fece tutto da solo, Enciclopedia e riforme. Purissimo costruttivismo sociale. Da manuale quasi.

Si dice che Gentile fece collaborare all' Enciclopedia Italiana anche studiosi antifascisti, o comunque non allineati. Vero. Però la debolezza morale degli intellettuali privi di spina dorsale, di ieri e di oggi ( e qui torniamo ai nomi del comitato scientifico della mostra su Gentile), che accettarono di collaborarvi,  è il perfetto corrispettivo della magnanimità di Gentile.

Nei due casi, nel bene o nel male, sono in gioco le  doti personali, individuali se si vuole. Che  non possono essere addotte come prove a discarico del regime fascista, un’ organizzazione collettiva. Sono due dinamiche differenti: la prima rinvia alla persona, al privato; la seconda alla politica, al pubblico.

Probabilmente l’attualità di Gentile rispetto a Croce, ma non in chiave di lascito positivo, è nello statalismo gentiliano, che con i suoi pressanti  richiami allo stato etico,  trova  inevitabile  sfogo  nella pratica dello stato interventista in tutti i campi (dalla scuola all’economia), come del resto accadde con il fascismo.

In questo senso lo stato etico gentiliano intercetta e favorisce il welfarismo contemporaneo, difeso dalla destra in termini di sciovinismo welfarista (di servizi sociali riservati solo agli italiani). Una difesa condivisa anche da socialdemocratici e liberalsocialisti, ma in termini di welfare universale (italiani e migranti).

Tuttavia – ecco il minimo comune denominatore – il costruttivismo-azionismo, privilegiando il welfare, ingloba sia il fascismo, e reincarnazioni varie,  sia i suoi nemici socialdemocratici, di ieri e di oggi

Infine sono singolari due cose.

Innanzitutto il fatto che non si accenni al liberalismo macro-archico di Gentile, un liberalismo che scorge nello stato una macchina per “fabbricare” i cittadini. 

Insomma, per tornare sul punto,  il pensiero di Gentile rinviava, sì alla Destra storica, ma depurata dai motivi individualistici, che invece sono il sale del liberalismo.

Sotto questo aspetto, come già detto, per Gentile il fascismo fu la continuazione della Destra storica. Si tratta, come è chiaro, di una evidente forzatura. Però sono cose che vanno dette. 

Qui, e veniamo alla seconda singolarità, sembra non si sia capito bene che l’ultima opera di Gentile, Genesi e struttura della società, non è altro che un guazzabuglio di pietosi  sofismi, come questo:

“Dunque, libero è soltanto l’individuo nel libero Stato. O meglio, libero è l’individuo che è Stato libero, poiché lo Stato realmente, non è tra gli individui, ma nell’individuo, in quella unità di particolare e universale che è l’individuo” (**)

Una argomentazione, a dir poco  confusa, che potrebbe essere condivisa da un liberalsocialista come pure  da un nazionalsocialista. Su quest’ultimo punto, si ricordino i toni durissimi del “Discorso agli Italiani” del giugno del 1943, dove Gentile parla di “spirito luminoso della razza” (***).

Pertanto risulta improprio parlare del comunitarismo gentiliano, che non è altro che statalismo mascherato, al quale viene cambiata etichetta e rimesso in vendita.  La “comunità”, come “legge interna all’individuo”, non è altro che una specie di pre-stato “dentro” l’individuo, che dipende comunque  dallo sviluppo dello stato, perché da sola, questa  legge, puramente interiore non può reggersi. Dal momento che secondo Gentile ricadrebbe inevitabilmente nell’errore liberale dell’individuo autosufficiente (****). 

 Però il problema nei sistemi  stato-etici auspicati da Gentile è che  i "capi" e i  "duci" finiscono sempre per diventare più autosufficienti  di  tutti gli altri.

L’esistenza di un comunitarismo gentiliano resta, dispiace dirlo, per usare l’italiano aulico di Gentile,  l’ultima “speme” di un filosofo  che aveva visto cadere,  una dopo l'altra, tutte le sue illusioni politiche. Errare è umano, perseverare diabolico. Ecco,  in sintesi,  ciò che significa  lo sgradito ritorno di Gentile.

Si ricordi: il costruttivismo sfocia sempre nel nichilismo politico e sociale.  Perché, dopo aver messo in moto la macchina schiacciasassi dello stato, non è così semplice fermarla, a prescindere dal mantenimento o meno (più meno che più) delle sue titaniche promesse. La funzione sviluppa l’organo. Lo stato non è la soluzione ma il problema. Punto.

Solo un anafalbeta politologico, come Gennaro Sangiuliano, può  prendere per buono il comunitarismo di Giovanni Gentile. Sempre che sia in buona fede.

Comunque sia,  così oggi  vanno le cose.

Carlo Gambescia

(*) “SCENDERE PER STRADA. Giovanni Gentile tra cultura, istituzioni e politica”, mostra che apre al pubblico oggi martedì 16 aprile 2024 (Istituto Centrale per la Grafica, Roma, via Poli, 54). Si veda qui: https://www.beniculturali.it/comunicato/26195 .

(**) G. Gentile, Genesi e struttura della società, Sansoni, 1975, p. 66.

(***) Qui: http://bibliotecafascista.blogspot.com/2012/03/discorso-agli-italiani-24-giugno-1943.html .

(****) Giovanni Gentile, Genesi e struttura della società, cit., pp. 13-17 .

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