giovedì 30 novembre 2017

Il capitalismo secondo Mario Ajello...
Un compagnuccio della parrocchietta


Certe stupidaggini, seppure colte al volo, rovinano la barba mattutina… E pure la giornata.  In che senso?  Che mentre ci si sta radendo   si   ascolta una cosa così (più o meno testuale):  “Eh sì,  questi lavori post-moderni, da Ikea e Amazon, ricordano,   per  le condizioni in cui si svolgono, quelle dei lavoratori della rivoluzione industriale  ottocentesca”.  E tac, ci  si taglia…  
Chi dice queste  fregnacce (pardon)? O le riferisce, annuendo seriosamente?  Mario Ajello del  “Messaggero”  a  Prima Pagina  su  Rai Radio Tre.  Non parliamo di un giornalista del  “Manifesto”  o di qualche foglio dell’estrema destra anticapitalista,  bensì di un “editorialista di punta” del quotidiano di Francesco Gaetano Caltagirone: quanto di più governativo o quasi (a parte i regolamenti di conti tra costruttori…), esista, eventualmente, su piazza:  tipo Andreotti è vivo e lotta insieme a noi.
Diciamo che Ajello rientra perfettamente nella fenomenologia luogocomunista  del giornalismo  italiano:  un mix di luoghi comuni,  negativi of course,  sul capitalismo,  nemmeno  di ascendenza comunista,  perché “Loro” studiavano”.  Ajello  no, o almeno non più.  
Offendiamo? Neppure tanto. Dal momento che chiunque  abbia  letto, o anche solo sfogliato,  il famoso saggio di Engels sulla  situazione della classe operaia inglese, anno di grazia 1845,  dovrebbe evitare, e accuratamente,  di dire stupidaggini.  
Che cazzo c’entra (pardon) il lavoro minorile negli stabilimenti Wood a  Bradford, anno domini 1842, con i giudici del lavoro italiani, anno di grazia 2017, che nel 95 per cento dei casi  sentenziano a favore dei dipendenti ?  Che c’entrano le fumose fabbriche di Manchester con gli ariosi  magazzini Ikea?
Eppure Ajello, come per riflesso condizionato, appena suona il campanello-capitalismo, comincia a salivare.  Proprio come papa Bergoglio. E spara  fregnacce (di nuovo, pardon). Altro che politicamente scorretto... 
Ajello non è un compagno - se  fosse così, lo scuseremmo (o quasi).  Diciamo che è un compagnuccio della parrocchietta. 

Carlo Gambescia