Amatrice, a un anno dal sisma
Individualismo vero e finto
Sempre
a proposito di terremoti. Amatrice (e dintorni) sta celebrando, in modo "articolato" come si legge, una specie di "micro-giornata
della memoria": fiaccolate, manifestazioni varie, campane che rintoccano in
ricordo delle vittime. Nessuno si offenda, ma il senso dell’evento, come spirito diciamo, sembra essere
a metà strada tra il corteo antimafia e
il sitting sindacale di protesta. Mal si
nasconde, insomma, lo scontento per quel che pubbliche istituzioni “dovrebbero”
ai terremotati.
Abbiamo
usato il condizionale, e non a caso. Per quale ragione? Perché un’altra
malattia italiana, e dispiace dirlo, è quella dello Stato Provvidenza. Di un
stato che deve provvedere a tutto, dalla culla alla tomba. Tradotto: dagli
asilo-nido per tutti alle ricostruzione delle case per i terremotati.
Assicurarsi prima,
no? Una polizza vita, magari per tempo? In fondo, esistono tante forme assicurative. Oppure, costruirsi, nell'Italia del fai da te, case
antisismiche? Non sarebbe una cattiva idea. E invece gli italiani fanno finta di non capire. E ogni volta ci "ricascano".
Ecco la risposta classica del conterraneo medio: “Tanto a me non capita”. Tipica, per buttarla sul sociologico, del free rider, di quello che scrocca i beni pubblici e, curiosità italiana, non si premunisce di beni privati: "Tanto, se proprio dovesse capitare, c'è il "risarcimento statale". A fondo perduto. Con il magistrato che magari si inventa il reato di procurato terremoto, incolpando le autorità. E con il terremotato come parte civile.
Diciamo pure che lo Stivale è una Repubblica fondata sulla "paraculaggine" (pardon): individualismo sì, ma con il paracadute statale. Del resto, il discorso pubblico italiano (parola grossa), nella sua logica aberrante, fila: se è lo stato che deve pensare a tutto, deve essere pure capace di prevedere i terremoti... E all'occorrenza di indennizzare i cittadini terremotati. Sicché, quando succede qualcosa, si strepita perché il cameriere pubblico tarda a prendere la comanda. E si comincia a manifestare contro la burocrazia, scambiando il problema per la soluzione…
Ecco la risposta classica del conterraneo medio: “Tanto a me non capita”. Tipica, per buttarla sul sociologico, del free rider, di quello che scrocca i beni pubblici e, curiosità italiana, non si premunisce di beni privati: "Tanto, se proprio dovesse capitare, c'è il "risarcimento statale". A fondo perduto. Con il magistrato che magari si inventa il reato di procurato terremoto, incolpando le autorità. E con il terremotato come parte civile.
Diciamo pure che lo Stivale è una Repubblica fondata sulla "paraculaggine" (pardon): individualismo sì, ma con il paracadute statale. Del resto, il discorso pubblico italiano (parola grossa), nella sua logica aberrante, fila: se è lo stato che deve pensare a tutto, deve essere pure capace di prevedere i terremoti... E all'occorrenza di indennizzare i cittadini terremotati. Sicché, quando succede qualcosa, si strepita perché il cameriere pubblico tarda a prendere la comanda. E si comincia a manifestare contro la burocrazia, scambiando il problema per la soluzione…
Il
sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi, ottima persona, ex calciatore e allenatore,
ha dichiarato: “Quando vinco, vinco, quando perdo, imparo”. Perfetto. Però, ecco il punto, quando impareranno gli italiani a cavarsela da soli? Non nel senso di privatizzare
i profitti e socializzare le perdite, comportamento tipico dell’individualismo
assistito. Ma di privatizzare profitti e perdite, come impone l’individualismo
vero.
Si
dirà, un cataclisma naturale è frutto
del caso. Certo, ma le assicurazioni
sono frutto dell’uomo. E di una cosetta che si chiama capitalismo. Un mondo, certamente duro, che implica il rischio di , ma anche l'assicurazione da. Bastone e carota: due classici rimedi, che però non dipendono dalla benevolenza di un dittatore, ma da ognuno di noi.
Qualcuno lo spieghi agli italiani. Ovviamente, non Papa Francesco.
Qualcuno lo spieghi agli italiani. Ovviamente, non Papa Francesco.
Carlo Gambescia