sabato 22 aprile 2023

Fascisti e antifascisti: totalitari dentro

 


Ne abbiamo già parlato: la storia dell’antifascismo in Italia non è una storia lineare (*). E neppure una bella storia.

Della polemica in corso, scattata come quei pupazzetti a molla nelle scatole dei giochi per bambini di un tempo, colpisce l’annuncio di La Russa sul suo 25 aprile a Praga per ricordare il sacrificio di Jan Palach: un giovane nazionalista boemo che nel gennaio del 1969 si diede fuoco in piazza Venceslao per protestare contro l’occupazione sovietica.

Roma ha una piazzetta al Villaggio Olimpico, quartiere di impiegati, in centro, ma defilato, dove nel 1970, nel luogo che ora porta il suo nome, venne eretto, con il patrocinio di un giornale romano di destra, diciamo liberale, “Il Tempo”, un suggestivo monumento, che vede due braccia che si protendono verso il cielo tra le lingue di fuoco (*).

Negli ultimi anni le amministrazioni di sinistra, che si dicono liberalsocialiste, partecipano alle commemorazioni, mandando qualcuno. Non ci risulta invece, che negli anni Settanta-Ottanta, la famosa Roma delle notti culturali di Nicolini, leggiadro assessore di un partito comunista, allora duro e puro, inviasse qualcuno. Solo dopo il 1991 si affrontò la questione del decoro della piazza e del monumento. Fino a quel momento trascuratissimo.

Negli stessi anni del sacrificio del giovane Palach, o poco prima, anche i bonzi vietnamiti si davano fuoco per protestare. I bonzi però erano dalla parte giusta: quella di sovietici e maoisti. Si celebravano come combattenti per la libertà contro i fascisti a stelle e  strisce

Questo per dire, cosa è stato l’antifascismo in Italia: uno strumento ideologico, soprattutto dagli anni Sessanta in poi, per attaccare ogni linea politica che fosse anticomunista e filoamericana, o meglio filo-occidentale e borghese. Ovviamente, anche i missini, gli eredi storici del fascismo, erano anticomunisti, ma al tempo stesso erano anche antiamericani e antiborghesi. Di conseguenza la guerra del Vietnam, soprattutto tra i fascisti terzomondisti, era interpretata come una guerra coloniale, quindi Palach e bonzi venivano accomunati. Mentre la direzione politica in doppiopetto, nicchiava: un colpo al cerchio e uno alla botte, come fa oggi Giorgia Meloni.

Pertanto, La Russa, se andrà a Praga come dice, vi andrà, per un altro scopo, quello di fare dispetto agli antifascisti che allora rifiutavano di accomunare i bonzi e Palach, perché così imponeva la tesi antifascista: Jan Palach era un fascista al servizio degli americani, perché era antisovietico e anticomunista. I bonzi invece erano antiamericani e perciò antifascisti.

Un film già visto insomma. Che tristezza.

In pratica, l’antifascismo, così come è stato strumentalizzato in Italia, sia dai fascisti che dagli antifascisti, ha impedito qualsiasi evoluzione politica nel senso di una destra e una sinistra normali. Dopo cinquant’anni La Russa vuole volare a Praga per fare dispetto ai post-comunisti che oggi, nonostante si dichiarino liberalsocialisti, continuano a guardare con sospetto al sacrificio di Palach e a imporre agli altri un’abiura ideologica, in senso antifascista, che essi hanno pronunciato in senso anticomunista in grandissimo ritardo. Parliamo di due ideologie illiberali: fascismo e comunismo. Sicché a sinistra la triste storia di Jan Palach si digerisce tuttora obtorto collo, mentre la destra la usa come il caricabatterie del cellulare.

A questo punto ogni polemica sulla Costituzione antifascista rinvia non al giusto conflitto tra libertà e totalitarismo, che ad esempio non vedrebbe nella guerra del Vietnam un conflitto coloniale ma una battaglia di libertà perduta dall’Occidente, come del resto scorgerebbe la stessa battaglia di libertà nelle sollevazioni nell’Est europeo fino alla caduta del comunismo.

La riprova, di quando detto, è nell’atteggiamento di fascisti e comunisti, pentiti o meno, nei riguardi dell’invasione russa dell’Ucraina, alla quale si rimprovera l’occidentalismo e la ricerca del benessere. Insomma di volersi imborghesire. In fondo a Zelensky, cosa si rimprovera? Per dirla con Carosone: “Tu Vuò Fa’ L’Americano”.

Questo atteggiamento, ripugnante e sbagliato, verso la libertà, alla quale si attribuisce un colore politico di comodo, rinvia ad altro. A una maledetta propensione totalitaria che accomuna fascismo e antifascismo: quella che nasce dall’odio mai sopito verso i valori occidentali, che pretende di riconoscere i meriti del fascismo e del comunismo nel contrastare la disgregazione borghese.

Chiunque coltivi il ricordo di ideologie totalitarie rifiuta le grandi rivoluzioni liberali che hanno distinto la storia dell’Occidente libero.

Poi, se proprio di costituzione si vuole parlare, la nostra, “la più bella del mondo”, a dirla tutta, ha un saldo impianto socialista, non liberale. Anzi, parleremmo, forse esagerando, di “fascio-comunismo, perché all’Articolo 1 invece di parlare di Repubblica fondata sulla libertà si parla di Repubblica fondata sul lavoro, una parolina magica che ritroviamo nelle costituzioni sovietiche e nella famosa Carta fascista di Verona.

Pertanto discutere della natura antifascista o meno della Costituzione è perfettamente inutile, soprattutto quando si continua ad essere totalitari dentro. A destra come a sinistra.

Carlo Gambescia

(*) Qui: https://cargambesciametapolitics.altervista.org/prolegomeni-a-ogni-futura-metafisica-sul-25-aprile/ .    

(**) Qui: https://www.janpalach.cz/it/default/mista-pameti/roma 

 

 

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