domenica 22 maggio 2022

 


Cannes è un festival cinematografico di sinistra. In realtà, per dirla tutta, il cinema, tutto il cinema, vive di capitalismo, ma resta anticapitalista. O quantomeno pauperista. Nel senso che il povero, sotto qualsiasi latitudine, da Hollywood a Cecchi Gori (semplificando), ha sempre ragione. Insomma, se si è poveri la colpa è sempre del capitalismo.

Il fatto che le statistiche dicano il contrario (*) non viene assolutamente preso in considerazione dal pensiero mitico-ugualitario. Si deve trovare un capo espiatorio che giustifichi i falliti. In qualche misura l’ugualitarismo è l’ideologia dei falliti. Ma anche di coloro, che pur non appartenendo a questa categoria, vogliono comandare,  senza  passare attraverso i  normali  canali  della mobilità sociale.

Se ci si passa la battuta, gli anticapitalisti sognano di vincere facile. Perché, per cogliere una mela, prendere la scala, salire sull’albero, eccetera? Basta tagliare l’albero con una sega elettrica e impadronirsi, in una volta sola, di tutte le mele…

Pertanto anche questa’anno l’anticapitalismo ha avuto i suoi beniamini da Croisette. Si legga qui:

«Non c’è la guerra ma certo i guasti del capitalismo raccontati come un film horror in Triangle of Sadness con cui il regista svedese di The Square, Ruben Ostlund, ha impressionato oggi in concorso, dando una prima scossa. In tre capitoli il film racconta di Carl (Harris Dickinson, l’attore inglese di The King’s Man), modello scartato al provino di una pubblicità perchè non si muove dinoccolato come va di moda ora e di Yaya (Charlbi Dean Kriek), modella e influencer. Con loro Ostlund, con uno stile crudo, asciutto, satirico che lo accomuna al coetaneo greco Yorgos Lanthimos, va negli inferi del capitalismo moderno tra divisioni di classi ferocissime, magnati russi con moglie ufficiale e amante al seguito, venditori di armi. Sarà una lotta di sopravvivenza, ma a governarla più che l’umanità è il dio denaro » (**).

Ostlund è un regista colto, apparentemente colto… Perché in realtà ragiona con il machete. Come in suo precedente film ("The Square"), sembra  imputare al capitalismo  le guerre tout court, le guerre economiche, le mafie, il razzismo e ovviamente l’ineguaglianza.

Per contro, questa monomania di voler cancellare ogni disuguaglianza, sta provocando, e non da oggi, una gigantesca crisi fiscale.

Gli stati liberalsocialisti, che hanno sposato la causa del welfarismo, in realtà per conservare il consenso, non possono non essere di manica larga: di qui le fortissime spese sociali, che provocano la crescita simmetrica della pressione fiscale, crescita che sta giungendo a livelli insostenibili.

Parliamo di una crescita esplosiva che sta preparando quella che è la reazione tipica delle moderne classi medie, che quando temono il declino, impaurite, dal declassamento sociale, chiedono aiuto ai fascisti.

Pertanto, in nome di una presunta idea di bene, la fine di ogni disuguaglianza, si rischia di aprire le porte al male, il fascismo.

In sintesi, La guardia rossa richiama sempre la guardia bianca. E, a prescindere da chi vinca, il tenore di vita si abbassa per tutti, e di molto.

Buona domenica.

Carlo Gambescia

(*) Cfr. https://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.com/search?q=rosling .
(**) Qui: https://www.ansa.it/sito/notizie/cultura/2022/05/21/a-cannes-trinca-regista-e-film-contro-il-capitalismo_999bd8d5-d2b6-4237-9dfc-c19a7430dac5.html .

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