La fiction al tempo
di Renzi
Il paradiso delle
signore
Tutti ricordano la televisione pedagogica del realismo sociale
catto-comunista che celebrava le
centocinquanta ore, le periferie romane e di
Caracas, predominante negli anni Settanta. Dopo venne quella disimpegnata, con qualche culo di
troppo, degli Ottanta. E infine la
televisione della “geeente”, che a dire il vero ancora ci perseguita, degli anni Novanta e
Duemila, dai dibattiti urlati a sfondo manettaro.
Ora però i tempi sono cambiati.
Hanno sdoganato il capitalismo, per decenni il nemico numero uno, perfino degli svitati di Drive In… È ufficiale. Dove? Come?
Quando? Il titolo è ripreso (con il al posto di al, a voler essere pignoli) da
un romanzo di Zola, non dei migliori: Il paradiso delle signore, in parte riscritto e ambientato nella Milano degli anni
Cinquanta. Sullo sfondo di una città calvinista qb e non ancora da bere. Dove tutti i sogni si possono avverare. In particolare, fra
le stigliature leccatissime di un grande magazzino. L’Italia riparte, il
capitalismo pure: signori signore e signorine
(commesse) in carrozza!
Diciamo che per i dialoghi gli autori hanno saccheggiato Liala.
Però la Marchesa Amalia Liana Negretti Odescalchi vendeva. E, anche qui, gli ascolti sono ottimi: il cuore delle masse non cambia ( e forse è meglio così). L’intreccio, ricorda Zola, quindi non è così
male. C’è però, ripetiamo, qualcosa di profondamente diverso, diverso dalle fiction con Bruno Cirino,
esangue maestro pasoliniano, ma con le mani a posto, alle "meglio gioventù" sempre politicamente
incazzate con padroni, questori e baroni. Che cosa? L’immagine
del capitalismo come sogno collettivo che può diventare realtà. E per tutti: dall’imprenditore serio, ovviamente con background americano, alla donna del Sud, femminista senza saperlo. Milano come nuovo mondo. Un' Italia targata Max Weber. Non la Milano nebbiosa o misteriosa di Guareschi e Buzzati, ma la Milano dinamica e solare dei pubblicitari futuristi. Senza camicia nera, però. Sono cose di cui scriveva Geminello Alvi,
venticinque anni fa, prima che smettesse di studiare...
Si esagera? Forse. Del resto
è la fiction al tempo di Renzi. Buona
visione a tutti.
Carlo Gambescia
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