mercoledì 26 aprile 2023

Galli della Loggia e il partito “liberal-conservatore”

 


Il professor Galli della Loggia è nato nel 1942. Nel 1968, anno delle meraviglie, aveva ventisei anni. E lo visse da contestatore politico o comunque da simpatizzante. Oggi ne ha ottantuno. Ed è diventato conservatore. Di professione storico. È una figura nota, scrive sul “Corriere della Sera”. Ha un buon numero di libri all’attivo. Partecipa insomma, e con merito per carità, al dibattito pubblico e da posizioni di vertice.

Perciò restiamo di sasso, quando  per consigliare Giorgia Meloni, che – cosa tutta da provare – sembra puntare alla costruzione di un partito “liberal-conservatore”,  scrive banalità del genere.  Due in particolare.

La prima.

"Perché, insomma, una posizione conservatrice appare specialmente in Italia sempre fautrice di un che di retrivo, di ottusamente legato al passato?
La risposta è facile: perché nella società italiana il pensiero dominante è portato a giudicare sempre e comunque positivo ogni cambiamento, a salutare con soddisfazione ogni distacco da pratiche e principi del passato. Perché qui da noi occupa una posizione egemonica una narrazione progressista nella quale si riconosce la stragrande maggioranza della comunicazione, dei media e della cultura che ha più voce, inclusa quella cattolica".

La seconda.

"Il compito primo di un partito conservatore mi sembra che non debba certo essere quello di cercare di riportare in vita istituti e principi ormai morti perché figli di un’altra epoca (questo è semmai il mestiere dei reazionari). Al contrario, il suo compito dovrebbe essere quello di provare a cambiare la narrazione del presente sottraendolo per l’appunto ai tracciati convenzionali, alle vulgate progressiste, e mostrandone invece la realtà altamente problematica, spesso irrealistica" (*).

Insomma, un partito “liberal-conservatore” dovrebbe battersi contro l’egemonia della “cultura del cambiamento”. Che porta “a giudicare sempre e comunque positivo ogni cambiamento, a salutare con soddisfazione ogni distacco da pratiche e principi del passato”.

Intanto parlare di liberalismo conservatore è un errore. Perché l’esercizio della libertà non rinvia al contenuto dei valori. Per contro, il conservatorismo è una scelta che ricade sui valori.

Peraltro è vero che in Italia, prima dell’avvento del fascismo, esisteva una tradizione politica liberal-conservatrice, ma era tale, nel senso di una difesa dei valori liberali dall’assalto della democrazia ugualitaria, all’epoca rappresentata, dalla tumultuosa ascesa dei partiti, radicali, repubblicani, socialisti e anarchici. In qualche misura il liberalismo conservatore si definiva antigiacobino e anticomunardo.

In qualche misura Galli della Loggia, non sappiamo se intenzionalmente o meno, sembra rispolverare lo scontro, nella Francia della Restaurazione,  tra il partito della resistenza e il partito del movimento, o cambiamento: tra chi difendeva il costituzionalismo orleanista, censitario, come conquista finale, da difendere a ogni costo, e chi invece, aspirava al cambiamento, al suo sviluppo democratico, se non addirittura socialista e repubblicano. Alla fine Guizot, uomo politico e storico mai banale, che rappresentava il partito delle resistenza, cadde, travolto dalla rivoluzione del 1848.

Non è perciò un buon consiglio. Il problema è che Galli della Loggia, che culturalmente resta legato alla sua visione giovanile socialista, non è mai stato un liberale. Sicché, ricade sempre nello stesso errore: quello di sottovalutare il valore della libertà, fino al punto di inventarsi un non casto connubio politico, che oggi non ha più senso, tra liberalismo e conservatorismo, tra guizotismo e melonismo, per opporsi, come scrive, alla “cultura del cambiamento” della sinistra.

In realtà, la prima cosa da rivendicare resta la libertà. E in tutti i campi, dal culturale all’economico, dal sociale al civile, lasciando che la si interpreti secondo i valori personali. Può essere anche “cambiamento”? Certo, ma non è questo il problema. Il vero problema è quello di voler attribuire un contenuto, di qualsiasi genere (conservatore o progressista) alla libertà.

Attribuzione, cosa che Galli della Loggia come ex socialista non sembra tenere nel dovuto conto, che regolarmente culmina nella tentacolare e gelatinosa espansione del poteri dello stato. Che invece di restare neutrale (insomma di non essere conservatore né progressista), finisce per legiferare troppo sposando una delle due cause (conservatrice o progressista).

Di conseguenza, un partito liberal-conservatore, rischierebbe di fare la stessa fine del liberalismo guizotiano. Come dicono a Napoli, di “mantené ‘o carro p’a ‘a scesa”. E, si badi, Giorgia Meloni non ha nulla in comune con Guizot, ingegnoso uomo di stato e storico di grande valore.

Pertanto, se proprio si deve ricorrere a un’etichetta, si usi il termine, senza aggettivi, di (partito) liberale, ma, cosa importantissima, nel senso di neutrale rispetto ai valori: né di conservazione, né di progresso.

Qualche lettore malizioso potrebbe registrare una contraddizione tra la tesi della neutralità liberale dello stato qui sostenuta, e lo schierarsi al fianco dell’Ucraina aggredita dalla Russia, tesi da noi altrettanto vivacemente difesa.

In realtà, l’idea di stato liberale neutrale rispetto ai valori, non va sposata fino a provocare la distruzione, da parte del nemico, dello stato liberale neutrale rispetto ai valori (pardon per la ripetizione). Quando si parla di Occidente, e dei suoi valori, ci si riferisce anche a quello di libertà, che presuppone, a priori – si badi, a priori – l’esercizio stesso della libertà. Di qui la necessità di difenderlo anche con le armi.

In ultima istanza, anche se può sembrare paradossale, in Ucraina l’Occidente difende l’idea dello stato neutrale rispetto all’esercizio della libertà individuale. Libertà, ripetiamo, che non è conservatrice né progressista. Difende,  insomma,  un "a priori".

Una cosa in fondo facile da capire. Eppure un professore, come Galli della Loggia, che avrà sicuramente letto Guizot, sembra non capire.

Carlo Gambescia

(*) Qui: https://www.corriere.it/editoriali/23_aprile_25/i-conservatori-si-occupinodel-futuro-non-passato-e252a844-e392-11ed-89e2-97aae0cbce13.shtml .

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