"Legge di stabilità" e dintorni
Il diritto ai tempi di Renzi
Il diritto ai tempi di Renzi
Vale per Renzi, rispetto ai suoi predecessori,
il detto “poco se si considera, molto se lo compari”. Con i premiers e leaders che abbiamo avuto, specie negli ultimi anni, Renzi fa se
non un figurone, la sua figura.
Tuttavia se vi sono nell’attuale premier punte di superiorità, ce ne
sono, purtroppo, altre di continuità
(con i predecessori). Per cui malgrado il suo ben predicare vale, per esso e i
suoi sodali, il detto sui peli del lupo: che perde quelli ma non i vizi.
Arcinoti, per quanto ben occultati, (e pour
cause).
Prendiamo la “legge di stabilità”, attualmente
in discussione in Parlamento, e in particolare due articoli, che il governo
avrebbe fatto meglio a risparmiarci.
Il primo è l’art. 56 che reca norme di modifica
alla legge-Pinto, cioè quella che attribuisce un indennizzo ai cittadini
danneggiati dalla lentezza della giustizia, in applicazione della Convenzione
europea dei diritti dell’uomo. Il fine
evidente delle innovazioni è non solo il rendere più difficoltoso il ricorrervi,
ma ancor più, di limitare gli indennizzi. Così il risarcimento, riconosciuto
dalla Corte EDU (di Strasburgo) nel minimo
di € 1.000,00 per anno di “durata irragionevole” è ridotto al massimo di € 800,00, cioè meno del minimo liquidato dalla Corte internazionale.
Quindi quando a fronte delle pretese tributarie
il governo ripete “ce lo chiede l’Europa” bisogna intendersi: le suddette euro-sollecitazioni
valgono solo per i quattrini da arraffare, e non per quelli da pagare (specie
ai connazionali). Altre norme, peraltro confuse (nel fine evidente di essere
interpretate ad hoc) pongono ostacoli
ai richiedenti il risarcimento e allungano i termini (per il pagamento degli
indennizzi).
L’altro articolo è il 52 la cui altisonante
rubrica è “Disposizioni in materia di riduzione dei tempi di pagamento delle
PP.AA.”: dopo tale allettante proponimento l’articolo è quasi esclusivamente
dedicato: 1) a togliere sanzioni (peraltro, risulta, poco applicate) a carico
dei dirigenti che ritardano i pagamenti; b) a mettere le sanzioni suddette a
carico delle amministrazioni; c) e… a favore dello Stato (“con il provvedimento
d’irrogazione della sanzione è assegnato il termine perentorio di 30 giorni per
il versamento della somma all’entrata del bilancio dello Stato”). In altre
parole: se Tizio subisce danni, in alcuni casi fallisce, e in altri - più limitati per fortuna - si suicida
perché da anni aspetta di essere pagato dalla P.A., a beneficiare della
sanzione non è lo stesso danneggiato (o i suoi eredi) ma lo Stato, che incassa
il “corrispettivo”.
Per cui, a pagare in ritardo, in questo come in
altri casi consimili, c’è tutto da guadagnare. Ma se lo Stato ci guadagna a
ritardare, perché dovrebbe migliorare la puntualità dei pagamenti? Come
scrivevano grandi giuristi – tra gli altri Jhering e Carnelutti – è solo
coniugando l’interesse generale (al rispetto della norma) con quello
particolare che il meccanismo sanzionatorio è efficace: il sanzionando deve
avere l’interesse ad osservare il comportamento virtuoso perché in caso contrario vedrebbe o sacrificato (sanzione
afflittiva) o non gratificato il proprio interesse (sanzione premiale).
Ma la novità è relativa: il diritto ormai da
decenni è solo quello parlato. Norme
dalla finalità (e dalle rubriche) così ben intenzionate si rivelano le
coperture di scopi e pratiche opposte.
Come scriveva Tocqueville del diritto dell’ancien régime, a norme severe
corrispondevano pratiche fiacche; qui in Italia a proclami ben intenzionati
corrispondono precetti ispirati a scopo opposto. Fino a quando? Le leggi di
“stabilità” possono finire col generare situazioni pericolosamente instabili,
quando ai governati viene a mancare la pazienza.
Teodoro
Klitsche de la Grange
Teodoro Klitsche de la Grange è avvocato, giurista, direttore del trimestrale
di cultura politica “Behemoth" ( http://www.behemoth.it/ ).
Tra i suoi libri: Lo specchio infranto (1998), Il
salto di Rodi (1999), Il Doppio Stato (2001), L'apologia
della cattiveria (2003), L'inferno dell'intellettuale (2007), Dove va
lo Stato? (2009), Funzionarismo (2013).
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