mercoledì 16 agosto 2017

   Un articolo di Piero Visani sui gravi incidenti di Charlottesville 
 L'approfondimento del  sociologo


Ieri ho ripreso sulla mia pagina Fb un eccellente articolo di Piero Visani (*), storico e polemologo, sui gravi incidenti  di Charlottesville, dove, andando saggiamente  oltre la polemica tra manifestanti di sinistra e suprematisti bianchi ( sulla liceità o meno di rimuovere, dopo circa 150 anni un monumento equestre dedicato al generale Lee, perché all’epoca  proprietario di schiavi), si pone giustamente l’accento sul conflitto tra potere federale e potere degli stati.
Il fatto,  che dietro la decisione di rimuovere il monumento  faccia capolino   un sindaco democratico, non significa che la questione sia locale e quindi estranea alle  intrusioni del potere federale. In realtà,  la lotta ai monumenti dedicati agli sconfitti della guerra civile, rientra nell’ambito di una strategia politica  promossa dalla Washington liberal. Un disegno che scorge  nel politicamente corretto uno strumento verticistico  per sconfiggere, o quantomeno contrastare, qualsiasi tentativo di riabilitazione dei valori del vecchio Sud, giudicati anti-egualitari.   E dove c’è un sindaco liberal, o democratico, c’è il politicamente corretto imposto da Washington.  Insomma, l'ombra lunga di Obama (e di altri numerosi presidenti, non solo democratici) continua a  proiettarsi sullo stesso Trump, che incespica, perché non sa, se ci si passa l'espressione, che pesci pigliare. Talmente è forte la presunta o reale "tirannia della maggioranza".  Punto sul quale torneremo più avanti.
Attenzione:  il concetto "dei  diritti degli stati",  implica  qualcosa di più grande e importante del nazional-statalismo  di matrice europeo-hegeliana, perché rinvia al cuore ideologico della diatriba politica tra Jefferson e Hamilton, che si basava sulla necessità di difendere la  libertà del cittadino da un   potere politico, tanto più estraneo quanto più lontano geograficamente e istituzionalmente dalla sua realtà quotidiana.  Semplificando (al massimo): Jefferson, era dalla parte degli stati, e quindi del cittadino-agricoltore. Hamilton da quella del potere federale e del cittadino-operaio. Il primo guardava a una società rurale, di agricoltori indipendenti, il secondo a una società moderna e industrializzata.
Il futuro era dalla parte di Hamilton. Nessuno lo nega (ci mancherebbe altro).  Ciò però non toglie, ecco il punto,  che il conflitto tra una società decentrata e un società accentrata, pur assumendo di volta in volta forme storiche diverse, dalle battaglia pro o contro la schiavitù a quella pro  o contro il welfare  e pro o contro il politicamente corretto, continui ad attraversare la  storia americana.
Sotto questo aspetto, i disordini di Charlottesville  confermano che il conflitto è ben lontano dall’essere superato.  E che, purtroppo,  esso è nelle “cose stesse” . E qui,  si pensi  alle enormi dimensioni geografiche degli Stati Uniti e al gigantesco  individualismo innato degli americani.   Individualismo, che,  considerato il  forte spirito democratico che innerva la società statunitense, non resta estraneo  a due fattori al tempo stesso opposti e complementari: un forte spirito associazionista (positivo)  che fa il paio con comportamenti  "gregaristi" (negativi).  Un conflitto, la cui soluzione, sempre temporanea,  implica il   conseguente uso di un forte potere centrale, proprio in  nome di quella tirannia della maggioranza, tipica delle società democratiche,  scorta da Tocqueville.  Forzature dall'alto, non sempre inutili (se si vuole restare uniti...), alle quali dal basso  si risponde con colpi di coda, per così dire, "decentralisti" (quando si rischia di passare il segno...)
E' perciò vero, concludendo, come  ha notato correttamente il lettore Carlo Gobbi, che la  logica del “decentralismo” è sfruttata  politicamente, attraverso l’uso di una retorica di parte. Il che però vale per tutte le retoriche "sbandierate" da tutte le forze,  storicamente,  in campo.  Quindi anche per la retorica centralista.  E, cosa ancora più importante, il contrasto retorico,  nulla toglie nulla aggiunge  a una dinamica sociologica e istituzionale, realissima, tra centralismo e "decentralismo",  che va ben  oltre la decisione politico-retorica di rimuovere il monumento al generale Lee. E dalla evoluzione (o involuzione) di tale dinamica  "fattuale",  dipenderà il destino degli Stati Uniti, nonché, secondo alcuni osservatori, di tutti noi. 
Carlo Gambescia