giovedì 16 novembre 2017

   "Accordo sul clima"
      Cara signora Merkel, 
perché non darsi all'astrologia? 
                


“Quella del clima è una sfida centrale per il mondo, una questione di destino dell'umanità”. Così  Angela Merkel  alla conferenza mondiale del clima dell'Onu.  Di più:  “Il nostro messaggio è che noi vogliamo proteggere il pianeta”.
Se non fosse una cosa seria  - non la  "socio-climatologia"  ma le dichiarazioni della  signora Merkel -  non sarebbe necessario alcun commento.   Ma  qual è il lato serio, se non tragico,  racchiuso in una dichiarazione del genere? La risposta non è facile, perché rinvia almeno a due livelli socio-cognitivi che riguardano la rappresentazione collettiva denominata  "questione climatica". 

Il controllo sociale  della paura
Da un lato, abbiamo  la forza sociale, in sé, delle rappresentazioni collettive,  né vere né false (comunque sia, scientificamente non  provate), che, nonostante ciò  finiscono per influenzare le decisioni politiche sotto la pressione dei  fenomeni di folla, segnati dal contagio psichico, prodotto da stereotipi collettivi. 
Dall’altro, si evidenzia  l’uso strumentale che viene fatto dalle stesse rappresentazioni collettive,  dal punto di vista dell’agenda politica, che  ne capta i contenuti in chiave legislativa, pur di trasformare in consensi e soprattutto voti, una questione, come quella del clima,  scientificamente indeterminata, ma auto-rappresentata collettivamente  come fonte di pericoli per l’umanità.
Questi due fenomeni, della paura (irrazionale)  dal basso,  e del controllo (pseudo-razionale) dall’alto, rischiano però di rafforzarsi vicendevolmente. Come?  Avviando un meccanismo a spirale, dai  pericolosi risvolti totalitari (in prospettiva), dei controlli, delle burocrazie, delle tasse, masochisticamente, accettate dal “popolo sovrano”, per pura paura, come un tempo si evocavano, sempre a livello di auto-rappresentazioni collettive, le punizioni divine. 

Dinamiche sociologiche, non complotti
Ovviamente,  non c'è alcun complotto, siamo davanti a dinamiche sociologiche, innescate dalla pretesa costruttivista di rispondere a una questione promossa "sul campo",  come  "sociale",   nel caso  quella climatica.
Un fenomeno, quello del clima, che dal punto di vista della logica induttiva, statistica, rinvia inevitabilmente a  una base osservativa ristrettissima: i dati numerici, non narrativi, sulle variazioni climatiche sono temporalmente limitati rispetto all’intera storia dell’umanità.  Il  che  non permette alcuna previsione, se non in chiave di modelli matematici, quindi deduttivi, astratti, di scenario, ulteriormente semplificati dai media (come nella foto sopra);  modelli, privi di affidabilità,  perché possono  mutare, per così dire, in base all’impostazione di un algoritmo.  Per dirla, con il grande Pirandello: “Così è (se vi pare)”. 
Certo, si può fare, per così dire, la media della media, ma sempre  non discostandosi da quella base osservativa ristretta, che rispecchia, nella migliore delle ipotesi (ossia depurata da inflessioni ideologiche), il presente.  Una dimensione temporale,  che potrebbe cambiare, proprio perché tale, prendendo direzioni imprevedibili (a prescindere dalla loro positività o negatività) e quindi non facilmente “controllabile” dall’alto, come  presuntuosamente auspica la signora Merkel. 

Costruttivisti e digressione
Ecco perché abbiamo parlato di risposte politiche pseudo-razionali. Non si può controllare tutto. Come invece auspicano i costruttivisti sociali: fascisti, comunisti, socialisti, ecologisti, eccetera. Coloro che si impongono di costruire e ricostruire le società a tavolino.  Questo tipo di logica deduttivista-induttivista  può essere esteso alla cosiddetta sociografia, che a differenza della sociologia che si occupa delle forme sociali costanti, si è trasformata in ancella del welfare state, pretendendo di studiare contenuti sociali, sempre variabili, sulla base di indici statistici di scenario, priva di qualsiasi consistenza reale.  E il peggio è che sulla base di queste inconsistenti categorie statistiche, si varano misure e leggi  che restringono la libertà dei cittadini.
Piccola digressione: un amico Stefano Borselli, tempo fa,  mi chiedeva di interpretare alcuni dati statistici, da lui estrapolati,  sulla  cosiddetta crisi del ceto medio.  Ora, il vero punto è che  basta inserire in un' indagine empirica una  piccola variazione reddituale, per favorire un' interpretazione ottimista o pessimista del fenomeno. Come uscire dall'impasse? Si potrebbe  lavorare  non tanto sui redditi (contenuti, trasformati in cifre, sempre variabili),  ma sugli stili di vita (forme, che invece hanno lunga durata), che, quando si dice il caso,  attestano che il ceto medio invece di sgretolarsi,  vive e lotta insieme a noi.  Fermo restando,  che gli "stili di vita" andrebbero poi  in qualche modo quantificati...  Insomma, trasformati in quantità, sempre  a rischio di manipolazione.  

Molto meglio l'astrologia
Concludendo, paradossalmente, rispetto alla sociografia, anche climatica, rischia di essere più coerente, l’astrologia, alle cui basi vi sono “tipi” (i segni), ovviamente inventati, ma che implicano, la ripetizione, al loro interno. In qualche misura,  l’astrologia è un sapere "rigorosamente" deduttivo, che non oscilla, come  certa climatologia “ambientalista” tra deduttivismo matematico (su basi modellistiche) e  induttivismo statistico (su basi ristrette).
Insomma, si scherza con il  fuoco sociale.  Anche la  signora Merkel,  come il famigerato  apprendista stregone, rischia di assecondare  forze collettive,  totalmente irrazionali,  ben più pericolose di quelle delle natura. Forse farebbe figura migliore se si dedicasse  all'astrologia...  

Carlo Gambescia