Impone alcune riflessioni la vicenda della bidella di 29 anni, Giuseppina Giuliano, che lavora in un istituto milanese, e che da settembre fa tutti i giorni la spola Milano-Napoli, dove risiede, perché, così dice, a Milano la vita sarebbe troppo cara.
La bidella, pardon “operatrice scolastica”, ha vinto un concorso pubblico, aspirava quindi a un posto statale, magari lontano da casa, ma per tutta la vita.
Qui un primo motivo di riflessione. In realtà le indagini ci dicono che i posti pubblici non sono più ambiti come un tempo: 1) perché poco retribuiti e senza prospettive di carriera; 2) perché il dipendente pubblico oggi gode di scarsa deferenza sociale.
Ciò però non significa – secondo motivo di riflessione – che le cose vadano meglio nel settore privato. Per quale motivo? 1) Perché il mercato del lavoro italiano è bloccato da numerosi vincoli che influiscono sul costo del lavoro rendendolo non competitivo e poco produttivo; 2) perché il mercato del lavoro risente di un sistema economico sostanzialmente basato sulle piccole imprese. Pertanto le scelte per un giovane – terza riflessione – sono due: o inventarsi una micro-impresa, farsi imprenditore, o restare lavoratore dipendente per tutta la vita svolgendo lavori poco retribuiti e di scarso ritorno sociale. Purtroppo, la distribuzione sociale dell’intelligenza e della volontà, che ha forma piramidale (o di fiasco, come la redistribuzione dei redditi), conferma che il rischio imprenditoriale è un lusso caratteriale che solo pochi possono permettersi. Figurarsi, come poi vedremo, quando il Pil non cresce o lo spazio economico addirittura si riduce.
Il che spiega quel restare alla finestra di molti giovani: si ha paura di sbagliare. E al fallimento si preferisce l’inazione. A questo dato psicologico si accompagna un’altra questione – sostanziale – di natura economica: il punto non è che i giovani perdono tempo perché sperano di “fare il lavoro dei sogni”, come ha dichiarato quel pozzo di scienza di Giorgia Meloni. Ma che i giovani sono in qualche misura marginalizzati da un’ economia che non cresce e che di conseguenza non investe e non crea opportunità di lavoro in quanto tale: dipendente e indipendente. Si tratta insomma di una dura questione di Pil.
Pertanto la vicenda della “bidella pendolare” è un fenomeno sociale per un verso in controtendenza: la scelta di un lavoro pubblico, nonostante lo scarsa appetibilità confermata dalle indagini. Per l’altro, conferma la tendenza storica, agli atti da più di un secolo, circa la provenienza del dipendente pubblico da zone depresse, in quanto soggetto sociale alla ricerca di uno stipendio sicuro, nonché di uno status, che oggi però, come detto, non è più socialmente tale.
In qualche misura Giuseppina Giuliano, appartiene a una vecchia Italia che piano piano sta scomparendo: quella del posto pubblico e fisso. Purtroppo non si scorge ancora la nuova Italia delle opportunità e di un mercato privato capace di crescere insieme all’economia.
Cosa vogliamo dire? Che In italia, con un Pil, pur tra alti e bassi, ai minimi termini da un paio di decenni, la scrematura dei lavori, in una società comunque altamente scolarizzata, si rivolge inevitabilmente verso i gradini inferiori della scala, verso lavori meno appetibili, socialmente ed economicamente, per laureati e diplomati, o comunque per soggetti scolarizzati.
Come si può intuire se il Pil cresce il ventaglio delle scelte si allarga, se decresce si riduce.Tertium non datur.
Carlo Gambescia
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