Ieri un amico, dopo aver letto il “pezzo” quotidiano (*), mi ha accusato di esagerare: “Attacchi troppo Giorgia Meloni”. “Esageri”. “Le fai la guerra”.
In fondo – ecco la sua tesi – “tempo un anno, e con quella classe politica impreparata che si ritrova, Fratelli d’Italia andrà a fondo, senza necessità di alcuna spintarella”.
Insomma le dure critiche a Giorgia Meloni non varrebbero la “carta e l’inchiostro”, per dirla all’antica, che le dedico.
Potrebbe essere così, però, credo pure, che per la prima volta nella storia repubblicana, si sia davanti a un partito che mostra una grande abilità, come notato più volte, nello stravolgere il senso e il significato delle parole. Qualcosa che non ha precedenti neppure nella stralunata reggenza lessicale di Berlusconi. E questo è un fatto nuovo e grave al tempo stesso.
Cambiare il senso delle parole, significa attribuire un altro significato, separando le parole dal contesto in cui sono sorte e si usano. E quando nessuno se ne accorge, per dirla alla buona, sono dolori.
Per fare subito un esempio: la parola democrazia. Ma quando mai il Movimento Sociale è stato un partito dalle idee democratiche, come invece sostiene Giorgia Meloni? Lo è stato obtorto collo, per entrare in Parlamento, per integrarsi passivamente nel sistema, senza rinunciare ai suoi “valori”, per così dire. Puro opportunismo politico.
Se si sfoglia la raccolta del “Secolo d’Italia”, il quotidiano politico del Movimento Sociale, si scopre una specie di orripilante galleria del pensiero antimoderno e reazionario. Altro che la democrazia… Eppure, nessuno ha contestato, ciò che nel libero gergo della rete si chiamerebbe una “bufala”.
Come altro esempio si prenda in considerazione l’ esternazione del Papa sulla necessità di combattere gli scafisti. Si è subito tramutata in un passaggio smarcante, un assist come si dice nel calcio, per Giorgia Meloni.
Che, ovviamente ha subito “promesso di fare sue le parole del Papa”. Come però? Chiudendo, ancora più ermeticamente, le frontiere. O con la promessa a babbo di morto di aiutare il migrante in patria. Insomma prima che diventi tale... L’esatto contrario di quel che sostiene la chiesa cattolica. Che predica l'accoglienza.
Pertanto l’espressione “lotta agli scafisti”, una volta decontestualizzata dalla dottrina universalista e umanitaria della chiesa, assume il bieco significato delle difesa delle frontiere dall’ “assalto” di donne e bambini.
Le decontestualizzazioni meloniane rinviano a tutti i settori dell’agenda politica, come ad esempio l' economia: dalla riforma fiscale che ripropone la vecchia formula del concordato, presentata invece come una rivoluzione, alla riproposizione della obsoleta idea prodiana, del taglio del cuneo fiscale, giustificata come il non plus ultra della politica economica. Al riguardo, se ricordiamo bene, prima di Prodi ne parlo Caffè.
Una vecchia canzone di Mina, si intitolava: “Se telefonando…”. Ecco, quella della Meloni, potrebbe intitolarsi: “Se decontestualizzando…”.
Però, battute a parte, giornalisticamente parlando, nessuno reagisce. Politicamente si fa di peggio: si reagisce, come ieri nella manifestazione fiorentina, evocando l’antifascismo emotivo, non razionale. La Meloni non si combatte con i cori da stadio, ma con la logica, fredda e lucida. Con l’antifascismo cognitivo.
Allora cosa succede? Che anche Carlo Gambescia, come le famose formiche, nel “suo piccolo si incazza”. Perciò, piaccia o meno, consigliamo agli amici lettori di rassegnarsi.
La guerra cognitiva continua.
Carlo Gambescia
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