La tragedia dei cinque argentini uccisi nell'attentato di New York
Il monumento
al Turista Ignoto
al Turista Ignoto
Nell’immaginario
occidentale il Milite Ignoto rappresentava, ai suoi inizi, il simbolo
del supremo sacrificio per la patria, quello della
vita, del più oscuro fante. Nel tempo, soprattutto dopo il
1945 (con avvisaglie nella guerra precedente), si è iniziato a scorgere in esso, da sinistra soprattutto, la povera e inconsapevole vittima di una vergognosa ideologia guerrafondaia, che abbracciava
vincitori e vinti, fascisti e antifascisti, soprattutto se liberali e anticomunisti.
Piano
piano, soprattutto dopo la
decolonizzazione e il 1968, anno delle rivolte studentesche, “anche”
contro il conflitto in Vietnam, la guerra
è stata espulsa dall’agenda
politica, in particolare europea e confinata-sublimata al cinema e nei giochi
elettronici o di gruppo, dove si muore per finta. Nel frattempo, le guerre, quelle vere, non sono finite. Anzi... Però è cambiato l’approccio.
Innanzitutto, non si usa più la parola guerra, si parla di operazioni di
“polizia” o quasi, a termine, rispettose delle regole umanitarie, rivolte a riportare la pace. Inoltre, complice la tecnologia, si evita di combattere sul terreno. La
perdita anche di un solo soldato viene giudicata come irreparabile. Quanta acqua è passata sotto i ponti, dalle grandi battaglie della “Grande Guerra”! Quando in un solo giorno cadevano, sui
due fronti, come in Francia, centinaia di migliaia di soldati!
Ovviamente, in noi non c'è alcun sentimento di compiacenza. Sia chiaro. Però, non può essere non sottolineato che si è passati da un eccesso all'altro: il militare oggi viene presentato da mass media come un uomo di pace. Una specie di vigile del fuoco. O nella peggiore delle ipotesi, un poliziotto, che, come impone regolamento, esploda più di un colpo in colpo in aria. E che, soprattutto, eviti di ferire o uccidere.
Ovviamente, in noi non c'è alcun sentimento di compiacenza. Sia chiaro. Però, non può essere non sottolineato che si è passati da un eccesso all'altro: il militare oggi viene presentato da mass media come un uomo di pace. Una specie di vigile del fuoco. O nella peggiore delle ipotesi, un poliziotto, che, come impone regolamento, esploda più di un colpo in colpo in aria. E che, soprattutto, eviti di ferire o uccidere.
Qual
è il paradosso politico di questa situazione? Che
nella guerra contro l’Islam, attualmente in corso, che però il pacifismo
politico dei nostri dirigenti non vuole
riconoscere come tale, non cadono più, quelli che potremmo chiamare
pomposamente i soldati
dell’Occidente. E chi muore
allora? Il turista. Chi viaggia per divertirsi, chi fa shopping, jogging, passeggia amabilmente, guarda le
vetrine,compre regalini, prende il sole e scruta il mare in lontananza, fa
fotografie, va per mercatini. Per fare solo un esempio, l'ultimo: a New York, nell’attentato dell’altro
ieri, sono morti cinque turisti argentini che si divertivano correndo in
bicicletta.
La
politica, la stessa che si vergogna di chiamare le cose con il loro nome, gioca sulla legge dei grandi numeri - del resto, per ora, il numero dei turisti
caduti, non supera quello dei morti per incidenti stradali... - e sulla passività di una popolazione che rifiuta
di pensare la guerra e che vuole solo divertirsi. Il che - divertirsi - non è sbagliato, ci mancherebbe altro, ma va
difeso. Con le armi quando occorre, anche a costo di perdite umane.
E
invece, da perfetti incoscienti collettivi - dal momento che si tratta di un sentimento diffuso tra le gente - si pretende che il nostro stile di vita non cambi, senza
però fare nulla per difenderlo da chi si impone come unico scopo nella vita, vantandosene addirittura, come l'attentatore di New York, di schiacciarci come insetti nocivi.
Strano
che finora nessuno abbia pensato a celebrare il turista ignoto, o quasi, con un bel monumento. Probabilmente perché, la guerra che nessuno
però chiama guerra, è appena agli inizi. Ma anche per un’altra ragione: un
monumento al turista ignoto
richiama, troppo apertamente, l’antico
immaginario, definito bellicista, dalla
predominante mentalità pacifista.
A parte alcune misure di polizia - come se i
terroristi fossero non soldati nemici, ma criminali
comuni - che non potevano non essere prese, si confida, collettivamente, nel fatto che la tempesta prima o poi passerà da sola. Si stancheranno, si ripete.
Nel
frattempo però, come un tempo si ordinava ai fanti di uscire dalla trincea e attaccare, oggi, si
ordina al
fante-turista, di saltare fuori, in bermuda a fiori, dalle trincee domestiche, per combattere a colpi di pacchetti-vacanze un nemico sordo, armato e animato da un odio feroce.
Chi
vincerà?
Carlo Gambescia