Un giudizio di Berlusconi sui Cinque
Stelle
Perché negarlo?
Il Cavaliere di politica non ha mai capito nulla
Perché negarlo?
Il Cavaliere di politica non ha mai capito nulla
Sono semmai dilettanti nella vita, la gran parte di loro non ha mai lavorato,
non ha mai realizzato nulla, non ha mai fatto una dichiarazione dei redditi
prima di entrare in Parlamento.
Per loro la politica è il mestiere per mantenersi, e infatti sono disposti a dire e fare qualsiasi cosa, ad accettare i continui cambiamenti di linea dei loro capi, pur di conservare il posto in Parlamento.
La loro politica è pura tattica, senza valori».
Per loro la politica è il mestiere per mantenersi, e infatti sono disposti a dire e fare qualsiasi cosa, ad accettare i continui cambiamenti di linea dei loro capi, pur di conservare il posto in Parlamento.
La loro politica è pura tattica, senza valori».
Così Berlusconi sui Cinque Stelle.
Vogliamo parlare di cose serie? Il Cavaliere si è sempre dichiarato
liberale. Che c’è di
liberale in questo giudizio?
Per un liberale, il professionismo politico è un’ importante componente della
divisione sociale del lavoro. A
ciascuno il suo: al parlamentare la politica, al dottore i pazienti, all’avvocato gli assistiti,
all’imprenditore l’impresa, all’operaio
la catena di montaggio, eccetera, eccetera. Rieptiamo, a ognuno la sua specialità. Il
professionismo, se si vuole l’ineguaglianza professionale, è alle origini della civiltà
liberale mentre
l’egualitarismo, anche professionale, resta alla base di ogni totalitarismo.
Ora, dire che la bravura nel proprio lavoro, sia l’unica chiave d’accesso
alla politica, significa fare
il gioco dell’antipolitica egualitaria a sfondo tirannico: una visione che azzera il ruolo dei
partiti e delle istituzioni rappresentative, classica conquista della civiltà liberale, per privilegiare, in modo
contraddittorio, dal
un lato i tecnici, i professionisti della vita (come fa Berlusconi, ad esempio), dall’altro, la provenienza dalla vita, però la vita più semplice possibile, quella dell’uomo della strada, visto, curiosamente. come "perfetto professionista" proprio
perché "dilettante", quindi "esperto", in qualche modo, "del senso comune" (come rivendicano i pentastellati).
Tuttavia, lo stesso Berlusconi, bravissimo imprenditore, quindi un
professionista della vita (e del lavoro), ha provato di essere un pessimo
politico. E, per giunta, resta colui che, con il suo dire antipolitico, ha facilitato la strada
(“colpi di stato” o meno) a tecnici, professionisti della vita, autodefinitisi o definiti migliori di lui (Monti &
Company). Come, per contro, hanno provato di essere pessimi politici anche i dilettanti-professionisti di Cinque Stelle.
L’antipolitica, mai dimenticarlo, non porta da nessuna
parte. Spiana solo la
strada al predominio di due opposti eccessi sociologici: tecnocrati
e dilettanti.
Quanto al criterio
dell’obbedienza assoluta al capo, evocato da Berlusconi (che, pur essendo un
professionista della vita, ne sa qualcosa…), va precisato che il fideismo a Cinque Stelle non dipende
solo dalla volontà “di conservare il posto in Parlamento”. Nessuno
nega che chi non abbia altro lavoro, si “attacchi” a quello che ha. Però, sarebbe semplicistico, non ritenere il fattore lavoro, solo una componente tra le
altre, insieme al carisma, al settarismo, al
gregarismo, tutti fattori sociologici che
contraddistinguono la militanza a Cinque Stelle. E, in termini prospettici, quella totalitaria.
Liquidando i grillini come inetti e scansafatiche, Berlusconi
commette due errori complementari: uno, sottovaluta
la carica totalitaria insita
nel movimento
pentastellato; due, sminuisce il ruolo del professionismo politico, riducendolo alla percezione di uno stipendio.
Per dirla con Weber, il Cavaliere svilisce il professionismo politico al vivere di politica, senza capire l'importanza del vivere per la
politica. O comunque sia, egli rifiuta qualsiasi prudente mix tra queste due concezioni. Raccomandato invece, vivamente, da Weber, che non era proprio l'ultimo arrivato.
Sicché, Berlusconi, grande esperto della vita (e pure di un'altra cosa), prova, definitivamente, di non aver mai capito nulla di politica. E neppure di liberalismo.
Carlo Gambescia