Ci si può appellare all’etologia. Non c’è altra spiegazione. Pensiamo ai titoli di oggi sui migranti, titoli più accesi che mai (*).
Destra e sinistra, e non solo sulle prime pagine, non respingono l’idea dell’ emergenza, del territorio a rischio, addirittura dell’ “invasione” in atto. Ovviamente, divergono sulle ricette politiche. Ma l’idea che politici, giornalisti, opinionisti trasmettono alla gente comune, e in modo contagioso, è quella primordiale della paura che qualcuno calpesti il nostro territorio.
Insomma, a prescindere dalla condivisione o meno dell’idea di accoglienza o respingimento, resta il pregiudizio legato all’istinto di territorialità, probabilmente di derivazione etologica, se si vuole animale.
Che le linee psichiche di confine tra uomini e bestie siano labili è un dato di fatto. Sono lì provarlo non tanto le rivoluzioni e le guerre, quanto l’assoluta mancanza di umanità, non così rara, nella gestione dei conflitti fisici.
La sola idea della “marcatura del territorio”, al di là della reazione belluina o meno da parte dell’uomo, desta paura, timore, angoscia. Si può anche accogliere l’altro, lo straniero, violando le regole ataviche della “difesa territoriale”, magari facendo forza su se stessi. Ma non si può distogliere lo sguardo preoccupato verso chiunque tenti di calpestare il nostro stesso territorio.
Naturalmente, esistono le eccezioni: i re, per così dire, gli uomini al di sopra delle angosce “da invasione”. Che testimoniano l’umana capacità di elevazione sulla media dei comportamenti sociali. Però, piaccia o meno, nella sociologia dei grandi numeri, per ora, i re rappresentano l’eccezione non la regola. Sono, per l’appunto, testimonianze.
Eppure la nostra cultura – pensiamo alla cultura dei moderni – che, pur restando tale, è qualcosa di più di un sottile strato di vernice, fornisce, forse per la prima volta nella storia, gli strumenti cognitivi per lo studio scientifico del comportamento umano. Sappiamo tutto, o quasi, sull’istinto di territorialità, come pure sulla ricaduta psicologica dei fenomeni sociali. Tuttavia i titoli di oggi – tutti, come detto, dalla destra alla sinistra – sembrano provare il contrario.
A dire il vero ricordano l’ antico atteggiamento sociale verso la stregoneria: la si poteva respingere o accogliere, come idea e pratica, ma alla fin fine si nutriva sempre paura verso le streghe.
Si rifletta: la migrazione, come idea e pratica, si può accettare o meno, le opinioni possono divergere, però una cosa sembra essere al di sopra delle nostre forze: non nutrire paura verso il migrante.
Che tragedia… Potremmo essere dei re, e invece siamo uomini che tendono a comportarsi come bestie.
Carlo Gambescia
(*) Qui: https://www.giornalone.it/ .
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