giovedì 2 novembre 2017



La tragedia dei cinque argentini uccisi nell'attentato di New York
Il monumento 
al Turista Ignoto



Nell’immaginario occidentale il Milite Ignoto rappresentava, ai suoi inizi,  il simbolo del  supremo sacrificio per la patria,  quello della vita,  del più oscuro fante.  Nel tempo, soprattutto dopo il 1945 (con  avvisaglie  nella guerra precedente),  si è  iniziato a scorgere in esso,   da sinistra soprattutto,   la povera e inconsapevole vittima di una vergognosa  ideologia guerrafondaia, che abbracciava vincitori e vinti, fascisti e antifascisti, soprattutto se  liberali e anticomunisti.  
Piano piano, soprattutto dopo la  decolonizzazione e il 1968,  anno delle rivolte studentesche, “anche” contro il conflitto in Vietnam,   la guerra  è  stata espulsa dall’agenda politica, in particolare europea e confinata-sublimata al cinema e nei giochi elettronici o di gruppo, dove si muore per finta. Nel frattempo, le guerre, quelle vere,  non sono finite. Anzi... Però è cambiato l’approccio.  
Innanzitutto, non si usa più  la parola guerra,  si parla di operazioni di  “polizia” o quasi,  a termine, rispettose delle regole umanitarie,  rivolte a riportare la pace. Inoltre,  complice la tecnologia,  si evita di combattere sul terreno. La perdita anche di un solo soldato viene giudicata come irreparabile. Quanta acqua è passata sotto i ponti, dalle grandi battaglie della “Grande Guerra”!  Quando in un solo  giorno cadevano, sui due fronti, come in Francia, centinaia di migliaia di soldati!
Ovviamente,  in  noi non c'è alcun  sentimento di compiacenza.  Sia chiaro.  Però, non può essere non sottolineato che  si è passati da un eccesso all'altro: il militare oggi viene presentato da mass media  come un uomo di pace. Una specie di vigile del fuoco. O nella peggiore delle ipotesi, un poliziotto, che, come impone regolamento, esploda  più di un colpo in  colpo in aria. E che, soprattutto, eviti  di ferire o uccidere.
Qual è il paradosso  politico  di questa situazione?  Che nella guerra contro l’Islam, attualmente in corso, che però il pacifismo politico dei nostri dirigenti   non vuole riconoscere come tale, non cadono più, quelli che potremmo chiamare pomposamente i soldati  dell’Occidente.  E chi muore allora? Il turista.  Chi viaggia per divertirsi, chi fa shopping, jogging, passeggia amabilmente, guarda le vetrine,compre regalini, prende il sole e scruta  il  mare in lontananza, fa fotografie, va per mercatini. Per fare solo un esempio, l'ultimo:  a New York, nell’attentato dell’altro ieri,  sono morti cinque turisti argentini  che si divertivano correndo in bicicletta. 
La politica, la stessa  che si vergogna  di chiamare le cose con il loro nome,  gioca sulla legge dei grandi numeri  - del resto, per ora, il numero dei turisti caduti, non supera quello dei morti per incidenti stradali... -  e sulla passività di una popolazione che rifiuta di pensare la guerra e che vuole solo divertirsi. Il che - divertirsi -   non è sbagliato, ci mancherebbe altro, ma va difeso.  Con le armi quando occorre,  anche a costo di perdite umane.
E invece, da perfetti incoscienti collettivi - dal momento che si tratta di un sentimento diffuso tra le gente  -  si  pretende  che il nostro stile di vita non cambi,  senza però fare nulla per difenderlo da chi si impone come unico  scopo nella vita,  vantandosene addirittura, come l'attentatore di New York, di schiacciarci come insetti nocivi.  
Strano che  finora nessuno abbia pensato  a celebrare il turista ignoto, o quasi,  con un bel monumento. Probabilmente perché, la guerra che nessuno però chiama guerra, è appena agli inizi. Ma anche per un’altra ragione:  un  monumento  al turista ignoto richiama,  troppo apertamente, l’antico immaginario, definito bellicista,  dalla predominante mentalità pacifista.  
A parte  alcune misure di polizia - come se i terroristi  fossero non soldati nemici,  ma criminali comuni -   che  non potevano  non essere prese,  si confida,  collettivamente,  nel fatto che  la tempesta prima o poi  passerà da sola. Si stancheranno, si ripete.   
Nel frattempo però, come un tempo si ordinava ai fanti  di uscire dalla trincea e attaccare, oggi, si ordina   al  fante-turista, di saltare fuori, in  bermuda a fiori,  dalle trincee domestiche, per combattere a colpi di pacchetti-vacanze un nemico sordo,  armato e animato da un odio feroce. 
Chi  vincerà?

Carlo Gambescia