lunedì 5 maggio 2014

Finale di Coppa Italia: spari, feriti e caos 
The show must go on



Ogni volta che ci scappa il ferito o il morto si torna a parlare degli ultrà. E soprattutto si torna  a chiedere misure sempre più dure verso un fenomeno,  dietro il quale  in realtà  si  nasconde  lo stesso bisogno che ha determinato il successo di programmi  come il  “Grande Fratello” e di certa televisione di intrattenimento: il bisogno di apparire pubblicamente, di essere famosi almeno per un giorno. Mescolato, ovviamente, a dosi crescenti di  violenza, dal momento che la violenza - preceduta da rituali collettivi e identitari -  rimane l’unico mezzo   del tifo ultrà   per essere al  centro dell’attenzione mediatica. 
Che fare? Vietare l’ingresso ai gruppi di tifosi organizzati? Misura che del resto, benché sul piano individuale, è già applicata con scarsi risultati. Oppure vietare le riprese televisive delle partite  a rischio? Il che però, per le società  calcistiche rappresenterebbe  una perdita economica secca.  Militarizzare gli stadi?  Per provocare,  come già avviene,  la risposta ancora più aggressiva  del tifo organizzato -  che non aspetta altro -   trasponendo   negli stadi  gli stessi  violenti  schemi (azione-reazione) delle battaglie di piazza? 
Insomma,  non scorgiamo  vie d’uscita.  Forse un rimedio, anche se parziale,  potrebbe essere quello  del  parlare meno di calcio.  E perciò  di  diminuirne  indirettamente  la  forza di attrazione sociale, prosciugando, per così dire,  l'acqua  in cui  nuotano gli ultrà.
Ma il calcio, come è noto, è un  business.   Di qui, l’impossibilità, come per  ogni altro prodotto economico, di rinunciare, da parte della società e dell’indotto ( calciatori, giornalisti, media, veicoli pubblicitari) alla commercializzazione. 
Ciò  significa, come del resto  si intuisce dai severi ma ipocriti titoli  dei  giornali,  che  il bisogno di apparire degli ultrà  continuerà a  esprimersi in modo violento, attirando su di  sé  la  reazione punitiva talvolta blanda, talaltra drastica -  secondo il  Ministro dell’Interno in carica -  della polizia.  Dal momento che the show must go on…  Perché, in fondo,  di spettacolo si tratta.  
Carlo Gambescia 


                                                   

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