World Press Photo 2017
Le foto di scena
di Burhan Özbilici
Burhan Özbilici, fotografo turco, ha vinto il World Press Photo di quest’anno. Riprendiamo
la notizia dalla “ Stampa” (*),
I suoi scatti hanno
immortalato l’esecuzione dell’ambasciatore russo, Andrei Karlov, in una galleria d’arte di Ankara, sotto i colpi di un colletto bianco della polizia,
forse affiliato all’Isis, Mevlut Mert Alrintas. Motivo: per protesta
contro intervento russo in Siria.
Le foto sembrano di scena, per quanto sono tecnicamente perfette. Troppo. E non
poteva essere così, anche a detta del fotografo, per le condizioni ambientali, assolutamente ideali, che ricordavano quelle di un set. Insomma, sono foto che
sembrano più vere di quel che appaiono. Si potrebbe addirittura parlare di iper-realtà, per dirla con uno sciamano della sociologia, Baudrillard. Siamo davanti a qualcosa che appare più reale della realtà stessa. Al punto che si rischia l'effetto hollywood.
Tutti conoscono le paginette di Benjamin, comunista dal cuore aristocratico, sulla fotografia come moderno strumento seriale di riproduzione della
realtà in una società di massa. Özbilici però, riproduce la morte, che è un fatto unico,
almeno per l’ambasciatore, nonché si sofferma sullo sguardo allucinato, altrettanto unico,
dell’assassino (ogni allucinato è allucinato a modo suo, come la famose famiglie di Tolstoj).
La serialità di una riproduzione tecnica s’incontra con l’unicità
di un evento. Diciamo, però, nel posto sbagliato: un leccatissimo vernissage, con tutte le luci negli angoli giusti. Che dire? Troppo belle per essere vere.
Raccontano, per fotogrammi, un
film, non la realtà. Che poi quegli eventi siano realmente accaduti è un’altra
storia…
La foto di Özbilici
non andavamo premiate. Sono all'altezza di un Book. E neppure per sua colpa: Özbilici si è trovato lì, e non poteva non scattare. Ovviamente, questo nostro giudizio, può avere valore solo dal punto di vista dell’ arte fotografica. Non da quello etico-politico, della foto come pedagogica stigmatizzazione pubblica di un
atto terroristico. Ma la fotografia è una
cosa, la politica un’altra. O no?
Carlo Gambescia