Il libro della settimana: Italico Santoro e Cosimo Ceccuti ( a cura
di), Europa e Stati Uniti. La sfida del
mercato transatlantico ( Atti del seminario di studi, Firenze, Fondazione
Spadolini Nuova Antologia, 29 novembre 2013) , Edizioni Polistampa - Fondazione Nuova Antologia, Firenze 2014,
pp. 94, Euro 10,00.
Questo seminario fiorentino dedicato alla
“sfida del mercato transatlantico”
piacerebbe a Friedrich List. Perciò ottima idea, come del resto è meritoria consuetudine
della Fondazione Spadolini Nuova Antologia, di raccoglierne gli atti ( Europa e Stati Uniti. La sfida del mercato
transatlantico , Edizioni Polistampa).
Per quale motivo? Perché un’idea fondamentale, listiana, attraversa
la raccolta. Quale? Che l’alleanza
atlantica, pur essendo il perno intorno al quale non può non girare la politica
europea, va pensata nei termini di un sano realismo politico. Ne segue un corollario, molto interessante: quello di un liberismo interno all’alleanza ma vigile all’esterno. Come non pensare perciò all’idea listiana, di doppio registro, politico ed economico? Nel
senso di unirsi - liberalizzando e privatizzando - all’interno, per poi difendersi meglio, guadagnando mercati ( e non solo), all’esterno. Corriamo troppo? Non diremmo. Nella raccolta, il protezionismo viene giudicato dai vari autori (economisti,
internazionalisti, politologi) non un
bene assoluto, ma un male minore, sempre transitorio. Tesi che List redivivo condividerebbe. Ma veniamo ai singoli interventi
Infatti, Danilo Taino non nasconde
i pericoli di un blocco
atlantico, troppo chiuso all’esterno; Alfredo Panarella, a sua volta, teme
addirittura addirittura le “logiche da guerra fredda”; Michele
Bagella, si interroga sulla debolezza, dell’assetto istituzionale europeo
rispetto alla maggiore coesione politica ed economica statunitense; Giorgio Rebuffa -
senza togliere nulla alle altre,
la sua relazione è decisamente affascinante - asserisce,
senza mezzi termini, quanto la necessità
europea di fare una scelta strategica
precisa dipenda, purtroppo, da una
Germania, storicamente indecisa, se
guardare a Est o Ovest. Inoltre Rebuffa, acutamente, mette a nudo la volontà tedesca
di puntare, per il momento, sull' «egemonia mitteleuropea». Suggestive, diremmo perfino potenti, kissingeriane, le conclusioni: «Va detto però che il problema resta anzitutto politico , di decisione
politica: “ il nodo di Gordio è sempre presente e attuale”, come scriveva
Jünger. Se dunque la prospettiva atlantica può e deve ancora funzionare, ciò
non sarà possibile che rendendo la
Germania prigioniera dell’Occidente» (corsivi nel testo).
Cosimo Risi, affrontando la
questione del contenzioso fiscale fra Svizzera e Stati Uniti, proietta fasci di luce su scenari
vagamente orwelliani. Sono sciabolate, non sappiamo se intenzionali o meno, che comunque condividiamo. Rosario Altieri, pur ritenendo possibile l' incremento
della forza competitiva europea, non si fa troppe illusioni sui tempi del rilancio economico, anche italiano: soprattutto a causa delle dimensioni «poco significative»
delle nostre aziende. Un «nanismo» che forse potrebbe essere superato attraverso le «reti di impresa». Giustificatissime le critiche di
Giancarlo Tartaglia ai difensori, soprattutto
in ambito audiovisivo, di una fantomatica «eccezione culturale europea», dietro
la quale, come tutti sappiamo, si nasconde,
soprattutto in Francia (ma anche in
Italia), un coltivato parassitismo ai
danni dell’erario. Che con la vera arte non ha nulla a che fare. Infine Alia K. Nardini e Adolfo Battaglia, ritengono che le affinità (di valori e
interessi) fra le due sponde dell’Atlantico
siano superiori alle differenze. Di qui, un «cauto ottimismo» (Nardini),
ma anche la necessità di «accelerare
il processo» (Battaglia).
In conclusione, un bel volume,
ricco di analisi, concrete, serie, realistiche. Che, ripetiamo, sarebbe
piaciuto, a Friedrich List. E probabilmente anche Carl Schmitt, maestro di realismo politico. Due tedeschi,
capaci di parlare al mondo. L’esatto
contrario della Signora Merkel. Che si ostina a parlare solo ai connazionali.
Carlo Gambescia
Molto interessante, grazie a Carlo Gambescia. Si tratterebbe anche, credo, di ragionare su questo: la civiltà USA è omologa alla civiltà europea? Gli USA sono l'Europa scritta in grande? Personalmente, sono del parere di Desmond Fennell: no. Poi si può anche dire che è ora di smetterla con l'accanimento terapeutico, e di spegnere il respiratore alla veneranda civiltà europea, che ha già dato quel che poteva dare. Se si condivide questa tesi, che ha il suo perchè, il TTIP è un buon metodo per praticarle l'eutanasia. Si gradirebbe però, almeno, che ai cittadini europei si facesse firmare il consenso informato.
RispondiEliminaIo sto con Tocqueville... Che, in modo lucido e preveggente non escludeva i pericoli. Però...
RispondiEliminaComunque sia rispetto le tue idee... Un grande abbraccio.