Consulta, fumata bianca, finalmente eletti i tre giudici grazie a un accordo politico
tra Pd e M5S
Abolire o riformare
la Corte Costituzionale ?
Vogliamo elevare il livello teorico? E uscire
dalle solite polemiche politichesi? Tipo, ha vinto questo, ha vinto
quello? Ora, l’accordo sui giudici per la Consulta tra Renzi e i pentastellati è frutto dell’inimicizia politica. Nel senso che la
politica non è (o comunque non solo) discorso
pubblico, ben argomentato, in grado di convincere l’avversario perché l’idea di bene comune, come spesso si legge, è evidente a tutti e si pone
al di là della destra e della sinistra. Magari lo fosse...
In realtà, l’essenza del politico, come ha scritto Julien Freund sulla scia
(fino a un certo punto) di Carl Schmitt,
è conflitto amico-nemico su idee
di bene comune che poi così comuni non sono. Certo, il conflitto può essere sublimato, nelle forme parlamentari,
quindi proceduralizzato e depotenziato, in qualche modo addolcito. Però conflitto resta. Ecco la grande lezione del realismo politico. Precisazione per i maliziosi: queste
nostre conclusioni varrebbero anche se i nomi per la Consulta fossero frutto di un accordo tra Renzi e Berlusconi.
Una cosa però è chiara: come la Corte Costituzionale ,
che sulla carta dovrebbe essere istituzione apolitica o meglio apartitica (nel senso di
essere al di sopra della parti), finisca in realtà per essere schiava e succube delle divisioni politiche. Si
dice, che i suoi membri non dovrebbero essere eletti dal Parlamento. E da chi allora? Dai giudici stessi? Dai filosofi?
Dagli storici? Come se l’inimicizia tra
gli uomini, legata in politica a idee differenti di bene comune, non "corrompesse", anche giudici, filosofi e storici. L'uomo è uno, anche in democrazia. E lottizza o si fa lottizzare, tanto per chiamare le cose con il loro nome.
Pertanto
delle due l’una: o si prende atto,
finendola con ogni ipocrisia, che chi
controlla, semplificando, la costituzionalità delle leggi, non è perfetto, e
che quindi le nomine, andrebbero “spartite” tra giudici che rappresentino i
legittimi interessi delle “minoranze
politiche”. Il che sarebbe “concretamente” liberale (equilibrio dei poteri, ma concreto, do you remember?) Oppure,
la si abolisca, prendendo atto che la neutralità affettiva e politica dei giudici
costituzionali è una pura e semplice leggenda normativista. E che così com’è, la Corte Costituzionale ,
non è altro che l’ennesimo teatro di una lottizzazione
interna alle istituzioni.
Insomma, per superare la lottizzazione interna che contraddistingue l’attuale
sistema, dove i partiti lottizzano, nascondendosi furbamente dietro un’idea di bene comune, in realtà non condivisa affatto ( e che, si badi bene, non esiste in "natura sociologica"), si dovrebbe puntare o
sulla lottizzazione esterna, istituzionale: ad esempio, governo (e
parlamento) di destra, corte costituzionale di sinistra e viceversa, o sull’abolizione
della Corte Costituzionale, perché pleonastica come la tv pubblica.
Ovviamente, esistono controindicazioni: nel primo caso, lottizzazione
esterna, il rischio è quello del conflitto istituzionale, e quindi della
paralisi, conflitto che però sarebbe manifesto, e che quindi
responsabilizzerebbe, circa la necessità di scatenarlo, maggioranza e opposizione; nel secondo caso, abolizione, il partito maggioritario,
non avrebbe altri freni se non quello, semplificando, dei tribunali ordinari,
spesso politicizzati e/o controllati dal Governo ( e qui si pensi all’esperienza,
non del tutto felice, dello Statuto Albertino).
Concludendo,
abolire la Corte Costituzionale ,
potrebbe non essere la soluzione dei nostri problemi, il che però vale anche
per l’attuale sistema. Che fare? Riformarla, nel senso qui indicato?
Forse. Sarebbe comunque un atto di
realismo. Realismo politico.
Carlo
Gambescia
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