venerdì 19 maggio 2023

G7 Hiroshima. A proposito di trattative

 


Sul piano strettamente politico l’idea di non combattere e di trattare, cioè di sostituire al campo di battaglia il tavolo circolare delle trattative, avrà più o meno un secolo. Su quello delle utopie forse di più.

Siamo davanti a un’idea ragionevole e nobile. Certe pagine kantiane al riguardo si rileggono sempre con piacere. Fanno bene allo spirito. Tuttavia, come del resto anche Kant sapeva, gli uomini non sono né ragionevoli né nobili. Se lo sono, lo sono in modo rapsodico. E purtroppo la politica – anzi diremmo la metapolitica – non può fare i conti con le cose come dovrebbero essere sul piano degli ideali, ma sulle cose come sono realmente sul piano storico e sociologico. Machiavelli la chiamava “realtà effettuale”.

L’ idea delle trattative sostitutive alla guerra,  inclusiva di strutture istituzionali apposite (ONU e prima ancora SdN),  prese particolare forza dopo la Seconda guerra mondiale. Anche se ancora non si capisce perché, visto che con Hitler non aveva funzionato.

A credervi tuttora non sono in molti: qualche uomo d’affari, gruppi pacifisti, i leader religiosi ma neppure tutti ( si pensi all’opposto pensiero del papa e del patriarca di Mosca sull’invasione russa dell’Ucraina).

Cosa ci dicono storia e sociologia, anzi cosa dice la metapolitica sul punto specifico? Ha un fondamento reale l’idea di sostituzione delle trattative al campo di battaglia?

Diciamo che fino al 1918 ha prevalso la forza. Idea in atto, per così dire, che ha animato gli uomini fin dall’ l’antichità greca e romana.

Di che idea parliamo? Quella di conquista e distruzione del nemico. Ma si potrebbe andare ancora più indietro fino alla natura offensiva (cioè di eliminare i nemici comuni) del primo trattato della storia, sancito ufficialmente, quello tra Egiziani e Ittiti (fine Secondo millennio a. C.).

Il cristianesimo ampliò, in chiave teologica, il concetto di armistizio o tregua (ma anche quello di guerra giusta). Concetto ovviamente  sconosciuto presso  altre civiltà  non cristiane,  ad esempio   Indiana e Cinese. 

Stesso discorso per l’Islam nelle due versioni araba e persiana. Inoltre non si confonda la  sincera volontà di trattare da pari a pari per amore della pace, con  la debolezza, cioè l’accettazione di trattative come sconfitta mascherata, come nel caso dell’estrema arrendevolezza di Greci, Romani, Ottomani, dinastie cinesi nelle fasi decadenza.

I principali trattati moderni (ricordiamo solo i principali): Vestfalia, Utrecht, Vienna, Versailles-Saint-Germain- Neuilly, eccetera, Parigi) rinviano al dopoguerra, non al durante o addirittura al prima della guerra.

Purtroppo l’ antico principio della vittoria, e se necessario distruzione del nemico, sembra tuttora dominare nonostante le buone intenzioni dei pacifisti.

Ovviamente, le buone intenzioni di pochi sono usate come paravento ideologico da parte dei governi per accusarsi reciprocamente di non volere la pace, di non volere trattare, eccetera. Puro gioco retorico. Razionalizzazione-realizzazione dei propri desiderata a spese del nemico.

Se da Hiroshima uscirà qualcosa di buono – ma non crediamo – non sarà perché Russia e Ucraina si sono convertite alla religione dell’ amore per la  pace universale,  ma perché la sulfurea e feroce dinamica della guerra ( i russi non pensavano di trovare una forte resistenza e di subire così tante perdite), potrebbe imporre un armistizio. Ça va sans dire per favorire la riorganizzazione delle parti in conflitto, eccetera, eccetera.

Invece è difficile dire se uno dei due contendenti fosse crollato subito, quale sarebbe stata la reazione del vincitore: la cosa dipendeva e dipende da alcuni precisi ma insondabili fattori: capacità di resistenza militare, peso dell’ideologia, senso della misura (o meno) dei leader.

Va comunque sottolineato che il caso delle trattative post sconfitta avrebbe confermato quanto abbiamo fin qui detto: che da qualche migliaio di anni si tratta dopo non prima, talvolta durante, ma sempre in chiave armistiziale, di tregua, quindi non di pace duratura. Cosa, quest’ultima, che l’esperienza metapolitica smentisce.

Pertanto che verrà fuori da Hiroshima? Nel migliore dei casi una fragile ipotesi di armistizio. In caso contrario, e qui a parlare non è lo studioso ma l’uomo che ha fatto una precisa scelta di campo, l’Occidente dovrà continuare ad armare l’Ucraina, fino a quando la Russia, mordendo il freno e accettando la sconfitta, non abbasserà le armi.

Allora sì, come insegna la metapolitica, che si potrà trattare.

Carlo Gambescia

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