giovedì 22 maggio 2014

Il libro della settimana: Italico Santoro e Cosimo Ceccuti ( a cura di), Europa e Stati Uniti. La sfida del mercato transatlantico ( Atti del seminario di studi, Firenze, Fondazione Spadolini Nuova Antologia, 29 novembre 2013) , Edizioni Polistampa  - Fondazione Nuova Antologia,  Firenze 2014,  pp. 94, Euro 10,00. 



Questo seminario fiorentino  dedicato  alla “sfida del mercato transatlantico”  piacerebbe a Friedrich List. Perciò ottima  idea, come del resto è meritoria consuetudine della Fondazione Spadolini Nuova Antologia, di raccoglierne  gli atti  ( Europa e Stati Uniti. La sfida del mercato transatlantico , Edizioni Polistampa).
Per quale  motivo?  Perché un’idea fondamentale, listiana,  attraversa  la raccolta.  Quale? Che l’alleanza atlantica, pur essendo il perno intorno al quale non può non girare la politica europea,  va  pensata nei termini di  un sano  realismo politico.  Ne segue un corollario, molto interessante:  quello di un liberismo interno all’alleanza  ma  vigile  all’esterno.   Come non pensare perciò all’idea listiana,  di doppio registro, politico ed economico? Nel senso di unirsi -  liberalizzando e privatizzando  -   all’interno,  per poi  difendersi meglio, guadagnando mercati ( e non solo),   all’esterno. Corriamo troppo? Non diremmo.   Nella raccolta,  il protezionismo  viene giudicato dai vari autori (economisti, internazionalisti,  politologi) non un bene assoluto, ma un male minore, sempre transitorio. Tesi che  List redivivo condividerebbe.  Ma veniamo ai singoli interventi
Infatti, Danilo Taino  non  nasconde   i pericoli di un blocco atlantico, troppo chiuso all’esterno; Alfredo Panarella, a sua volta,  teme  addirittura addirittura le “logiche da guerra fredda”;  Michele Bagella, si interroga sulla debolezza, dell’assetto istituzionale europeo rispetto alla maggiore coesione politica ed economica statunitense;  Giorgio Rebuffa -  senza togliere nulla alle altre,  la sua relazione è decisamente  affascinante - asserisce, senza mezzi termini, quanto  la necessità europea di  fare una scelta strategica precisa dipenda, purtroppo,  da una Germania, storicamente indecisa,  se guardare a  Est  o Ovest. Inoltre Rebuffa, acutamente,   mette a nudo  la volontà tedesca di puntare, per il momento, sull'   «egemonia mitteleuropea».   Suggestive, diremmo perfino potenti,  kissingeriane,  le conclusioni:  «Va detto però che il problema  resta anzitutto politico , di  decisione politica: “ il nodo di Gordio è sempre presente e attuale”, come scriveva Jünger. Se dunque la prospettiva atlantica può e deve ancora funzionare, ciò non sarà possibile che rendendo la Germania prigioniera dell’Occidente» (corsivi nel testo).
Cosimo Risi, affrontando la questione del contenzioso fiscale fra Svizzera e Stati Uniti, proietta  fasci di luce su  scenari vagamente orwelliani. Sono sciabolate, non sappiamo se intenzionali o meno,  che comunque condividiamo.  Rosario Altieri, pur ritenendo possibile l' incremento della forza competitiva europea,  non si fa troppe illusioni sui tempi del  rilancio economico, anche italiano:  soprattutto a causa delle dimensioni «poco significative» delle nostre aziende. Un «nanismo» che forse potrebbe essere superato  attraverso le «reti di impresa». Giustificatissime  le critiche di Giancarlo Tartaglia  ai difensori, soprattutto in ambito audiovisivo, di una fantomatica «eccezione culturale europea», dietro la quale, come tutti sappiamo,  si nasconde,  soprattutto in Francia (ma anche in Italia),  un coltivato parassitismo ai danni dell’erario. Che con la vera arte non ha nulla a che fare.  Infine Alia K. Nardini e  Adolfo Battaglia,  ritengono che le affinità (di valori e interessi) fra le due sponde dell’Atlantico  siano superiori alle differenze.  Di qui,  un «cauto ottimismo» (Nardini), ma anche la necessità di    «accelerare il processo» (Battaglia).
In conclusione, un bel volume, ricco di analisi, concrete, serie, realistiche. Che, ripetiamo, sarebbe piaciuto, a Friedrich List. E probabilmente anche Carl Schmitt,  maestro di realismo politico. Due tedeschi, capaci  di parlare al mondo. L’esatto contrario della Signora Merkel.  Che si ostina a parlare  solo ai connazionali.

Carlo Gambescia                   

       

2 commenti:

  1. Molto interessante, grazie a Carlo Gambescia. Si tratterebbe anche, credo, di ragionare su questo: la civiltà USA è omologa alla civiltà europea? Gli USA sono l'Europa scritta in grande? Personalmente, sono del parere di Desmond Fennell: no. Poi si può anche dire che è ora di smetterla con l'accanimento terapeutico, e di spegnere il respiratore alla veneranda civiltà europea, che ha già dato quel che poteva dare. Se si condivide questa tesi, che ha il suo perchè, il TTIP è un buon metodo per praticarle l'eutanasia. Si gradirebbe però, almeno, che ai cittadini europei si facesse firmare il consenso informato.

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  2. Io sto con Tocqueville... Che, in modo lucido e preveggente non escludeva i pericoli. Però...
    Comunque sia rispetto le tue idee... Un grande abbraccio.

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