venerdì 12 aprile 2024

Tirarsi i morti in faccia




"Lei", Giorgia Meloni, come al solito tace, però evidentemente, ha consentito a “chi di dovere”, come si dice in burocratese, di intervenire.

Attenzione, parliamo di un partito, Fratelli d’Italia, che ogni giorno fa uscire il mattinale, una velina alla quale parlamentari e membri del partito devono attenersi nelle dichiarazioni pubbliche. Quindi nulla è mai casuale.

 

Qui il testo uscito sul sito di Fratelli d’Italia (*):

« “È davvero increscioso che quarantasei anni dopo, non si riesca ancora a riconoscere con spirito di pacificazione nazionale la strage di Acca Larenzia. Ho appreso, già da due giorni, che tra i libri finalisti del Premio Strega è stato ammesso un testo di Valentina Mira, ‘Dalla stessa parte mi troverai’, che prova a banalizzare l’atroce mattanza avvenuta nel quartiere Tuscolano il 7 gennaio 1978. Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta, lasciati esanimi sul selciato con la sola ‘colpa’ di essere militanti del Movimento sociale italiano, così come Stefano Recchioni, ucciso qualche ora dopo negli scontri che si scatenarono davanti la sezione, meritano il rispetto di tutti gli italiani. Purtroppo, invece, c’è qualcuno a sinistra, evidentemente foraggiato da un circo mediatico intriso di ideologia, che continua a considerare i ragazzi di destra dei morti di serie b”. Lo dichiara in una nota il senatore Raffaele Speranzon, vicecapogruppo vicario di Fratelli d’Italia. “La verità storica viene ancora una volta strumentalizzata e offesa, questa volta per meri fini letterari e commerciali, infangando quella cultura del ricordo che vuole rendere omaggio alle tante vittime di quegli anni bui, di cui in troppi si riempiono la bocca, ma evidentemente solo in occasione delle ricorrenze”, aggiunge il vice capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera dei deputati, Augusta Montaruli. “A parti inverse, se qualche autore di destra avesse affrontato con lo stesso sdegno la morte di ragazzi innocenti di sinistra, si sarebbe giustamente agitato un vespaio di polemiche. Duole allora dover constatare che certi salotti culturali italiano, evidentemente, non sono ancora maturi per affrontare la violenza politica senza incrostazioni ideologiche di sinistra. Vergogna”, conclude in una nota il senatore Paolo Marcheschi, capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione Cultura (*) ».

Alcune osservazioni.

In primo luogo, di tipo politico: che un partito che si definisce conservatore e democratico difenda, al di là dei giri di parole, più o meno nobili, l’immagine di un partito antidemocratico e reazionario illumina i legami politici, mai dissolti, tra il Movimento Sociale e Fratelli d’Italia. Si finisca con l’ipocrisia che il Movimento Sociale sedeva in parlamento e che quindi era democratico come tutti gli altri! Sì, lo era  per diritto  "sedutivo".  Il Movimento Sociale  era invece un partito di cattivi maestri. Si vada a leggere la stampa missina, di partito e dintorni, se ne scopriranno delle belle. Era un partito neofascista, altro che democratico! Fratelli d’Italia, ideologicamente parlando, non ha mai rotto i ponti con il suo passato. Insomma, fatto revisionismo. E ora  ha  il coraggio di parlare dell'altrui revisionismo...

In secondo luogo, osservazioni di tipo umanitario. Si dice che quei ragazzi erano come tutti gli altri. Giusto. Allora perché Fratelli d’Italia, non ha mai preso le difese, e non in modo generico, dei ragazzi di sinistra, nome per nome, caduti per mano neofascista? Non erano anche loro come tutti gli altri? Si parla di pacificazione, ma in realtà, nulla si è dimenticato, nulla si è perdonato. Come prova lo stesso linguaggio, venato di disprezzo, delle dichiarazioni appena lette: “circo mediatico intriso di ideologia”, “meri fini letterari e commerciali”, “salotti culturali”, “incrostazioni ideologiche di sinistra”. E, si ricordi, dal disprezzo all’odio, e dall’odio alla pratica dell’odio, il passo è breve. Altro che umanitarismo…

In terzo luogo, osservazioni di tipo libertario. Perché un partito deve intromettersi nella vita culturale e decidere chi debba andare in finale o meno al “Premio Strega”? Anche qui Fratelli d’Italia rivela la stessa visione politicizzata della cultura, “partidaria”, come avrebbe detto Ortega, che animava il Movimento Sociale e il fascismo. Il fatto, che anche la sinistra – certa sinistra marxista, non tutta – sia altrettanto “partidaria”, non può essere accettato come scusante. Su questa equivalenza  tra estremismi di destra e sinistra  torneremo  tra breve.

In definitiva, il punto è che la cultura che ha animato il Movimento Sociale e che continua ad animare Fratelli d’Italia ( l’esperienza di Alleanza nazionale, nel bene e nel male, è stata bypassata da un pezzo) è sempre quella della “nobilità della sconfitta”, dell’ “aristocrazia delle anime”, degli “ esuli in patria”. Una cultura che continua a rifiutare la sconfitta e la lezione del 1945. Qui, ripetiamo, il punto vero.

Ci scusiamo in anticipo per l’impennata intellettuale. Si pensi alla cultura dei fascisti dopo Mussolini, sospesa fra tradizionalismo e nazionalismo, che ha comunque continuato a muoversi nell’alveo della cultura della “tentazione fascista” (Kunnas). Una cultura che privilegia l’uso della violenza politica: dell’azione per l’azione, del bel gesto, dell’esteta armato, eccetera, eccetera.

Sorel, pensatore non banale ma dalla parte della violenza anarcoide, rivendicato da Mussolini, fa il paio con Lenin, il lucido teorico della violenza proletaria, rivendicato da Gramsci. Il quale, parliamo di Gramsci, da giovane non restò insensibile al fascino di Sorel. Il serpente piumato di mitra e pistole dell’estremismo finisce sempre per mordersi la coda.

E qui torniamo sulla questione dell' equivalenza. La violenza, teorizzata a inizio Novecento da Sorel e Lenin, resta alla base della violenza degli anni Settanta, violenza che accomunerà il terrorismo di destra e di sinistra.  E tutta la successiva e furibonda retorica  su chi abbia cominciato per primo.  Oggi ritocca a Fratelli d'Italia. Domani ai Proletari d'Italia. E così via.

Si potrebbe addirittura individuare un lungo filo rosso-nero. Quando si parla di fascio-comunismo non si sbaglia. Esistono legami: e l’uso sistematico della violenza risolutiva è tra questi. Ad esempio, agli arditi fascisti si opposero gli arditi del popolo. E così via. 

Perciò si dovrebbe discutere  di  queste genealogie intellettuali e politiche  non delle improbabili pacificazioni tra cattivi maestri.

Comunismo e fascismo: non c’è nulla da salvare. Finché non si sarà capito questo, si continuerà  a discutere  vanamente  su chi abbia premuto per primo il grilletto. E, cosa ancora più triste,  a tirarsi in faccia  i rispettivi morti.

Carlo Gambescia

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