mercoledì 1 aprile 2020

Dalla  dittatura ci salverà l’ incompetenza di Conte?   

Alessandro Campi  avanza l’ipotesi di un  nesso  tra potere  e incompetenza (*). Incompetenza nel senso di essere sprovvisti delle cognizioni e dell’esperienza necessarie a ricoprire una carica politica. Un fenomeno, particolarmente attuale, diffuso in Italia come altrove, che minerebbe  nell’uomo politico  - si legge -  ogni capacità di prevedere, decidere, organizzare. Una  deriva che  nascerebbe da quella volontà  di  “lisciare sempre per il  verso del pelo ” l’elettore.  Insomma, invece di studiare e prepararsi,  si preferisce twittare e promettere tutto a tutti,  inseguendo  giorno per giorno il facile   consenso elettorale.  Il che premierebbe i politici  incompetenti rispetto ai competenti, che invece si guardano bene dal fare facili promesse. 
Sintetizzando le conseguenze del ragionamento di Campi:  nessun pericolo di potere pervasivo per il futuro, ma solo  il rischio  di  un “governo” autoritario e pasticcione. Insomma. come si lascia intendere:  il Governo Conte  non ha  nulla di orwelliano, ma molto di italiano…
Cosa  dire? Che per un professore di scienza politica la tesi lascia a molto a desiderare.   Sia sul piano di un approccio  istituzionale alla questione del potere, sia  sul piano concettuale della notissima (in letteratura)  distinzione  tra stato e governo (e relative ricadute sul piano del potere): un discrimine che non si può assolutamente ignorare.  Ci spieghiamo subito.
In primo luogo,  certo,   il potere può anche essere incompetente e pasticcione,  ma ciò  non significa che  la sua stretta sulla società sia meno dura. Campi che ha scritto di Mussolini, non può ignorare come  il fascismo unisse all’incompetenza (come provano  ad esempio autarchia e guerra mondiale)  un durissimo controllo sociale. E lo stesso discorso, può valere,  a fortiori per l’Unione Sovietica  dove il comunismo, pur brillando per  incompetenza,  mai allentò la  morsa  sulla società russa.
Il Governo  Conte,  degli incompetenti , in meno di quindici giorni -  si badi al risultato -   ha  confinato l’Italia in casa.  Neppure Mussolini era riuscito a  tanto.  Pertanto l’incompetenza, sbandierata da Campi,   può essere  un buon argomento solo  per tirare la volata alle destre -  come provano i regolari attacchi “all’incompetente  Conte”   sulla “Verità”, sul “Giornale”, su “Libero” -   ma  non per fare scienza politica seria.  Oppure, se così non fosse, consigliamo a Campi, anche se tardi,  di  cambiare mestiere. 
In secondo luogo, concettualmente e sociologicamente,  lo stato è una cosa il governo un’altra. Una distinzione  che rimanda al primo anno di Scienze politiche.  Cosa significa? Che il governo passa, o meglio gli uomini che ricoprono cariche governative, mentre lo stato, ossia l’organizzazione amministrativa, resta. Pertanto, di regola,  al governo incompetente  può fare  o meno da antidoto, un’ amministrazione competente: competente nel senso che sa  come portare a effetto o meno i provvedimenti del governo. E qui rinviamo all’ottimo volume di  Guido Melis (La macchina imperfetta), che prova come l’amministrazione pre-fascista, ancora in carica dopo  1925-26,  tentò, non sempre riuscendovi,  di  "mettere toppe", se non proprio liberali ma quasi,  alla autoritaria incompetenza dei ministri  fascisti. E dello stesso Mussolini agli Esteri (  Contarini, docet).

Pertanto la questione è più complicata di come scrive Campi. L’incompetenza non è un passepartout capace di garantire  una società  dalla deriva orwelliana. Nell’ Italia di oggi, dove l’amministrazione pubblica, non è più quella prefascista, venata di liberalismo, all’incompetenza dei ministri andrebbe “a incollarsi” il truce burocratismo  di una pubblica amministrazione, tra l’altro molto sindacalizzata e di sinistra,  che odia tutto ciò che solo odori  di iniziativa privata,  (La casta catto-socialista che governa da anni il  Ministero dello sviluppo, docet).
Concludendo, Campi ha torto.  
L’Italia  rischia grosso, proprio perché incompetenza non è sinonimo, per così dire, di  autoritarismo blando.  E una scienza politica che ignori   tutto questo,   non è scienza politica ma pseudoscienza impolitica. O peggio ancora,  purissima politica politicante,  nel  senso di tirare la volata a questo o quello.       

Carlo Gambescia