Le radici sociologiche delle molestie
Flusso e riflusso
Flusso e riflusso
La
sociologia quella seria - ovviamente non l'ancella dei servizi sociali - cosa può scorgere di interessante nella vicenda delle molestie sessuali?
In
primo luogo, la persistenza, attraverso
le epoche del “residuo sessuale”, non nel senso ( o non solo) della forza
riproduttrice, ma dei comportamenti sessuali come forme di interazione del
potere sociale (nei termini del rapporto comando-obbedienza tra individui). Per essere più
chiari, l’ “atto sessuale” non è mai fine a se
stesso, ma continua ad essere fonte, nei secoli, di potere e controllo sociale, con effetto
di ricaduta sulle forme in cui queste
due sfere si strutturano. Possono cambiare i titolari del potere (uomini o
donne), le retoriche o "derivazioni" che ne giustificano l'esistenza, ma non può mutare il potere degli uni sulle altre (e viceversa).
In
secondo luogo, le forme di potere e controllo, che discendono dal residuo sessuale, vanno ricondotte concettualmente nell'alveo sociologico del ricatto: visto come rinuncia - dietro compenso (simbolico e/o materiale) - alla propria libertà in favore dell’altro/a. Sicché, dal punto
di vista di una antropologia sociologica, totalmente libera dai valori, il matrimonio razionalizza il rapporto sessuale, sostituendo, ma solo apparentemente, al ricatto lo scambio preventivo legalizzato. Perché "apparentemente"? Per la semplice ragione che, al di là della veste formale, siamo dinanzi, nella sostanza, a un ricatto una tantum, come ben evidenzia quel sottinteso, ma minaccioso, "ricorda però, che se mi tradirai, eccetera, eccetera". Minaccia, rivolta a favorire, per costrizione simbolico-formale (con possibili conseguenze materiali), la rinuncia
reciproca, per quanto formale, alla propria libertà sessuale.
In
terzo luogo, nelle società, dove il
matrimonio, non è che una delle forme di "gestione societaria" dell’atto sessuale, e dove
prevalgono i diritti individuali sui
collettivi, il ricatto puro e semplice, torna ad essere strumento di interazione tra i sessi. Con questo non si vuole dire che il matrimonio
sia una specie di ancora di salvezza
sociale, ma più semplicemente, come anticipato, una forma di legalizzazione preventiva
del ricatto, fondato sulla reciproca rinuncia “volontaria” alla libertà sessuale.
Pertanto
non c’è da meravigliarsi del ritorno, in una società fondata sul culto di un auto-successo pur apportatore di preziose opportunità, del ricatto sessuale, anche nei suoi aspetti più brutali. E neppure ci si deve stupire del fatto che i rapporti di forza tra i soggetti del potere sociale siano inevitabilmente ricondotti, confondendo i piani di lettura, a pre-assunti culturali, tipici del nostro tempo, sul
potere maschile, femminile, o paritario: conflitti valoriali, verbali, talvolta addirittura linguistici, dai quali l'analista sociale non deve farsi distogliere. Dal momento che il sociologo non può ignorare che dove la
legalizzazione dello scambio sessuale non assolve il suo ruolo, il residuo sessuale torna a esprimersi, ripetiamo, attraverso la forma, pura e semplice, del ricatto. E cosa ancora più importante, prescindendo dai contenuti maschili e/o femminili che caratterizzano il controllo
sociale-culturale.
Non
è un regresso né un progresso, ma soltanto l' alternarsi delle due forme principali, una vestita (la legalizzazione del ricatto), l’altra nuda
(il ricatto): forme, ripetiamo, attraverso le quali si manifesta il residuo sessuale. Al massimo, si potrebbe
parlare, come per altri fenomeni sociali, di un andamento ciclico, distinto dal flusso della
legalizzazione del potere di ricatto e dal riflusso del puro ricatto. Semplificando: dal matrimonio romantico, benedetto dallo stato e/o dalla chiesa al rapimento e stupro. E così via, secondo un ritmo ondulatorio.
Certo, sul piano dei contenuti (non delle forme), non è sbagliato parlare, quanto ai titolari del potere, di un fenomeno a prevalenza maschile. Tuttavia, tornando sul piano teorico e storico - poiché nessuno possiede il segreto della storia circa i futuri avvicendamenti del potere tra uomini e donne - nulla può escludere la possibilità di comportamenti analoghi ( nelle forme non nei contenuti), dal punto di vista di un potere femminile stabilizzato, come del resto confermano i classici della ricerca etnologica sulle società matriarcali (Bachofen, ad esempio).
Ciò significa, che tutto il resto - pensiamo alla retorica moralistica dei mass media e dei social - è puro “arredamento etico”, legato allo spirito del tempo: la vera sostanza della questione è che i rapporti sociali, dal piano individuale al collettivo, non ammettono vuoti di potere (degli uni sulle altre e viceversa). Insomma, il potere, a prescindere da chi lo eserciti (uomo o donna) si ricostituisce sempre, anche nelle forme di manifestazione del residuo sessuale (*).
Certo, sul piano dei contenuti (non delle forme), non è sbagliato parlare, quanto ai titolari del potere, di un fenomeno a prevalenza maschile. Tuttavia, tornando sul piano teorico e storico - poiché nessuno possiede il segreto della storia circa i futuri avvicendamenti del potere tra uomini e donne - nulla può escludere la possibilità di comportamenti analoghi ( nelle forme non nei contenuti), dal punto di vista di un potere femminile stabilizzato, come del resto confermano i classici della ricerca etnologica sulle società matriarcali (Bachofen, ad esempio).
Ciò significa, che tutto il resto - pensiamo alla retorica moralistica dei mass media e dei social - è puro “arredamento etico”, legato allo spirito del tempo: la vera sostanza della questione è che i rapporti sociali, dal piano individuale al collettivo, non ammettono vuoti di potere (degli uni sulle altre e viceversa). Insomma, il potere, a prescindere da chi lo eserciti (uomo o donna) si ricostituisce sempre, anche nelle forme di manifestazione del residuo sessuale (*).
Carlo Gambescia
(*) Ne abbiamo parlato qui: http://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.it/2017/10/sesso-e-potere-si-fa-presto-dire-orco.html
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