Dio è morto, Marx pure, e anche Berlusconi non si sente molto bene. Tanto per attualizzare la celebre battuta di Woody Allen.
Il Cavaliere in intensiva (anni 87 a settembre) può essere un’ occasione per un bilancio “consuntivo”.
Nel giornalismo si chiama coccodrillo, si scrive per tempo, si tiene nel cassetto e si tira fuori al momento giusto. Diciamo allora che ci portiamo avanti con il lavoro.
Non si può negare a Berlusconi un merito: quello di aver contrastato il monopolio comunicativo Rai. Trasformandolo però in duopolio. Animando pure un gigantesco conflitto di interessi, una volta al governo, quale monopolista di fatto dell’informazione Rai più Mediaset. Un disastro.
Può essere un altro merito, quello di aver fondato Forza Italia? Difficile dire. Propendiamo per la tesi di un partito senz’anima, se non quella padronale di Berlusconi. Uno pseudopartito che non poteva salvare l’Italia dal comunismo, come favoleggiava il Cavaliere per “acchiappare” voti fra i trogloditi politici, perché non aveva e non ha nulla di liberale.
A dire il vero Forza Italia ha sempre condiviso la mentalità welfarista dei suoi avversari comunisti o meno. Tradotto: nessun autentico taglio fiscale, nessuna liberalizzazione, nessuna privatizzazione. Per la cronaca, la riforma delle pensioni, unica riforma vera, risale al governo Dini, anno di grazia 1995... Insomma, chiacchiere e distintivo. Un altro disastro.
Sempre a proposito dei presunti meriti resta quello – si dice – dello “sdoganamento” del Movimento Sociale. Obiettivo fallito: oggi Fratelli d’Italia è più missino che mai. E per giunta al governo, con Forza Italia sullo strapuntino. La Lega, un tempo di Bossi, si è spostata ancora più a destra, evocando un razzismo, ultimamente blandito dal Cavaliere. Altro disastro ancora.
Che cosa resta dell’eredità politica del Cavaliere? Un aborto di partito, che non è mai stato liberale, già pronto a confluire, dopo la sua morte, nella Lega e in Fratelli d’Italia. Slittando perciò ancora di più a destra.Gioiosamente verso le estreme.
Difficile da accettare la scusa delle persecuzioni giudiziarie. Che in effetti non sono mancate. Berlusconi non piaceva ai giudici di sinistra. Ma se si va a ben guardare, il Cavaliere le ha favorite con lo stile di vita e le frequentazioni: per carità perfetti per un “produttore” televisivo e cinematografico, ma non per un uomo di stato. Storie, inventate o meno, come quelle dello stalliere mafioso e della nipotina di Mubarak, lasciano tuttora a bocca aperta anche l’interlocutore più benevolo.
A proposito di frequentazioni sbagliate, l’amicizia tra Berlusconi e Putin, per non parlare di quella con Erdoğan (fu testimone alle nozze del figlio), al di là delle contingenze storiche e politiche, comprova più che il suo liberalismo, inesistente, il suo libertismo politico: nel senso di frequentare i peggiori soggetti politici, presentando le sue frequentazioni come un titolo di merito, un segno di non conformismo. Certo, la libertà di frequentare le case politiche di tolleranza …
Esageriamo? Siamo addirittura crudeli? E poi in un momento in cui il Cavaliere tiene l’anima con i denti?
Siamo così duri perché nel 2001 il secondo governo Berlusconi aveva i voti in parlamento per rivoltare l’Italia come un calzino: per attuare la famosa rivoluzione liberale. E invece non se ne fece nulla. Legislatura sprecata, buttata al vento.
Mancarono gli uomini, a cominciare dal Cavaliere, mancarono le idee, il coraggio e pure l’onore.
Carlo Gambescia
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