Dopo la
sconfitta in Sicilia
Il tramonto di Renzi
Ieri sera in tv Renzi non è apparso al suo meglio. La batosta siciliana ha avuto il suo peso. E anche la possibilità, non così remota, di un tramonto politico, almeno per ora, dopo solo un quinquennio, per giunta vissuto pericolosamente.
In realtà, se si vuole discutere sul serio di politica, il vero problema da indagare resta un altro: quanto l’ex premier abbia creduto nel progetto iniziale di trasformare il Pd non tanto in una sinistra moderna e normale, idea condivisa anche dai suoi avversari ( Il D’Alema 1998, quando era al governo, diceva le stesse cose del Renzi 2014), quanto nella possibilità di ricompattare il Pd intorno a un’idea maggioritaria della dialettica politica destra-sinistra.
In realtà, se si vuole discutere sul serio di politica, il vero problema da indagare resta un altro: quanto l’ex premier abbia creduto nel progetto iniziale di trasformare il Pd non tanto in una sinistra moderna e normale, idea condivisa anche dai suoi avversari ( Il D’Alema 1998, quando era al governo, diceva le stesse cose del Renzi 2014), quanto nella possibilità di ricompattare il Pd intorno a un’idea maggioritaria della dialettica politica destra-sinistra.
La
differenza - se si vuole il capitale
iniziale, poi svanito o quasi - tra Renzi e i suoi avversari di sinistra verteva su una importante questione di “struttura”. Ci spieghiamo meglio: tra l’idea renziana di
un Pd, forte e compatto, maggioritario, capace di inglobare al suo interno, il
centro e la sinistra e l’idea dei suoi oppositori di un’alleanza ulivista,
debole e divisa, magari anche vincente, ma poi incapace di governare mettendo d'accordo tutte le componenti partitiche.
Sicché,
opponendosi al disegno unitario renziano, per ora vittoriosamente, i suoi oppositori, una
volta conquistato il partito, rischiano di ritrovarsi tra le mani una scatola vuota. Con un' inevitabile corollario nei contenuti politici. Quale? Che, pur di sopravvivere, non
potranno non inseguire, giocando al
rialzo, il populismo grillino. E se le
cose dovessero andare così, perché gli ex
elettori di sinistra, dovrebbero votare
D’Alema, Bersani e Franceschini? Molto meglio l’originale.
Naturalmente
Renzi ha commesso errori, strategici e
tattici, a cominciare da quello
gravissimo della personalizzazione, che per un verso poteva aiutare, ma per l’altro rischiava,
come poi è stato, di tramutarlo in capo espiatorio, consentendo agli orfani dell’antiberlusconismo di coalizzarsi
di nuovo, ma contro di lui.
Tra gli errori tattici vanno ricordati, in primo luogo, il non essere andato subito al voto dopo la sconfitta referendaria, dimettendosi, ma "infilando" moralmente gli avversari di contropiede.
In secondo luogo, il non aver puntato su una legge maggioritaria, stroncando le illusioni dei suoi oppositori ulivisti, proporzionalisti e coalizionisti. Purtroppo ha pesato, stando a chi lo conosce bene, il suo temperamento femmineo, dai tratti talvolta isterici, viziato da un egocentrismo, spesso irrefrenabile, che inevitabilmente ha influito sul piano politico-organizzativo: non è mai bene circondarsi di yes-man, tesi ad appagare il bisogno di apparire a ogni costo "del capo".
Nonché, in terzo luogo, va ricordata, la sua correlativa incapacità, paradossale per un istrione politico, di dissimulare questi difetti, dote di grande utilità, soprattutto a sinistra, dove il tasso di idealismo è ragguardevole e le forme della retorica politica hanno la loro importanza.
In secondo luogo, il non aver puntato su una legge maggioritaria, stroncando le illusioni dei suoi oppositori ulivisti, proporzionalisti e coalizionisti. Purtroppo ha pesato, stando a chi lo conosce bene, il suo temperamento femmineo, dai tratti talvolta isterici, viziato da un egocentrismo, spesso irrefrenabile, che inevitabilmente ha influito sul piano politico-organizzativo: non è mai bene circondarsi di yes-man, tesi ad appagare il bisogno di apparire a ogni costo "del capo".
Nonché, in terzo luogo, va ricordata, la sua correlativa incapacità, paradossale per un istrione politico, di dissimulare questi difetti, dote di grande utilità, soprattutto a sinistra, dove il tasso di idealismo è ragguardevole e le forme della retorica politica hanno la loro importanza.
Al
nuovo Pd maggioritario, capace di conciliare elettoralmente moderati e progressisti, ciò che l’ex premier inizialmente aveva in mente, sarebbe servito un Renzi decisionista ma dai modi umili, come Berlinguer. Insomma, pugno di ferro in guanto di velluto. E
purtroppo gli errori si pagano.
Carlo Gambescia