venerdì 4 dicembre 2015

Strage di San Bernardino
La chiusura mentale di Obama (e dei pacifisti come lui)
  


Ancora non si conoscono bene le cause della strage di San Bernardino. I servizi  indagano in direzione del terrorismo islamista. Staremo a vedere.  Per ora, regna l’incertezza. Più che scontato invece l’approccio di Obama,  che, mostrando una elasticità mentale pari a zero, insiste, anche in queste ore, nel condannare l' amore smodato per le armi degli americani.  L’equazione dei pacifisti-tipo, come il Presidente statunitense,  è semplice:  meno armi in giro, meno morti, meno feriti e ovviamente meno guerre.  E qui basti pensare, per estensione,  ai piagnoni londinesi,  scesi in piazza, proprio ieri, contro l’intervento aereo britannico in Siria.
Magari fosse così. Purtroppo,  nelle interazioni umane il ricorso alla violenza resta sempre una possibilità,  indipendente dalla quantità o qualità dell’armamento. L’uomo è pericoloso perché  imprevedibile: e l’imprevedibilità è tale perché la scala delle reazioni umane implica -  non si sa quando e come, per l’appunto -  l’uso della violenza (o della forza, per contenere la prima).
Certo, alcune culture celebrano l’onore guerriero,  altre, come la nostra attuale, lo denigrano. Ma nell’uno e nell’altro caso,  si tratta di fenomeni culturali, di stratificazioni  o idealizzazioni che “interpretano” la realtà.  E le teorie pacifiste, per usare una metafora medica, possono mitigare, curare, ma non guarire da una malattia endemica, che regolarmente riaffiora, con prepotenza,  qui e là.
Certo, bisogna anche distinguere  tra pace interna e guerra esterna ( su chi deve o meno portare e  usare le armi, eccetera). Però la chiusura mentale di Obama, e dei pacifisti come lui, è il portato di una credenza generalizzata che non distingue tra i due aspetti (pace interna/guerra esterna).  E che, cosa più grave ancora,  scambia  il fondamento antropologico (il “naturale” ricorso alla violenza”) con un fatto  culturale (la “costruzione sociale” della cultura guerriera).  Caduta la seconda, dicono giulivamente i pacifisti, cadrà anche la prima. La storia prova, purtroppo, che le cose stanno diversamente.  
Infine, la “costruzione sociale” di una cultura pacifista rischia di  facilitare inevitabilmente la vittoria sul campo  delle culture guerriere. Perciò quanto più si ingentiliscono i costumi - e qui sarebbe compito dello scienziato politico individuare la giusta soglia di “tolleranza” o "stratificazione" tra le due "culture" -  tanto più si rischia di finire vittime di nemici  ben armati,  aggressivi e senza scrupoli.  Come sta esattamente avvenendo.


Carlo Gambescia             

2 commenti:

  1. Caro Carlo, penna da sociologo sopraffino, non c'è che dire. Il presidente amerikano è sì figlio del pacifismo ottuso e insensato, ma invia droni a far stragi di innocenti, a quanto risulta dagli addetti ai lavori, che denota la viltà che ominicchi come Obana professano senza vergogna. Doppia faccia e senza scrupoli. In che mondo ci è capitato di vivere. Non ci resta che tenere l'inelletto sano e vigilare.

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  2. Grazie Angelo. Certo, i droni, i "guerrieri puliti" :-) . Il pacifismo non può non essere una contraddizione in termini, con la stessa natura umana. Che poi si vendica, anche in chiave vicaria: i droni, per l'appunto. Un abbraccio!

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