La notizia che Furio Colombo ha sospeso la collaborazione al “Fatto”, perché stanco di vedere la sua firma accanto a quella del “professor Orsini”, può essere l’occasione per riflettere sulla grande questione del dissenso e del consenso in una società come quella italiana, rimasta allo stadio della rivoluzione passiva, per dirla con Vincenzo Cuoco.
Tre riflessioni.
Uno. Furio Colombo può piacere o meno, ma è una firma eccellente del giornalismo italiano. A lui si può applicare il metro dei Montanelli, dei Bocca, dei Pansa, dei Biagi. Con la differenza, che questi ultimi sono morti mentre Colombo è vivo. E quindi dovremmo tenercelo stretto.
Due. Il “professor Orsini” – usiamo le virgolette perché ormai lo si conosce così – invece è un caso mediatico recente. In un paese come l’italia, antiamericano e antieroico per eccellenza (Franza o Spagna, eccetera), un professore, per giunta universitario, con cattedra quindi, che parla male della Nato, non poteva non tramutarsi in manna dal cielo.
Tre. Di conseguenza il “professor Orsini” è subito finito dentro quel moltiplicatore della fama mediatica, che puntando sulla discriminazione rinfacciata (“Ma come siete liberali solo quando fa comodo?”), anch’essa rigurgito di un antiliberalismo di marca fascista e comunista, molto diffuso in Italia, ha promosso il “professor Orsini a Perseguitato Ufficiale degli Amerikani d’Italia.
In un paese normale, liberal-democratico, fiero dei valori dell’Occidente, il “professor Orsini", sarebbe rimasto un pensatore eccentrico, ai margini, liberissimo di manifestare le sue idee, ma non in prima serata. E non perché censurato, ma semplicemente, perché dai bassi indici di ascolto. In un paese normale…
In Italia, invece, si continua a ballare e cantare dinanzi ai corpi appesi dei martiri della Repubblica Napoletana. Rivoluzione passiva, secondo Cuoco, perché priva di popolo. Infatti, cosa gridavano le masse sanfediste del cardinal Ruffo? “Chi tene pane e vino, ha da esse giacobino”… E giù mazzate.
Perciò il problema non sono le idee del “professor Orsini”, ma quelle di un paese, l’Italia, che ha sempre continuato ad amare Borboni, dittatori, uomini forti, a destra come a sinistra. Come pure a odiare gli Stati Uniti, il liberalismo, l’economia di mercato, l’Occidente. La modernità politica e culturale per farla breve.
Attenzione, non il gadget. Che anzi piace. Ma la filosofia politica del gadget. Insomma, per capirsi: si alza il sole, canta il gallo, Putin sale a cavallo. Gli italiani sono fatti così: alla libertà continuano a preferire la sicurezza. Chi se ne frega degli ucraini. I russi si prendano quello che vogliono, e che tutto torni come prima: coperta e popcorn.
Furio Colombo ha viaggiato e scritto molto. Conosce e apprezza gli Stati Uniti. Lo si potrebbe definire un liberal.Il che può piacere o meno ( a chi scrive non piace), però, ha comunque radici liberali, e quando posto davanti a una scelta secca, non può non stare che da una parte sola, quella dell’Occidente.
Cosa vogliamo dire? Sintetizzando, che appena i russi hanno invaso, è scattato in Italia il vecchio riflesso antimericano. Di qui, il travolgente successo del “professor Orsini”. Che perciò non brilla di gloria propria.
Quanto al “Fatto”, non abbiamo mai capito, fin dall’inizio, il perché della collaborazione di Furio Colombo, liberale tutto sommato elitario e penna raffinatissima, a un giornale populista, di sinistra, ma populista: quella del “Chi tene pane e vino, ha da esse giacobino”…
Di conseguenza, alla fine, i nodi sono venuti al pettine. Come si dice, meglio tardi che mai.
Dottor Colombo, bentornato, tra noi, pochi ma buoni liberali.
Carlo Gambescia
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