Un articolo di Umberto Silva
Sul
“Foglio” di mercoledì è apparso il
seguente ritratto di Papa Francesco, scolpito - non troviamo verbo migliore - da Umberto Silva, psicanalista e scrittore:
Povero Francesco, il suo viso non suggerisce Dio, il paradiso o chissà, è un volto stanco, ansioso di far qualcosa d’importante mentre sempre più faticosamente il tempo si annoda nelle mani delle Moire e la cupa Atropo è pronta a tagliarlo. (*)
Per
alcuni, dopo che ha rinunciato al sacro, ai grandi riti collettivi, che segnavano
la distanza tra la Chiesa
benedicente, sulla sedia gestatoria, e le folle, silenziose, sommesse e supplicanti. Dopo Pio
XII. Per altri, appena ha messo in discussione, seppure ancora timidamente, la sua
infallibilità, aprendosi alle profanità del sociale. Con Leone XIII. Per altri ancora, quando l’umanitarismo,
come passo ulteriore, rispetto all’apprezzamento del lavoro umano, in fondo fisiologico, è penetrato
nel cuore dogmatico della Chiesa. Con il Concilio Vaticano II.
Difficile
dire. I grande reazionari cattolici, se
reinterpretati alla luce della psicoterapia,
ci aiutano a ricondurre, le radici
dell’ansia, alla perdita dell’unità interna (Riforma) ed esterna ( Illuminismo e Rivoluzione francese). L’ansia, traducendo il pensiero di Joseph de Maistre in termini moderni, non
sarebbe altro che il frutto avvelenato della separazione tra cattolici e riformati,
tra Stato e Chiesa. Di qui, l’elogio della teocrazia, del dogma e del sacro
come recupero della perduta unità. Ma anche - ecco il punto - la conseguente l’ansia di "non
farcela".
Insomma, non
è facile capire le ragioni profonde dell’ansia che segna il volto di Papa
Francesco. Ne avanziamo una: ansia di
recuperare la "fusione" pre-moderna che però, proprio perché ci si è aperti al
moderno, non si può indicare come “meta” ufficiale. Con il “sospeso” che ne deriva, angosciante e angoscioso, che quanto più ci si integra nel moderno,
tanto più si allontana la sospirata riunificazione. Di qui, l’accettazione, prima provvisoria, poi (come
pare) definitiva, di quell’umanitarismo dolciastro che quanto più surroga l'antica unità,
tanto più la rimpiazza con un insieme di
credenze, valori, istituti e
comportamenti che sono l’esatto contrario dell'antica fede, compatta, senza se e senza ma.
È
un percorso in discesa, che, semplificando, piace, come è giusto che sia, ai moderni. Quindi
agevole, se non del tutto piacevole, perché
si svolge tra gli applausi delle folle assiepate ai lati del dolce declivio. Il che però
non significa che il Papa non sia in cuor suo consapevole della china. Di qui, quel volto ansioso e stanco. E quell’ansia di provare a “fermare il carro” facendo qualcosa di importante, come scrive Silva.
Forse gli sarebbe utile un miracolo. Ma Dio sembra tacere. E da un bel pezzo.
Forse gli sarebbe utile un miracolo. Ma Dio sembra tacere. E da un bel pezzo.
Carlo Gambescia
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