mercoledì 25 maggio 2022

L’Occidente subisce l’iniziativa russa

 


Sono già passati tre mesi. A mano a mano che i giorni trascorrono, crescono in modo esponenziale le responsabilità della Russia. Perché stupirsi della guerra per il grano, come titolano i giornali? La crisi economica mondiale in atto non è che un portato, più che prevedibile, dell’invasione russa dell’Ucraina.

Del resto, cosa veramente grave, l’iniziativa, come volontà di raggiungere un fine determinato, resta saldamente in mani russe: cosa gravissima dal punto di vista strategico e politico. Perché l’Occidente euro-americano invece di dettare la linea, subisce in modo neghittoso le decisioni russe. Insomma, l’Occidente, al massimo reagisce, ma di sicuro non agisce.

Spiegazioni. Un passo alla volta però.

Innanzitutto le guerre non hanno mai favorito il libero scambio e il benessere dei popoli né prima, né durante, né dopo, perché accrescono il ruolo dello stato in tutti gli ambiti e la centralizzazione dell’economia. Certo, è vero che dopo le guerre avvengono le cosiddette ricostruzioni, ma l’abbandono dei principi economici liberali, come prova la storia del Novecento, prima o poi, si fa sentire. Quindi quanto più durerà la guerra tanto più la crisi economica si farà dura.

Si dirà, che per tornare alla pace e ai buoni affari, basterebbe cedere, facendo pressione sull’Ucraina, per favorirne il ritorno nell’orbita politica della Russia

Non crediamo. La Russia ha aggredito l’Ucraina, innanzitutto, in nome di un’ ideologia autocratica (“Decido, io, Russia, chi sia russo o meno, e quali siano i miei giusti confini geopolilitici”), militarista (“La guerra è la soluzione di tutti i contrasti”), tradizionalista (“Dio, patria e famiglia”). E, cosa non secondaria, la Russia ha approfittato della debolezza economica post Covid dell’Occidente, accentuatasi, anche politicamente, dopo la disfatta in Afghanistan e il ritorno con Trump dell’isolazionismo americano.

Il problema non è Putin, che comunque, individualmente, non è un santo, ma un blocco ideologico, militare, sociale ed economico, che continua a vedere – almeno da due secoli abbondanti – nell’Occidente il nemico naturale.

La crisi ucraina mette in grave discussione il modello di vita occidentale, al momento, già compromesso in misura crescente nell’ambito economico.

Cedere alla Russia,  cosa  che significa  lasciarle l’iniziativa, vuole anche dire rassicurare la Russia circa la bontà della sua politica aggressiva verso l’Occidente, quindi favorirne l’appetito politico verso gli stati baltici e dell’Europa orientale, nonché in prospettiva verso la stessa Europa occidentale. Che la pacifica e pacifista Svezia – passi, si fa per dire, per la storicamente disgraziata Finlandia – abbia chiesto di entrare nella Nato, indica tutta la gravità della situazione e soprattutto il timore di un’iniziativa, non solo militare, lasciata nelle mani della Russia.

In Occidente non ci si vuole rendere conto che per la mentalità russa la guerra è un normalissimo strumento di risoluzione dei conflitti politici ed economici come pure di appropriazione e saccheggio di tutte le risorse del nemico. Quanto viene riferito sui saccheggi e sullo smantellamento del sistema produttivo ucraino, industriale e agricolo, conferma la tesi dell’ approccio militare russo alla soluzione dell’approvvigionamento economico. Si tratta, purtroppo, di un sistema antico quando il mondo, che, prescindendo dalle risorse di cui gode lo stato conquistatore, consiste nello sfruttamento diretto dei popoli vinti, per la semplice ragione che i popoli vinti, proprio perché tali, quindi inferiori, vanno sfruttati.

Gli ultimi a mettere in pratica nel Novecento, e in modo radicale, questo “metodo” furono i nazisti e i comunisti russi. Con una differenza: Hitler lo aveva scritto nel  Mein Kampf, mentre Stalin e i suoi successori lo nascondevano sotto il manto pseudo-pacifista dell’internazionalismo proletario. Per contro, la Russia contemporanea, pur muovendosi nella scia Stalin, ha recuperato, sostituendola all’internazionalismo, l’antica ideologia panslavista. Quindi nessuna pietà per i vinti.

L’errore dell’Occidente, in particolare dell’Europa, è quello di aver creduto che il coinvolgimento economico della Russia, dopo la dissoluzione del comunismo, avrebbe favorito la sua modernizzazione culturale e sociale. Purtroppo ci si è dimenticati della forza nascosta e profonda dell’ideologia panslavista, che tuttora anima la dirigenza politica russa e in larga parte quella economica. Si legga a tale proposito l’opera di Dugin, La Quarta Teoria Politica, rappresentativa, quanto meno degli umori, delle classi dirigenti russe (*).

Il punto è che la Russia, grazie alle risorse economiche e all’estesa capacità di controllo sociale sulla sua popolazione, può sostenere a lungo la guerra, alternando fasi di stallo a fase aggressive. Pertanto l’attendismo dell’Occidente, in particolare la tesi pacifista che i russi gireranno le spalle a Putin, è totalmente irrealistico e controproducente.

Per fare un esempio storico, nel 1917, per il cambiamento di regime, furono necessari tre anni di guerra mondiale, con milioni di morti, e altri quattro di guerra civile, con altrettanti milioni di morti. Mutamento istituzionale, per modo di dire, perché il comunismo russo fu in pratica la prosecuzione dello zarismo su larga scala . Non va dimenticano che tra gli oppositori del regime zarista si contavamo uomini – nel bene e nel male – della statura di Lenin, Stalin, Trotsky e un intero partito, il bolscevico, organizzato in base a criteri militari da eccellenti quadri politici.

Oggi, l’unico vero oppositore Alexei Navalny , ha subito una condanna a nove anni (dopo, tra l’altro, un tentativo fallito di avvelenarlo, roba da Russia profonda…). Condanna confermata ieri, che dovrà espiare in prigioni, dove a differenza di quella zariste nel 1917, le guardie carcerarie non solidarizzano con i detenuti, come riferisce, il sociologo Pitirim A. Sorokin nei suoi diari sulla Rivoluzione russa (**).

Concludendo, la Russia sa perfettamente ciò che vuole e come perseguirlo, l’Occidente euro-americano, no. La Russia, non teme la crisi economica, l’Occidente euro-americano, sì.

Ciò significa che l’iniziativa è nelle mani della Russia. Perciò la guerra continuerà, con effetti devastanti sull’economia e le istituzioni politiche occidentali, fino a quando la Russia non deciderà diversamente.

Carlo Gambescia

(*) Qui un nostro articolo in argomento: https://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.com/2019/07/la-quarta-teoria-politicadi-aleksandr.html .

(*) Cfr. P.A Sorokin, Leaves from a Russian Diary – and Thirty Years After (1950), Kraus Reprint, New York 1970, pp. 117-132.

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