Laurea honoris causa per il regista e comico romano
Verdone
erede
di Alberto Sordi?
Ieri
Carlo Verdone ha ricevuto dall’Università di Tor Vergata la laurea honoris causa in Beni culturali. Auguri. Va ricordato
che ne aveva già una “vera” in Lettere. Subito però il nostro pensiero è
andato ad Alberto Sordi. E spieghiamo perché.
Non
è sbagliato supporre, come si dice, che
il regista e attore romano sia l’erede di “Albertone”. Con
una differenza, non da poco, però:
Verdone ha una patina culturale che Sordi non aveva. Patina: qualcosa di
superficiale, tra l’orecchiato, nelle frequentazione familiari e successive, i resti di svogliati studi universitari,
comunque condotti a termine, il tutto mescolato
agli idola di certa sinistra alto-borghese, cinica senza darlo a vedere, che si riconosce in
Gentiloni piuttosto che in Renzi. Insomma, Verdone non è
colto, è istruito. E la cultura, quella vera, è sensibilità e curiosità.
In
fondo, se si ripercorre l' intera
produzione di Verdone, ci si trova sempre davanti lo stesso film
“sull’imbranato”: cambiano ruoli e professioni, dal prete al sottoproletario,
dal professore al marito separato, ma la musica è sempre la stessa. La
comicità, di regola, ha una pericolosa
deriva ripetitiva. E il bello, anzi il brutto, è che il pubblico di massa, quello che paga il biglietto, non se ne accorge.
Il cinema di Sordi risulta invece più ricco, sia del punto di vista dei personaggi, sia da quello delle contraddizioni morali e dei determinismi sociali. Infatti, non tutti i film di e con Sordi sono piaciuti al cosiddetto largo pubblico. L’insuccesso al botteghino, dal punto di vista squisitamente artistico, non sempre è un cattivo segno. Insomma, i titoli accademici e l’ambiente non sempre fanno gli uomini. Sordi, senza essere molto istruito, era sensibile e curioso. Diversamente colto, si potrebbe dire. Aveva una finezza artistica che Verdone non possiede. Anche se, va detto, “Albertone” di lauree ad honorem ne ricevette due, ma a un anno dalla morte...
Il cinema di Sordi risulta invece più ricco, sia del punto di vista dei personaggi, sia da quello delle contraddizioni morali e dei determinismi sociali. Infatti, non tutti i film di e con Sordi sono piaciuti al cosiddetto largo pubblico. L’insuccesso al botteghino, dal punto di vista squisitamente artistico, non sempre è un cattivo segno. Insomma, i titoli accademici e l’ambiente non sempre fanno gli uomini. Sordi, senza essere molto istruito, era sensibile e curioso. Diversamente colto, si potrebbe dire. Aveva una finezza artistica che Verdone non possiede. Anche se, va detto, “Albertone” di lauree ad honorem ne ricevette due, ma a un anno dalla morte...
Diciamo
che Verdone risulta sopravvalutato. Vince al box office, ma fa sempre lo stesso film. L’uomo non ha neppure grande acume, altrimenti avrebbe rifiutato di apparire ne La grande bellezza, per recitare la
parte di uno scrittore, quando si dice caso, “imbranato”. Sorrentino, per
dirla alla romana (pardon), lo ha preso per il culo… Ed è passato (da Hollywood) all’incasso. E Verdone, nemmeno se n'è accorto. Oppure ha fatto finta, perché gli conveniva l’effetto
band-wagon. Sordi non era un ingenuo, ma ragionava da battitore libero.
Politicamente "Albertone" tifava per la balena democristiana e in particolare per Andreotti: un Richelieu autentico, altro che Gentiloni… Sordi non
aveva simpatie fasciste. E
neppure comuniste. Era un moderato, assai lontano
dal birignao dei salotti di
sinistra che fanno ironia sui salotti di sinistra.
Parliamo di un attore che ha interpretato, da grandissimo protagonista, il più bel film sull’Otto Settembre, il comenciniano “Tutti a casa”: una specie di “Roma città aperta” con attori professionisti e un occhio antropologico all’Italia di De Gasperi, quella della rinascita. Quando il tenente Innocenzi (Sordi) si mette alla mitragliatrice e inizia a sparare, chi scrive si commuove regolarmente.
Parliamo di un attore che ha interpretato, da grandissimo protagonista, il più bel film sull’Otto Settembre, il comenciniano “Tutti a casa”: una specie di “Roma città aperta” con attori professionisti e un occhio antropologico all’Italia di De Gasperi, quella della rinascita. Quando il tenente Innocenzi (Sordi) si mette alla mitragliatrice e inizia a sparare, chi scrive si commuove regolarmente.
Verdone un film così, non lo girerà
mai.
Carlo
Gambescia