Fake news
Abbassare i toni, no?
In linea di principio non
esistono fake news, esistono rappresentazioni "mediatiche" delle notizie,
rappresentazioni che rinviano a interpretazioni dettate da pre-assunti conoscitivi ideologici e materiali. Semplificando, da pre-giudizi: dalle idee
politiche alle simpatie umane, dagli
interessi economici ai sociali, eccetera, eccetera.
Si dirà, tra pregiudizi e false notizie costruite a tavolino c'è comunque una differenza. Certamente. Tuttavia la classica distinzione tra fatti e notizie, spesso giustamente evocata, rinvia a una visione etica del giornalismo, al dover essere delle cose non al come sono, e perciò sta ai giornali, purtroppo, come i dieci comandamenti stanno alla società.
Ciò però non significa che sia una distinzione inutile. L’esistenza di un’idea regolativa (del giornalismo), trasposta in norme giuridiche e morali, e la presenza di un gruppo sociale (i giornalisti) che se ne fa interprete e garante, sono due fenomeni comuni a ogni sfera sfociale, dalla politica all'economia, dalla religione alla cultura: società, istituzioni, gruppi si auto-organizzano, per ragioni funzionali e così garantire un'ordinata (o quasi) prassi sociale. Regole e organizzazioni mitigano i conflitti. Che comunque non possono essere espunti con colpo di bacchetta magica. Diciamo che è una questione di misura: di intensità del conflitto che, seguendo le regole dell' escalation, rischia sempre di trasformare il pregiudizio, che esiste socialmente a prescindere, in costruzione e diffusione di false notizie per danneggiare un avversario tramutato in nemico, talvolta assoluto.
Si dirà, tra pregiudizi e false notizie costruite a tavolino c'è comunque una differenza. Certamente. Tuttavia la classica distinzione tra fatti e notizie, spesso giustamente evocata, rinvia a una visione etica del giornalismo, al dover essere delle cose non al come sono, e perciò sta ai giornali, purtroppo, come i dieci comandamenti stanno alla società.
Ciò però non significa che sia una distinzione inutile. L’esistenza di un’idea regolativa (del giornalismo), trasposta in norme giuridiche e morali, e la presenza di un gruppo sociale (i giornalisti) che se ne fa interprete e garante, sono due fenomeni comuni a ogni sfera sfociale, dalla politica all'economia, dalla religione alla cultura: società, istituzioni, gruppi si auto-organizzano, per ragioni funzionali e così garantire un'ordinata (o quasi) prassi sociale. Regole e organizzazioni mitigano i conflitti. Che comunque non possono essere espunti con colpo di bacchetta magica. Diciamo che è una questione di misura: di intensità del conflitto che, seguendo le regole dell' escalation, rischia sempre di trasformare il pregiudizio, che esiste socialmente a prescindere, in costruzione e diffusione di false notizie per danneggiare un avversario tramutato in nemico, talvolta assoluto.
Sotto quest'ultimo aspetto, il fenomeno delle fake news, non è nuovo. Chi conosce la storia
del giornalismo, sa benissimo come sia costellata di episodi che illustrano i tentativi di danneggiare gli avversari politici. Le false notizie, secondo un celebre studio di Marc Bloch, storico
francese, toccano il punto massimo, nei
periodi di alta conflittualità, come le guerre.
Qual
è allora la differenza tra le "classica" falsa notizia e le "moderne" fake news? Crediamo sia principalmente dettata da tre fattori: 1) il
ritorno di una conflittualità politico-sociale, che assomiglia molto a quella
bellica; 2) la potenza delle nuove tecnologie mediatiche, che azzera ( o quasi), sul piano veicolare, ogni distanza
tra gruppi professionali e il resto della società; 3) il pericoloso dilatarsi, per
le ragioni tecnologiche al punto due, di
una credulità di una massa che ha radici nel comportamento sociale dell’uomo, contraddistinto, soprattutto a livello di
grandi collettività emulative, più dal credere
che dal capire.
Esistono
rimedi? Probabilmente, se la politica,
che di norma, e per fortuna, è fatta da pochi, e che quindi dovrebbe trarre alimento più dal capire che
dal credere, si ponesse il problema di ridurre i livelli di conflittualità, il “valore” polemico delle fake news diminuirebbe immediatamente.
Invece,
oggi, siamo al punto, che, spesso, le false notizie sono usate, e largamente, da quella stessa politica, che dovrebbe “capire”, e perciò tenersi alla larga dalle bufale. Che, mai dimenticarlo, sono armi a doppio taglio: perché le fake news rischiano di minare insieme alla credibilità del diretto avversario
politico il buon nome del sistema politico
stesso. Sicché, il “vincitore” al gioco "del chi le spari più grosse", rischia alla fine di ritrovarsi sprofondato tra le macerie…
Non
crediamo però che i divieti possano funzionare. Anzi su di essi, i “facitori”
di fake, per effetto di trascinamento mediatico, costruirebbero subito la “falsa
notizia” di un "complotto del sistema" contro la libertà, che rimbalzando da un
lato all’altro dell’etere, minerebbe la residua credibilità delle istituzioni
liberali, che sono alla base della libertà di stampa e di opinione. E perciò anche di quella del cretino complottista.
Carlo
Gambescia
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