venerdì 20 maggio 2022

L' imperativo territoriale, la lezione di Robert Ardrey

 


L’intelligence britannica parla di stallo (*). La resa parziale dell’acciaieria, stando sempre agli analisti, sembra perciò essere un contentino ucraino per i russi. Che ancora una volta sembra abbiano provato dopo quasi tre mesi di guerra, nonostante la tecnologia, di non avere grandi capacità militari: il soldato russo, si lascia intuire, pare essere rimasto quello della Prima Guerra Mondiale, un marmittone.

Del resto anche i comandi, ai vari livelli, come allora, non prendono iniziative, temono le destituzioni e sembrano essere più umani rispetto agli ufficiali zaristi, perché si guardano bene dal mandare le truppe al macello, puntando su attacchi frontali. Sebbene, pare che i russi abbiano avuto in quasi tre mesi circa trentamila caduti. Tuttavia non sono cifre da battaglie dei Laghi Masuri, del 1914-1915, quando tra morti e feriti vennero messi fuori uso, per così dire, centinaia di migliaia di soldati russi.

Come si spiega allora la clamorosa vittoria di Mosca nella Seconda Guerra Mondiale? Quando i russi giunsero trionfalmente a Berlino?

E si potrebbe andare ancora indietro, fino all’invasione napoleonica, quando i russi, reagendo energicamente, nel giro di due anni, entrarono a Parigi, per occuparla insieme agli eserciti, in particolare prussiano e austriaco, dell’ultima grande coalizione contro la Francia, pilotata dai britannici.

Ovviamente, soprattutto per le comparazioni di lungo periodo,  il rischio dire cose erronee è sempre in agguato.

Si ricordi infatti che la Russia, come potenza nella bilancia politica europea, emerge dopo Pietro il Grande nel sesto decennio del Settecento, con la guerra dei Sette anni. Insomma, il rischio è quello di tracciare, dal picco più alto della storia, che poi sarebbe il nostro modesto presente, linee puramente immaginarie, che riflettono, lo stato attuale cose, cioè i desiderata del momento.

Perché, allora, ripetiamo la domanda, i russi nel 1945, eccetera, eccetera? Sul punto riteniamo giusto richiamare l’attenzione del lettore su un dilettante di genio, Robert Ardrey (1908-1979), di Chicago ma vissuto in Sud Africa.

Dilettante, perché malgrado gli studi etologici e antropologici, si mise a scrivere per il cinema e per il teatro, anche con un certo successo, per poi tornare negli anni della maturità (chissà pentito…) a occuparsi del rapporto tra aggressività e territorialità però in ambito non accademico.

Autore di vari libri molto interessanti, tra i quali due tradotti in italiano: L’ istinto di uccidere(Feltrinelli 1968) e L’imperativo territoriale (Giuffrè 1984), quest’ultimo testo uscì nella famosa collana curata da Gianfranco Miglio, “Arcana Imperii”.

Tra le tante cose notevoli che Ardrey annota, ne ravvisiamo una che potrebbe spiegare il perché dell’eccellente resistenza Ucraina e della fiacca offensiva russa. E quindi dello stallo.

Scrive Ardrey nell’ Imperativo territoriale:

“La causa principale delle guerra moderna nasce dalla mancanza di un potere invasore capace di valutare correttamente le risorse difensive dico lui che difende il suo territorio. Nel proprietario che si difende si rafforzano costantemente le energie: l’ unione dei compatrioti immancabilmente di rinsalda al primo sparo d’arma; la moralità biologica chiede un sacrificio individuale, perfino un prezzo alto come la vita: tutti i comandi innati nell’imperativo territoriale agiscono per moltiplicare le evidenti capacità della nazione che si difende”.

Detto questo, Ardrey giustifica l’asserzione, dell’enorme potere bio-psicologico della guerra difensiva – non preventiva quindi, ma come reazione, di chi subisca l’invasione – con esempi tratti dalla vita animale e dalla guerra moderna.

Insomma, l’aggressione russa avrebbe moltiplicato le forze degli ucraini, come quella nazista decuplicò le forze dei russi, e così via. Il concetto, come nel caso dei francesi sbaragliati nel 1940, non rimanda alla singola battaglia persa, ma alla vittoria finale. Sicché, anche con Napoleone, i russi aggrediti si presero la bella soddisfazione di giungere fino a Parigi.

Diciamo che l’aggressione russa è in stallo, e che le cose potrebbero anche precipitare, perché si tratta di un’ aggressione territoriale contraria alla “morale biologica”, per usare la terminologia di Ardrey.

Ovviamente, anche le tesi di Ardrey, vanno prese cum grano salis, e ricondotte nell’alveo di un’analisi geopolitica, storica e che tenga conto anche degli aiuti militari occidentali. Insomma nulla di assoluto e definitivo sotto il profilo dell’interpretazione degli eventi.

Tuttavia la spiegazione di Ardrey, se accettata dal punto di vista delle deterrenza, cioè di come evitare le moderne guerre di aggressione, distinte dall’effetto boomerang, risulta molto più interessante e vicina alla realtà della melassa pacifista che alla morale biologica vuole sostituire una morale che piuttosto che agli uomini si addice agli angeli.

Carlo Gambescia

(*) Qui: https://www.agi.it/estero/news/2022-05-18/diretta-ucraina-guerra-russia-nato-16788422/#tr_16801537 . Avvisiamo il lettore che l’inteligence britannica pone l’accento su una teoria politologica tuttora alla moda: quella che riconduce tutte le dinamiche politiche e militari alle tecniche decisionali. Non al perché ma al come  e al chi.

Nessun commento: