Il titolo parla della mafia. Però lo sviluppo dell’articolo può apparire bizzarro. Per capire il riferimento il lettore deve avere la pazienza di seguirci fino in fondo…
Qual è logica che guida i mass media? Il successo. E da che cosa è determinato il successo? Dagli ascolti che si trasformano, se rilevanti, in crescenti introiti pubblicitari.
Perciò la logica mediatica – la sua motivazione principale – risiede nel denaro. È un bene? È un male?
Il problema non è tanto il denaro, uno dei pochi misuratori oggettivi dei valori sociali, quanto la natura abitudinaria dell’uomo. L’attitudine a reiterare un comportamento socialmente diffuso e perciò ritenuto degno di condivisione collettiva. Per ogni essere umano è più facile ripetere un’azione che inventarne una nuova. La pressione sociale dell’abitudine è fortissima.
Per capirsi: il politicamente corretto, non lo ha inventato la sinistra, ma risale almeno all’antico Egitto, come prova il fallimento di Akhenaton, faraone che tentò una riforma religiosa di tipo monoteistico, (o enoteistica: prevalenza di un dio sugli altri), sconvolgendo abitudini consolidate. Infatti a quel tempo il politicamente corretto rinviava al politeismo. Che reagì, dicono gli storici, vittoriosamente, grazie alle consolidate abitudini politeiste degli egiziani. Molti secoli dopo, al cristianesimo andò meglio. Ma solo per imporre, dopo la sua vittoria, un politicamente corretto di segno opposto a quello dell’antica Roma. In qualche misura il politicamente corretto è una specie di deriva sociale sempre in agguato: i vincitori di oggi sono gli sconfitti di domani, al politicamente corretto di oggi, si imporrà quello di domani e così via.
Cosa c’entra tutto questo con la logica del successo che guida i mass media?
Un passo indietro. A cosa può interessarsi la gente comune? A ciò che la riguarda da vicino e che quasi sempre non impone grandi sforzi di comprensione. In pratica, ciò che si ripete, pur su una superficie di morbosa quanto inutile curiosità. Pensiamo a quel fenomeno sociale che si chiama pettegolezzo: la chiacchiera indiscreta sul conto di qualcuno. Un comportamento che prima riguardava la società di corte, oggi la società di massa. Diciamo che, in sintonia con i tempi, si è democratizzato.
Di conseguenza l’impero del pettegolezzo che domina i mass media, e che di necessità viene rilanciato dagli stessi media in termini di logica del successo, rispecchia questa ripetizione del medesimo e del sempre uguale: un comportamento che tanto attrae gli esseri umani.
Attenzione: il lato costante, che si cela sotto il pettegolezzo, è l’abitudine, non il pettegolezzo in sé.
L’abitudine è la forma che non cambia mai, l’eterna fonte del politicamente corretto, basato sulle abitudini. Per contro i contenuti storici possono essere differenti: oggi si spettegola e ci si divide sui diritti degli animali, come un tempo sulla natura umana o divina di Cristo.
Perciò, e concludendo, ora si può capire perché, nell’epoca del pettegolezzo di massa, si parli da giorni del colore dei calzini di un boss mafioso appena arrestato.
Il che spiega il titolo di oggi: la mafia come pettegolezzo.
Carlo Gambescia
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