André Chénier,
una vittima del totalitarismo
una vittima del totalitarismo
Non
sono un melomane, né un conoscitore della storia dell’opera lirica italiana.
Del costume politico e giornalistico italiano, però sì: un misto di ignoranza storica, furberia e
cinismo. Vengo al punto.
Ieri
sera, Prima della Scala, direzione di Riccardo Chailly (non sapremmo), regia di Mario Martone (noto caciarone gramsciano delle storie patrie), grande successo, così scrivono i giornali, c’era questo,
non c’era quello, eccetera, eccetera.
Si
rappresentava l’ “Andrea Chénier” di
Umberto Giordano, libretto di Luigi Illica. La
prima assoluta risale al 1896, in un’ Europa ancora sotto
l’ effetto devastante della
“Comune” parigina: replica 1871, truculenta e socialistoide, del Terrore 1793-1794.
Giordano e
Illica - esponenti, ci dicono, del Verismo musicale - romanzano musicalmente un tragico frammento
della vita di Andrea (André) Chénier, poeta, politicamente un Fogliante, dal nome del convento cistercense,
dove vide luce (breve luce) l’ associazione politica, moderata,
costituzionale e fedele alla monarchia. Quindi detestata e cancellata dai
Giacobini.
Chénier,
che aveva osato brindare poeticamente, all’uccisione di uno psicopatico come
Marat, finì sul patibolo. A Robespierre
non dispiacque più di tanto: a chi chiese conto delle morte di un poeta (mai
pubblicato in vita però), l’Incorruttibile rispose che "anche Platone metteva a morte i
poeti", perciò figurarsi lui…
Ora,
su tutta questa storia, politicamente parlando ( e sottolineo politicamente), invito
i lettori a ritrovare qualcosa sui giornali di questi giorni. I grandi editorialisti? Silenzio assordante.
Sembra però sia uscita sull'opera una pubblicazione a fumetti… Quando si dice le soddisfazioni della vita.
Chénier
è una delle tante vittime del Giacobinismo, di quella micidiale corrente politica, nata all’interno della
Rivoluzione Francese, tutta Comitato di Salute Pubblica e Ghigliottina, che intellettualmente è alle
origini dei totalitarismi plebiscitari del Novecento.
Un
pugno di invasati, evergreen, che nella Comune di Parigi, amata e odiata da borghesi
come Giordano e Illica, scorgerà una replica della Rivoluzione Francese. E che poi
ritroveremo, come supremi interpreti della volontà della nazione, della
razza e del proletariato. L’itinerario non è poi così complicato; da Rousseau
a Robespierre e Blanqui; da Marx a Lenin e Stalin e, di rimbalzo,
da Mussolini a Hitler. I
contrari, ma simili nella totalitaria
essenza costruttivista, non potevano non incontrarsi, anche confliggendo, perché unitamente avversi alla democrazia liberale.
Sulla tragedia di Chénier si poteva imbastire un discorso politico. Proprio sulla forza
eversiva di quelle correnti politiche
ultramoraliste intellettualmente totalitarie, come i populismi (di destra e sinistra), che sulla scia di Robespierre & Co., “inzeppano la politica” di magistrati che - bontà loro - si ritengono novelli
Saint-Just.
E invece silenzio totale. Anzi, questa mattina, tutti ad applaudire la Rivoluzione. E Chénier? Moderato per caso… La Ghigliottina? Ha interrotto "un bel sogno d'amor"...
Ignoranti, furbi, cinici. E pure scemi. Perché? Se ne riparlerà a marzo.
Ignoranti, furbi, cinici. E pure scemi. Perché? Se ne riparlerà a marzo.
Carlo Gambescia