giovedì 31 agosto 2017

Matt Damon: “Trump? Bisogna aspettare che se ne vada”

Perché Hollywood odia Trump




“Trump non sta facendo nulla per l'ambiente. Sta solo distruggendo quello che ha fatto Obama, pensa solo all'economia e a incrementare il lavoro. Che si può fare? Aspettare solo che se ne vada”.

Così Matt Damon,  strapagato ( e giustamente)  divo di  Hollywod,  in occasione delle presentazione di  “Downsizing” a Venezia.   Pellicola dal profilo, of course, ecologista.  Una scelta, oggi molto in voga, come un tempo il comunismo, tra gli attori  americani.
Damon, non  è solo.  Da   De Niro  all’ultimo dei comprimari,   Trump è il più odiato in assoluto tra i Presidenti.  Perché?
Sulle ragioni dell’estremismo politico di Hollywood, indagò un celebre economista  Ludwig von Mises, che una volta  trasferitosi negli Stati Uniti, per sfuggire agli artigli di Hitler,  si accorse con stupore che il mondo del cinema,  acclamato e miliardario, flirtava con qualsiasi forma di radicalismo politico, a cominciare dal comunismo.  E ovviamente si interrogò. Ecco la sua risposta:       


“Sotto il capitalismo, il successo materiale dipende dal gradimento delle realizzazioni di un uomo da parte dei consumatori sovrani (…) Con lo spettacolo (…), la gente vuole il divertimento perché è annoiata. E niente l’annoia quanto i divertimenti che già conosce: La diversità è l’essenza dell’industria dello spettacolo. Gli spettatori applaudono di più di quel  che è nuovo, cioè inaspettato e sorprendente. Essi sono capricciosi e irresponsabili. Disprezzano ciò che  avevano amato ieri. Un magnate del palcoscenico o dello schermo deve sempre temere la capricciosità del pubblico. Si sveglia ricco e famoso una mattina, e potrebbe essere dimenticato il giorno dopo. Egli sa bene di dipendere interamente dai capricci e dalle fantasie di una folla che desidera ardentemente l’allegria. Egli è sempre in preda all’ansia (…). Ovviamente, non c’è rimedio contro ciò che rende inquieti questi uomini di spettacolo. Essi devono perciò attaccarsi a una pagliuzza. Alcuni di loro pensano che il comunismo li salverà. Non è forse un sistema che rende tutti felici? Non è sostenuto da uomini molto illustri che tutti i mali dell’umanità sono causati dal capitalismo e che saranno cancellati dal comunismo? Non sono essi le stesse persone che lavorano sodo, compagni di tutti gli altri lavoratori?  (L. von Mises, La mentalità anticapitalista. Armando, Roma 1988, pp. 42-43). 

Quanti ex comunisti sono passati armi e bagagli all’ "attivismo" ecologista?  Tanti, forse troppi.   E per quale ragione? Perché l’ecologismo è la continuazione, con altri mezzi, della lotta del comunismo  al capitalismo.  Il che spiega le dichiarazioni di Damon  e  al tempo stesso comprova  le tesi  di Mises.
Qualcuno però  si chiederà:  come mai,  dal momento  che  Trump è  uomo di spettacolo, non odia, come i suoi "colleghi" il capitalismo?  Se lo è, lo e per caso.   Trump, soldi  paterni o meno, di formazione è  imprenditore nel ramo immobiliare. Insomma, non appartiene organicamente all'industria dello spettacolo: il consumatore da cui dipende, è altrettanto sovrano, ma, psicologicamente parlando,  ad andamento lento. Quindi l'ansia, anche se c'è, è meno forte. E poi spesso, si arriva al cinema (dal produttore all'attore), dopo aver fallito in altri campi. Ci permettiamo di aggiungere (andando oltre  Mises), che negli attori  la frustrazione anticapitalista, viene da lontano. Sicché, l'industria cinematografica, con i suoi capricciosi consumatori, ricorda,  continuamente,  al divo da dove è venuto e dove potrebbe tornare.
Però - si dirà - anche  Reagan  era un attore,  a tutto tondo,  eppure…  Reagan, in verità, ai suoi tempi, fu attaccato, altrettanto duramente, proprio perché considerato da Hollywood un traditore:  un attore fallito che aveva scelto la politica, dalla parte sbagliata.   Poi Reagan, dimostrò di saper governare ed entrò nel Gotha dei Presidenti più amati.  Diciamo che Hollywood  mandò giù il boccone amaro.  E da quello smacco  non sì è ancora ripresa.   Il che spiega il livore di oggi.     
Del resto Trump, sembra  non  essere all’altezza  neppure della controfigura di Reagan.  Ma questa è un’altra storia…

Carlo Gambescia