mercoledì 5 aprile 2023

Trump è morto, viva Trump!

 


Sembra che i guai legali di Trump, ieri incriminato per la terza volta, stiano favorendo un grande successo mediatico intorno a un personaggio pericoloso per le sue idee illiberali e reazionarie. Insomma, come si diceva un tempo dei re: Trump è morto, viva Trump!

Perché Trump sembra più vivo che mai? La spiegazione più semplice è nel fascino delle masse verso il “perseguitato”: nell’idea, assai diffusa, che dipinge un uomo in grado di comprare ogni cosa come un povero innocente. Il capro espiatorio di un potere che secondo Trump avrebbe nel finanziere Soros e nell’establishment politico e intellettuale liberal i suoi crudeli nemici.

In realtà, questa tesi, che rivela pesanti indizi di antisemitismo (Soros è il nemico mondiale del radicalismo di destra), racchiude un elemento di verità: la verace simpatia che Trump esercita sulle masse. Come è possibile che un uomo ricchissimo, lontano anni luce dalla gente comune per stile di vita, susciti tanto fascino? Ecco la vera domanda da porsi.

Diciamo subito che non è la ricchezza, o comunque non solo, a suscitare la simpatia della gente.

Trump disprezza il sistema liberal-democratico e lo dice apertamente: usa la democrazia come una leva per distruggerlo. Rovescia contro il sistema gli stessi principi che ne rappresentano le basi concettuali. Si evoca la necessità di una vera democrazia contro una democrazia giudicata e rappresentata come falsa. Si punta a una nuova pseudo-democrazia, probabilmente plebiscitaria, di cui Trump sarebbe il solo depositario in nome del popolo, per farne il bene, contro le élite corrotte che invece ingannano e derubano le gente.

Pertanto ogni accusa contro Trump si trasforma in un’accusa contro una specie di “Arcangelo della Democrazia”. Sicché, ogni volta, esce rafforzato dalle sfide. Come prova, nonostante le gravissime accuse, la marcia su Capitol Hill.

Il fascino di Trump è quello del tiranno che si dichiara dalla parte del popolo. Che si ritiene chiamato a governare contro leggi ingiuste, per evitare che il popolo ne sia danneggiato. Se si studia la storia della demagogia politica, a sfondo tirannico, si può osservare, che questo luogo comune retorico, ritorna sempre, da Pisistrato in poi.

L’elemento che però muta è rappresentato proprio dalle caratteristiche dei bisogni e valori del popolo. In cosa divergono le masse americane da quelle dell’Atene del VI secolo prima di Cristo?

Che sono “masse” non plebe. Un fatto tipico della società di massa, rispetto a quella ateniese, è nel diverso tipo di disorientamento sociale. Nell’Atene di allora, non esisteva il disorientamento da fallimento sociale: la lotta riguardava i beni primari, la pura e semplice sopravvivenza, non i beni secondari, la promozione sociale. Si potrebbe parlare per Atene di disorientamento da assenza di beni primari.

Invece quando si parla di disorientamento da fallimento sociale ci si riferisce alla scontentezza del proprio stato frutto di un’ invidia sociale per non aver conseguito obiettivi ritenuti socialmente meritori. Si “soffre” per non essere stati “promossi”: la domanda basica dell’uomo-massa di oggi è “perché lui sì, io no?”. Mentre quella del plebeo ateniese era “da chi voglio essere comandato?”.

Naturalmente in una società ad alta mobilità sociale come la nostra, che guarda ai valori dell’individualismo liberale, il disorientamento da fallimento sociale è il rovescio della medaglia. Il prezzo da pagare per vivere in una società aperta.

Il disorientamento da assenza di beni primari sta alla società castale, come il disorientamento da fallimento sociale sta alla società liberale.

Qual è la regola delle regole che favorisce il normale gioco politico in una società liberale? Di accettare il fallimento senza tramutarlo in un fattore disorientamento sociale. Il che in una società di massa, in larga parte basata su fenomeni imitativi, resta una questione di non facile soluzione. Di qui lo sleale gioco di un aspirante tiranno moderno come Trump nel fare leva sul disorientamento da fallimento sociale, presentandolo addirittura, come un disorientamento da assenza di beni primari.

Insomma il “successo” come bene ugualitario, "massificato", o quantomeno come promessa politica: siamo dinanzi al rovesciamento totale dell’etica del capitalismo e della società aperta, che è società del rischio, quindi “aperta”, in senso tecnico, anche alla possibilità di fallimento sociale.

Sotto questo aspetto – non appaia eccessivo ciò che stiamo per dire – uomini politici come Trump rappresentano una vera minaccia per la società occidentale, così come l’abbiamo finora conosciuta.

Trump, e altri come lui, sono uomini politici molto pericolosi. Perché fanno leva su un nervo scoperto della società aperta: quello del fallimento sociale. Che però non può non sussistere: perché senza il rischio del fallimento, non è data alcuna società libera. La libertà è responsabilità di scegliere, perciò “anche” di fallire.

Insomma la scelta è tra società chiusa e aperta, tra società castale e società liberale. Qualunque cosa sostenga Trump, tertium non datur.

Ciò però significa che il vero punto dell’intera questione è come spiegare tutto questo all’uomo-massa che alle risposte complesse preferisce le risposte semplici. Quelle che sfornano personaggi come Trump.

Carlo Gambescia

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