Condividiamo quanto scrive sulla “Stampa” lo storico Giovanni Orsina, di certo non un Giovanni De Luna, altro storico, ma antifascista arrabbiato, a proposito delle inevitabili tensioni “culturali” tra il governo Meloni e Unione Europea.
In realtà, il problema culturale, in termini di valori condivisi (poi vedremo come), rinvia alla distanza innegabile che esiste tra Fratelli d’Italia, in particolare, e partiti dell’arco costituzionale di tradizione antifascista, “arco” oggi ridotto al grande agglomerato del centro-sinistra, dal momento che Lega e Forza Italia non danno, almeno per ora, alcuna sincera garanzia antifascista.
Scendiamo nei dettagli. Perché problema culturale? Per la semplice ragione che Fratelli d’Italia si guarda bene dal rifiutare il fascismo senza indugi. Al suo interno persiste una cultura in materia, come accettazione, addirittura implicita, da riflesso condizionato. Pensiamo all’adesione irriflessa (non ragionata) a un insieme di valori, simboli, concezioni, credenze, modelli di comportamento. Insieme che rinvia al fascismo nelle due versioni, statica e dinamica: di regime e di movimento politico.
Si badi, non è nostra intenzione tirare la volata all’ antifascismo rabbioso, che salva i comunisti leninisti e condanna tutti gli altri partiti resistenziali, per puri calcoli post-togliattiani.
Il punto è un altro: le dichiarazioni di Ignazio La Russa – Presidente del Senato, seconda carica della stato – hanno di colpo provato, come quando ci si affaccia all’improvviso dai 163 piani del grattacielo di Dubai, l’abisso culturale che separa un partito neofascista da tutti gli altri, in buona o cattiva fede che siano (gli altri…).
Un democratico “normale” non avrebbe mai osato, o per meglio dire pensato di esprimersi come La Russa (*). L’aspetto grave è la “semplicità”, diremmo la naturalezza, con cui il Presidente del Senato ha riciclato la tesi denigratoria della destra neofascista, assai diffusa nella pubblicistica missina a proposito dell’eccidio nazi-fascista delle Fosse Ardeatine: partigiani vigliacchi, banda musicale, tedeschi obbligati dal codice penale di guerra sulle rappresaglie.
Cioè siamo davanti a un esempio della peggiore retorica dell’intrasigenza neofascista rivolta a giustificare l’ingiustificabile. Che addirittura proviene, ripetiamo, dalla seconda carica dello stato democratico.
L’aspetto grave, ripetiamo, è l’automaticità del comportamento. Il lato irriflesso, non meditato,istintivo. Per La Russa, quella è la verità. Non ha riflettuto un attimo: era ed è così. “A pelle” insomma.
Quanti all’interno di Fratelli d’Italia, a cominciare da Giorgia Meloni, che ancora non si è dissociata, reagiscono in modo automatico come La Russa? La risposta è scontata: tutti o quasi. Come prova il silenzio collettivo.
A questo punto non sarebbero sufficienti neppure le dimissioni di La Russa. Infatti, se il problema, come abbiamo argomentato, è culturale, di reazioni irriflesse, di “seconda pelle” culturalizzata, per dirla in sociologhese, va ben oltre il Presidente del Senato.
E qui sorge il problema di come far “dimettere” in democrazia un intero partito che non ha mai fatto i conti il fascismo. Un partito addirittura votato da non pochi italiani. Tra i quali, di sicuro, tanti, forse troppi, difensori “irriflessi” di La Russa. Esiste un’Italia che reagisce in automatico e che difende il fascismo, a prescindere dalle altrui reazioni. Non c’è bisogno di alcuna provocazione diretta. Basta la “normalità” antifascista, come l'annuale celebrazione dell'eccidio delle Fosse Ardeatine. Questa la malinconica realtà.
Parliamo perciò di grandi numeri, soprattutto se pensiamo anche agli elettori della Lega e di Forza Italia, partiti che appoggiano il governo Meloni.
Se la sentono questi due partiti di fare un passo indietro? Ritirandosi dal governo? Difficile dire.
Però sarebbe una bella lezione di democrazia.
Carlo Gambescia
(*) Qui le dichiarazioni di La Russa: https://www.rainews.it/articoli/2023/03/la-russa-via-rasella-partigiani-polemica-politica-banda-musicale-12bdcaf3-9fdf-477c-95c4-60fa2646a7c0.html .
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