domenica 3 dicembre 2017

Che cos'è 
il "politicamente corretto fascista" ?



I lettori si saranno  chiesti che cosa esattamente intendessi dire ieri  per “politicamente corretto fascista”.  Mi sembra perciò giusto completare il  "trittico" (*), affrontando quest’ultimo nodo.
Piccola  premessa. Il politicamente corretto non è un’ invenzione contemporanea delle “cattive” democrazie liberali,  come ritengono i complottisti,  ma rinvia, sociologicamente e storicamente, alle forme di legittimazione  politica.
Ad esempio, asserire in una società tradizionale  che il potere non derivi  da un mandato meta-umano, significa entrare in urto con le autorità religiose, sociali e  politiche.  Come del resto, affermare  in una società moderna  che  il potere non risieda  nella sovranità del popolo,  implica l’esclusione dal dibattito pubblico.  Ovviamente,  dal presupposto legittimante, discendono   valori e comportamenti in sintonia con esso. Sicché,  chiunque provi a criticarli, adottandone altri, viene considerato, politicamente scorretto.  E dunque ritenuto pericoloso.  Dopo di che, ogni società, secondo le proprie forme di controllo sociale,  interverrà  per ridurre al silenzio le voci discordanti. La casistica "operativa"  è  ampia:  si va dal boia al giudizio di dio, dall'imprigionamento nei  gulag  alla "spina staccata" (per dirla con un grande scrittore, esule russo).  
Sono meccanismi, dai più duri ai più blandi,  che ritroviamo in  ogni società e gruppo sociale, anche nelle forme  politiche di gruppo istituzionalizzato. Si va, ripetiamo,  dai princìpi fondamentali fino alle opinioni e ai luoghi comuni più diffusi.
Nel post-fascismo ( nel senso di  "dopo il fascismo storico") si possono individuare tre princìpi inderogabili del politicamente corretto.  Chiunque li violi è fuori. Anche oggi.
1) Mussolinismo.  Pensiamo  alle dotte teorizzazioni dei professori dell'epoca  sulla natura  “cesarista” della leadership  mussoliniana, che, in basso,  si tramutavano  a livello di  senso comune nello slogan il “Duce a sempre ragione”.  Il Mussolinismo resta  tuttora un caposaldo del politicamente corretto post-fascista . Ancora oggi, guai a chiunque osi parlare male di Mussolini.
2) Costruttivismo politico-economico.  Pensiamo all’eredità della politica economica e  sociale del fascismo,  che in alto veniva teorizzata come economia corporativa  e (nella fase terminale) socializzatrice, in basso recepita  come  alternativa economico-sociale costruttivista   al disordinato e presunto spontaneismo delle  “democrazie plutocratiche”, secondo il noto stereotipo popolare.  Anche qui siamo davanti a un caposaldo del politicamente corretto post-fascista.  Ancora oggi,  guai a chiunque osi parlare bene del libero mercato.
3) Antisemitismo e razzismo.  Pensiamo all' eredità politica  delle leggi razziali del 1938, eccellente esempio di esclusione dei presunti diversi, nonché, cosa  ancora più grave,  all’antisemitismo  che si prolunga in maniera devastante  nell’ultimo fascismo, quello saloino.  Parliamo di  leggi che  in alto venivano   teorizzate  dottamente e nelle forme più varie da legioni di scienziati, in basso  recepite, fin nei comportamenti (dall'ultimo commerciante  che vendeva solo agli "ariani"),  come  necessario pendant “anti-giudeo”  alla  “ lotta contro le democratiche  plutocratiche”.  Va  precisato, come prova l’ eccellente libro di Gianni Scipione Rossi (**),  che il post-fascismo, soprattutto i vertici del Msi e di Alleanza Nazionale, si sono  in qualche misura distanziati, condannando le leggi razziali,  e schierandosi,  negli anni Sessanta più decisamente,  dalla parte di Israele.   Però, tuttora, resta obiettivamente difficile, in particolare tra i  militanti,  affrontare  la questione: il politicamente corretto di derivazione fascista  “impone  l’uso”  di un antisionismo che però, come mostrano studi e ricerche,   è parente strettissimo dell’antisemitismo. Insomma, ancora oggi,  non si può  parlare bene - in senso assoluto -  degli ebrei. E  a maggior ragione -  per rimbalzo ideologico -   dei diversi, a cominciare dai non italiani. Si pensi all'avversione viscerale, decisamente sopra le righe,  alla legge sullo ius soli.  Di qui, il pericolo incombente del razzismo di ritorno.
Riassumendo, il politicamente corretto  fascista, prolungatosi nel post-fascismo,  impone che tutte le discussioni interne, a livello di militanti, quindi di senso comune,  ruotino intorno alle questioni del mussolinismo, del  costruttivismo (corporativo o sociale), dell’antisemitismo (travestito da antisionismo).  Si possono criticare i consiglieri di cui si servì Mussolini, magari  discutere  sui nomi dei  " traditori  badogliani" (altro sterotipo, usato anche per Fini...);  ci si può dividere in corporativisti e socializzatori o in  antisemiti e  antisionisti.  Ma,  al  fondo, i nodi, i veri nodi, non sono mai stati sciolti.
Qualcuno si chiederà: ma,  allora, cosa è  cambiato in  quel mondo? Niente.

Carlo Gambescia

(*)  Il primo articolo sul "post-fascismo"  è apparso  venerdì 1 dicembre: http://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.it/2017/12/nazi-fascisti-su-como-esiste-un.html ; 
(**) Gianni S. Rossi, La destra e gli ebrei. Un storia italiana, Rubbettino Editore 2003.