mercoledì 11 maggio 2022

Poveri ucraini, anime grandi, spiacenti a dio e ai nemici di dio

 


L’incontro tra Draghi e Biden è interessante perché aiuta a comprendere la strategia euro-americana verso la Russia. Non solo Italia quindi.

I due leader sembrano concordare sul fatto che “la guerra sarà lunga”, “che dobbiamo prepararci” e che “la pace sarà quello che vorranno gli ucraini, non quello che vorranno altri”.

Il che indica, come abbiamo già scritto (*), una conferma della strategia della lumaca. Ossia, al di là delle frasi fatte, si punta al logoramento militare della Russia. Detto altrimenti: non tanto sulla vittoria netta, quanto sulla mezza sconfitta della Russia.

Però, il termine strategia, come vedremo, è parola grossa. Certo, a grandi linee la scelta potrebbe funzionare. “Potrebbe”, perché in realtà rivela tre seri punti deboli.

Il primo, rimanda alle improvvise accelerazioni del conflitto. Si pensi ad esempio all’ uso da parte dei russi di armi nucleari tattiche, per non parlare di quelle chimiche o di altro genere. E alle pericolose conseguenze a catena

Il secondo, rinvia all’assenza di una strategia politica, nonostante i nemici dell’Occidente, anche interni, ritengano il contrario. Che fare dopo la pace? Come contenere una Russia resa ancora più inquieta da una mezza sconfitta? Silenzio. Stati Uniti ed Europa, come in un vignetta, fischiettano e guardano altrove.

Il terzo, forse il più importante nell’immediato, riguarda la tenuta interna, politica ed economica, delle democrazie occidentali, soprattutto europee. Tenuta che resta collegata al carovita e al protagonismo elettorale dei diversi leader europei, socialistoidi e welfaristi, affamati di voti e di consenso. Disposti a tutto, anche a patti, con il diavolo russo, pur di rimanere al potere. Del resto, le opposizioni, spesso di tipo populista, non danno maggiore affidamento. Se l’Italia cadesse nelle mani delle destre filoputiniane, potrebbe guardare con altri occhi a Mosca.

Dulcis in fundo, si fa per dire, con l’arrivo di un repubblicano isolazionista alla Casa Bianca, per non parlare di una rivincita Trump, l’atteggiamento degli Stati Uniti verso Mosca, come pure verso gli alleati europei, potrebbe mutare radicalmente.

Come detto, temporeggiare con il nemico – la “guerra lunga” – ha un’importante valore tattico, all’interno però di un quadro strategico, che, proprio perché tale, non può non tenere conto delle variabili che abbiamo fin qui elencato, in particolare quella della coesione interna all’Unione europea e alla Nato.

Senza dimenticare – questione fondamentale sotto il profilo della strategia politica – la linea di comportamento da adottare in futuro verso Mosca, ammesso e non concesso che la Russia, logorata, faccia marcia indietro. Linea, che per ora non esiste.

Che fare? Procedere nell’integrazione politica e militare dell’Est europeo e delle due rive del Baltico? Sospendere tutto, per rabbonire la Russia? Oppure tentare di coinvolgere Mosca in un inclusivo ma non semplice processo di pace e di modernizzazione civile ed economica?

A dir poco, gli obiettivi euro-americani non sono chiari. Cosa del resto provata, per contrasto, dalle esitazioni cinesi. Al momento Pechino sembra fidarsi più dei russi che degli americani. Come pure, sull’altro fronte, non si possono non notare i giustificati sospetti ucraini nei riguardi degli alleati occidentali sul mantenimento delle promesse inclusive. Quanto alle armi non si riesce a capire, se effettivamente siano arrivate e in quantità decisive, oppure, se, come nel caso di americani e britannici, si sia davanti a un semplice supporto di “intelligence” sulla dislocazione delle forze russe.

Ci si metta, per un momento nei panni degli ucraini costretti a battersi in nome dell’Occidente, cosa che però non viene riconosciuta ufficialmente. Tutto un popolo, non solo i soldati, che deve comunque andare avanti, vivendo in una condizione di incertezza a proposito della fedeltà americana ed europei. Sotto le bombe, con familiari, amici e parenti al fronte.

Nutrendo il sospetto che i “quasi alleati” all’improvviso, a causa della non proprio nobile guerra contro il carovita, possano dividersi e addirittura mutare campo, sottraendosi alla guerra vera, consegnando, chiavi in mano, l’Ucraina alla Russia.

Zelensky, rituale bersaglio delle destre e delle sinistre antioccidentali, soprattutto antiamericane, ha provato finora di avere nervi d’acciaio, degni del Generale de Gaulle, quando esule in Gran Bretagna, non godeva della fiducia dello stato maggiore britannico, che negava risorse, come di quella dei generali francesi passati con Vichy che lo ritenevano un traditore. Zelensky vuole la vittoria, non la “mezza vittoria”. Vuole i russi fuori dall’Ucraina. Come dargli torto?

Diciamo che il coraggio mostrato da Zelensky e dal soldato ucraino vale molto più dell’incontro tra Draghi e Biden che ha invece confermato un’ ingloriosa strategia della lumaca.

Poveri ucraini, anime grandi, spiacenti a dio e ai nemici di dio.

Carlo Gambescia

(*) Qui: https://cargambesciametapolitics.altervista.org/ucraina-loccidente-e-la-strategia-della-lumaca/

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