mercoledì 22 novembre 2017

Le radici sociologiche delle molestie 
Flusso e riflusso 





La sociologia quella seria -   ovviamente  non l'ancella dei servizi sociali -   cosa può  scorgere di interessante  nella  vicenda delle molestie sessuali? 
In primo luogo,  la persistenza, attraverso le epoche del “residuo sessuale”, non nel senso ( o non solo) della forza riproduttrice, ma dei comportamenti sessuali come forme di interazione del potere sociale (nei termini del rapporto comando-obbedienza tra individui).  Per essere più chiari,   l’ “atto sessuale” non è mai fine a se stesso, ma continua ad essere fonte, nei secoli,  di potere e  controllo sociale, con effetto di ricaduta sulle  forme in cui queste due sfere si strutturano.  Possono cambiare i titolari del potere (uomini o donne), le retoriche o "derivazioni" che ne giustificano l'esistenza,  ma non può mutare il potere degli uni sulle altre (e viceversa).
In secondo luogo,  le forme  di potere e controllo, che discendono  dal residuo sessuale,  vanno ricondotte concettualmente nell'alveo sociologico  del ricatto:  visto come  rinuncia -  dietro compenso (simbolico e/o materiale) -   alla propria libertà in favore dell’altro/a.  Sicché,  dal punto di vista di una antropologia sociologica, totalmente libera dai valori,  il matrimonio  razionalizza il rapporto sessuale, sostituendo, ma solo apparentemente, al ricatto lo scambio preventivo legalizzato. Perché "apparentemente"?  Per la semplice ragione  che, al di là  della  veste formale, siamo dinanzi, nella sostanza, a un  ricatto una tantum, come ben evidenzia quel sottinteso, ma  minaccioso,  "ricorda però, che se mi tradirai, eccetera, eccetera".  Minaccia,  rivolta  a favorire, per costrizione simbolico-formale (con possibili conseguenze materiali),  la  rinuncia reciproca, per quanto formale, alla propria libertà sessuale.
In terzo luogo, nelle società,  dove il matrimonio, non è che una delle forme di  "gestione societaria" dell’atto sessuale, e dove prevalgono i diritti individuali  sui collettivi, il ricatto puro e semplice, torna ad essere strumento di interazione tra i sessi.  Con questo non si vuole dire che il matrimonio sia una specie di ancora di salvezza sociale, ma più semplicemente, come anticipato,  una forma di legalizzazione preventiva del ricatto,  fondato sulla reciproca  rinuncia “volontaria” alla libertà sessuale.  
Pertanto non c’è da meravigliarsi  del ritorno,  in una società fondata sul  culto di un auto-successo pur apportatore di preziose opportunità,  del  ricatto sessuale, anche nei suoi aspetti più brutali.  E neppure ci si deve stupire del fatto che i rapporti di forza tra i soggetti del potere sociale siano inevitabilmente ricondotti, confondendo i piani di lettura,   a  pre-assunti culturali, tipici del nostro tempo, sul potere maschile, femminile, o paritario: conflitti valoriali, verbali, talvolta addirittura linguistici,  dai quali l'analista sociale non deve farsi distogliere.  Dal momento che il sociologo  non può ignorare  che dove la legalizzazione dello scambio sessuale non assolve il suo ruolo,  il residuo sessuale  torna a esprimersi, ripetiamo, attraverso la forma, pura e semplice,  del  ricatto. E cosa ancora più importante,  prescindendo dai contenuti maschili e/o femminili che caratterizzano  il controllo sociale-culturale. 
Non è un regresso né un progresso, ma soltanto l' alternarsi delle due  forme principali,  una vestita (la legalizzazione del ricatto), l’altra nuda (il  ricatto):  forme, ripetiamo,  attraverso le quali  si manifesta il residuo sessuale. Al massimo, si potrebbe parlare, come per altri fenomeni sociali,  di un andamento ciclico, distinto dal  flusso della legalizzazione del potere di ricatto e dal  riflusso del  puro ricatto. Semplificando:  dal matrimonio romantico, benedetto dallo stato e/o dalla chiesa al rapimento e stupro. E così via, secondo un ritmo  ondulatorio.
Certo,  sul piano dei contenuti (non delle forme),  non è sbagliato parlare, quanto ai titolari del potere, di un  fenomeno a  prevalenza maschile.  Tuttavia, tornando sul piano teorico  e storico - poiché nessuno possiede il segreto della storia  circa i futuri  avvicendamenti del potere tra uomini e donne - nulla può  escludere la possibilità di comportamenti analoghi  ( nelle forme non  nei  contenuti),  dal punto di vista di un  potere femminile stabilizzato, come del resto confermano i classici  della ricerca etnologica sulle società matriarcali (Bachofen, ad esempio).
Ciò significa,  che tutto il resto -  pensiamo alla  retorica moralistica dei mass media e dei social  -  è puro “arredamento etico”, legato allo spirito del tempo: la vera sostanza della questione  è che i rapporti sociali, dal piano individuale al collettivo,   non ammettono  vuoti di  potere (degli uni sulle altre e viceversa).  Insomma, il potere, a prescindere da chi lo eserciti (uomo o donna) si ricostituisce sempre,  anche  nelle  forme di manifestazione del  residuo sessuale (*).


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