mercoledì 20 dicembre 2017

 Risate amare su  “Spelacchio” 
La filosofia di Jeeg Robot



A Roma, e purtroppo in tutto il mondo,  si ride di “spelacchio”. Così i romani, in un momento di  antica e corrosiva lucidità, hanno chiamato,  l' albero di Natale,  rinsecchito, che disonora piazza Venezia, cuore della Capitale. Parliamo di  un mostruoso  grumo di rami ai minimi termini, specchio di un’ amministrazione a cinque stelle, totalmente incapace di intendere e di volere. Sembra incredibile. Eppure è così.
Tra l’altro, la “sindaca” annuncia  misure come le microtelecamere  sui cassonetti con partita iva, il contapersone ( e perché non il contapassi)  a piazza di Spagna.   Roba da forum di schizzati, da gente, senza arte né parte, che viveva davanti al pc, in attesa di andare in vacanza grazie alla quattordicesima della nonna vedova.  E che ora, compunta, rilascia,  dichiarazioni  al Tg1.
Inutile aggiungere, purtroppo, che  l’argomento razionale, non serve a nulla: i romani e gli italiani, ridacchiano, ma alla fin fine, sembrano gradire.  Perché, si dice,  i cinquestelle sono onesti.  Come se per parafrasare Benedetto Croce,  dal  chirurgo, sul punto di  operarci,  invece della laurea in medicina, si pretendesse l'approfondita conoscenza e pratica dell'etica kantiana.  Sicché,  rischiamo di vivere l'incubo di   una campagna elettorale, formato Social, che potrebbe promuovere a ministri gente come  Di Maio, Di Battista & Co: brutti, anzi incapaci, ma buoni, come  certi biscotti gentilini.  
Risparmio ai lettori, per oggi, approfondite analisi. Sono troppo amareggiato.  La sociologia certifica  che “la gente”  ha perduto la  fiducia nelle istituzioni. Non certifica però che questo è avvenuto dopo  venticinque anni di autolesionistiche campagne mediatiche e giudiziarie che hanno contribuito  a distorcere la visione della realtà.  Inutile ripetere  che  gli italiani non sono mai stati bene come oggi.  E in tutti i sensi. Perfino i clochard  sono assai diversi, nella complessione fisica,  da quelli di "Miracolo a Milano", il film pauperista di De Sica e Zavattini del 1951.  Eppure,  siamo al punto di rimettere in discussione perfino i vaccini. 
Si pensi alla questione del rientro delle salme dei Savoia: la maggioranza degli italiani, neppure sa di che cosa si parli; i commentatori, sui   Social,  si insultano a colpi di slogan (tipo “viva la repubblica, abbasso la monarchia” e viceversa); i politici e gli intellettuali discettano sulla necessità di una memoria condivisa, salvo però nutrire feroci e opposti pregiudizi sulla storia d’Italia. Conclusioni: nessuno ascolta nessuno. E la maggioranza degli italiani, assai distratta, si trova d’accordo solo per ribadire che se piove è sempre colpa del governo. Ladro.
In un contesto del genere -  che non è solo italiano perché le politiche welfariste  hanno viziato il popolo sovrano ma bambino -  non ci si può stupire  del successo di un partito come Cinque Stelle, che promette  reddito di cittadinanza e tagli  alle tasse, rilancio dell’economia e decrescita, pensioni più alte e abbassamento dell’età per riceverla.
È la filosofia infantile di Jeeg Robot,  penso in particolare al  film interpretato da Claudio Santamaria: uomini e donne che si comportano da bambini,  e che  credono  nel supereroe indistruttibile, che prima o poi li  salverà:  non si sa bene da che cosa, ma li salverà.  Ed è bello crederlo.  Perché ci  salverà "tutti", comunque sia,  dai cattivi di turno.  Designati da chi? Dal Movimento Cinque Stelle, of course.   

Carlo Gambescia