"Tannbach", la fiction sulla Germania divisa in due
La Rai (finalmente) ha
scoperto il totalitarismo comunista.
E gli italiani?
In
questo torrido fine agosto, va registrato un piccolo evento mediatico-politico: la
“scoperta” da parte della Rai di che
cosa è stato il comunismo nei cosiddetti paesi satelliti e in particolare nella
Germania dell’Est. E, cosa importantissima, usando nomi e cognomi. Ad esempio, ancora oggi quando in tv ( sempre
Viale Mazzini e dintorni) si ricordano
le Foibe, non si parla dei comunisti
jugoslavi ma dei soldati di Tito… Si ha
ancora paura di ammettere la catastrofe
comunista, evocando quell’ ipocrita, sordido e sbagliato
principio, che le idee erano nobili, ma purtroppo la carne debole. Quindi Stalin, fu un incidente di percorso, eccetera,
eccetera. Torneremo sul punto specifico più avanti.
Di
che cosa parliamo in particolare? Della messa
in onda di una miniserie tedesca, in due parti, dedicata alla Germania tra il 1945 e il 1952,
dal titolo emblematico: “Linea di
separazione” (Tannbach
- Schicksal eines Dorfes, tradotto
letteralmente, più o meno, Il Destino di un villaggio: Tannbach).
Però il tragico destino non è quello dell’arrivo della
Guerra Fredda, vista come una
specie di inevitabile temporale storico, che si abbatte all’improvviso su un fittizio
villaggio tedesco (esistito però veramente, con altre decine e decine di
cittadine simili) al confine tra Est e
Ovest, come si legge nel comunicato dell’Ufficio Stampa Rai ( e
persino nella omonima Wikivoce italiana).
Ma si tratta dell’invasione dei comunisti russi, con al seguito quelli tedeschi, tutti insieme affamati
di vendetta, che, nel dopo Yalta, rilevano le truppe americane, giunte per prime. E, dopo stupri e sommarie esecuzioni, dividono in due il
villaggio, cominciando subito a espropriare,
deportare e rieducare.
Al
di là delle inevitabili ricadute soap (la famigerata libbra di carne
televisiva ), la fiction ribadisce un
concetto fondamentale: che il cattivo funzionamento del comunismo, fin dall’inizio, è questione di strutture, non di uomini. Si può essere
idealisti purissimi, credere sinceramente
nell’idea, come alcuni personaggi della miniserie ma, in ultima istanza, la macchina oppressiva del totalitarismo
finisce sempre per avere la meglio sulle
migliori intenzioni.
Un
altro aspetto interessante, in particolare delle prime
battute della fiction, dove spicca tutta la bestialità di un nazismo agli sgoccioli, è l’assimilazione, sociologicamente corretta, tra nazismo e comunismo,
i due volti del moderno totalitarismo. Concetto,
quest’ultimo, ancora difficile da
digerire, per coloro, e non sono pochi, che sulla base delle intenzioni continuano ad assolvere il comunismo. E
questo è un altro grande merito di "Linea di separazione".
Ammettiamo
candidamente di nulla sapere sul conto del giovane regista, Alexander Dierbach, né su quello degli attori, né sulle reazioni in Germania. Perciò sarà benvenuto qualsiasi approfondimento da parte dei lettori in
argomento.
Ultima questione. Gli italiani hanno gradito? Come
sono andati gli ascolti? Non malissimo. Share però, nel complesso, bassino La Rai gioca sempre sul sicuro: ha sdoganato il concetto di totalitarismo comunista, dopo l' archivazione collettiva o quasi, per la serie l'ultimo spenga la luce e chiuda la porta.
Ecco le cifre: un milione di spettatori circa per
la prima puntata di venerdì 25 agosto (share del 6.56 per cento); settecento
mila o poco più per la seconda di sabato 26 agosto (share del 4,71 per cento). Probabilmente, sono venuti meno 300 mila irriducibili comunisti… O 300 mila
vacanzieri. O metà e metà…
La
nostra è una battuta… Fino a un certo punto però. Perché, i primi, attestano
che la religione comunista ha sempre i suoi fedeli, i secondi, che il
comunismo ormai annoia. Soprattutto durante la vacanze. E tutti e due insieme, che comunismo e vacanze sono l’oppio dei
popoli…
Carlo Gambescia