martedì 11 aprile 2023

Partecipate: la ridicola discussione sulle nomine

 


La discussione sulle nomine delle  imprese a partecipazione statale è ridicola, però nessuno sembra accorgersene. Si parla di professionalità in una realtà dove l’unica cosa che conta è la fedeltà politica.

Ci si preoccupa invece delle quote rosa. Cosa buona e giusta per carità. Che però può essere giustificata in  un’economia privata sana. Non nella corsa alle spoglie pubbliche da lottizzare. Sia chiaro: siamo disposti a sostenere un governo di tutte donne, purché rivolti l’Italia come un calzino: privatizzi tutto, a cominciare dalla Rai. Insomma, modello Thatcher.

Detto altrimenti: non è ridicolo parlare di professionalità? Quando si antepone la tessera politica alla capacità di un’impresa di generare valore e produrre reddito? Se un amministratore delegato e lottizzato che importanza ha la rappresentanza di  genere? Un vassallo politico, in tailleur pantalone firmato o in giacca e cravatta Caraceni, resta un vassallo politico.

Il vero problema è che un imprenditore, se tale, non può essere legato politicamente a nessuno. I suoi voti in pagella, qualunque sia il genere, devono sempre rispondere a criteri e valori vincolati al successo economico, fondato, a sua volta, sul rapporto costi e ricavi. Che professionalità vi può essere quando è lo stato a ripianare i conti?

Eppure si discute di professionalità, prendendo per il naso i cittadini. Che però, in fondo, meritano tutto questo: nel 1993 si votò per la soppressione del Ministero delle Partecipazioni Statali: il novanta per cento votò sì.

Fu una chiara indicazione politica. Ma dopo una breve stagione di privatizzazioni tutto tornò come prima nell’assordante silenzio di cittadini e politici. Tradotto: nomine dall’alto e bilanci ripianati.

Inutile fare elenchi e cifre (*) . A grandi linee le imprese partecipate rappresentano il 10 per cento del Pil. In Italia, escluse le banche (quindi il computo è per difetto), tra le grandi società, 13 imprese su 50 sono partecipate, con un rapporto medio, sperequato in termini di dipendenti, del 34 per cento del totale (**).

Di questo si dovrebbe parlare. E invece si parla di nomine. Politiche.

Che malinconia.

Carlo Gambescia

(*) Che si possono trovare qui: https://www.dt.mef.gov.it/it/attivita_istituzionali/partecipazioni/elenco_partecipazioni/ .

(**) Qui, ma con cautela, perché il taglio analitico è  benevolo, tipo mal comune mezzo gaudio (pp. 5-6): https://osservatoriocpi.unicatt.it/cpi-Imprese_pubbliche.pdf .

Nessun commento: