domenica 12 aprile 2020

Una lettera agli amici  lettori
Non ricordo di aver mai trascorso una Pasqua così…

Cari Amici,

Scrivo e studio da più di quarant’anni, ho viaggiato, insegnato, tenuto conferenze, presentazioni, intrattenuto rapporti con tante persone,  eppure non ricordo di aver mai trascorso  una Pasqua come questa,  distinta, e duramente, da una clamorosa condizione di illibertà.
Però quel che mi stupisce di più, proprio come sociologo, è la passività delle persone, che vado ogni giorno osservando e scoprendo persino sui Social.
Sta accadendo, purtroppo, quel che mai dovrebbe accadere. O accadere solo   in condizioni di reale pericolo e di obiettiva necessità sociale , come ad esempio durante  una guerra o dopo un cataclisma naturale.
Cosa  sta accadendo  alle persone? Una volta venute meno le abitudini sociali,  per inaudite  imposizioni politiche, l’individuo si è ritrovato solo con le sue preoccupazioni e paure.  Di qui il ripiegamento su se stessi e la scarsa o assente volontà di comunicare. Si potrebbe parlare di individualismo angosciato.  Ci si sente  schiacciati sotto  il peso di vicende più grandi di noi.  E di conseguenza,  come da manuale, va diffondendosi tra le persone  la  rassegnazione.       
Il che implica  un atteggiamento di “infantilizzazione” accompagnato da un’incessante e devastante  “bisogno di rassicurazione”.  Il  bambino sociale  -  come il bambino reale  -    non ha  spiccata autonomia di giudizio. Inoltre, le sue reazioni, che vanno dalla sottomissione alla ribellione, possono essere controllare più  facilmente soprattutto in un ambiente protetto,  dalla famiglia (bambino reale) allo stato sociale (bambino sociale).  Ed è quello che sta avvenendo per milioni di “bambini sociali”, di cittadini, insomma.   
Si noti il largo uso da parte delle istituzioni  di un   lessico militare e  patriottico volto a costituire un ambiente protetto capace al tempo stesso di rassicurare a ammonire, proprio come si fa con i bambini.
Il che ovviamente  ha delle severe controindicazioni:  la  rassegnazione in basso e le  rassicurazioni-ammonizioni in alto  rischiano  di trasformare l’Italia in una società paternalistica  a sfondo autoritario. Dove la perdita della libertà  politica, economica e sociale  viene presentata al cittadino in modo paternalistico, come necessaria per  “il suo bene”. Insomma,  l’esatto contrario di ciò che  distingue   una società liberale  e aperta, dove ogni individuo, in quanto uomo adulto,  sa ciò che è bene per sé, o comunque ne può decidere  liberamente, senza tutori politici e sociali di nessun genere.
Su questi aspetti - un vero e proprio processo di catastrofica involuzione politica -  mi interrogo pubblicamente fin  dalle fasi precedenti all’inizio dell’epidemia, indicandone le pericolose conseguenze per l’Italia.  
La cosa  mi ha creato nemici  e mi  ha permesso  di scoprire falsi amici.  Ma non è questo il problema.  La situazione per la libertà in Italia  è di una gravità tale che va oltre la mia vita. Qui è in gioco il nostro futuro, come esercizio di libere capacità critiche,  non tanto di noi sessantenni, ma dei nostri figli e nipoti.  
Forse dovremmo cominciare, noi tutti, a interrogarci sul ruolo della disobbedienza civile come unica arma politica da impugnare,  quando un’intera nazione di cittadini, di singoli esseri pensanti,  ricchi di  sogni, progetti,  idee,  viene, come sta accadendo,  letteralmente relegata  agli arresti domiciliari.  E per ragioni oscure, o comunque non chiare, come  illustra  lo studio   di alcuni specialisti, di cui ha dato notizia “Affari Italiani” (*). O come  evidenziano i grafici e tabelle  pubblicati da “Linea”, grazie allo straordinario acume di Carlo Pompei (**). Al quale va un saluto particolare. 
Cari amici,  vi ringrazio per avermi seguito fin qui.  Un grande abbraccio e Buona Pasqua, nonostante tutto.

Carlo Gambescia   




(*)  In particolare i numeri  4-7, scaricabili gratuitamente  qui: http://linea.altervista.org/blog/?doing_wp_cron=1586672237.1127719879150390625000