martedì 21 ottobre 2014

L'opposizione  dell'intellettuale meridionalista   alla costruzione della "strada dritta"
Gaetano Salvemini  
non amava andare in autostrada…



Ieri abbiamo scritto  dell’Italia antimoderna. Di sicuro, molti lettori saranno rimasti sorpresi dell’opposizione di democristiani (non tutti) e comunisti alla costruzione dell’Autostrada del Sole (cui si accenna anche nella fiction, abbastanza interessante, andata in onda ieri sera).
Su questi  problemi però, rinviamo al libro in argomento di Menduni (il Mulino). In realtà,  quel che tuttora resta  sorprendente è  il  rifiuto di un grande intellettuale, democratico, laico e riformista  come Gaetano Salvemini. Ecco ciò che scrisse in proposito nel 1954:

«Ogni persona di buon senso sa che il traffico in Italia settentrionale è assai più intenso che nell’Italia meridionale, è perciò naturale che si costruiscano o si allarghino  e si rettifichino  più strade lì: A che cosa servirebbero al Sud autostrade, su cui non camminassero  che rari automezzi? I meridionali dovrebbero non pretendere a casa loro la costruzione di autostrade inutili, ma domandare che le autostrade settentrionali sieno costruite non dal Governo centrale a spese di tutti cioè anche dei meridionali, ma a  priorie spese dalle provincie o consorzi di provincie settentrionali che ne sentono il bisogno».
G. Salvemini, Autostrade e strade, in Opere, IV, vol. II,  Movimento socialista e questione meridionale, a cura di Gaetano Arfé, Feltrinelli, Milano 1973, p. 654.

Salvemini - dispiace dirlo -   ragiona  come un gretto ragioniere leghista, rovesciando però il contrasto politico (Sud contro Nord).  Inoltre, non scorge le potenzialità di sviluppo  insite nella modernizzazione delle rete stradale. Insomma, il suo discorso sembra  provare  l'esistenza di  sacche di  arcaismo culturale  anche all'interno  di  certa   sinistra democratica, dai natali politicamente  nobili  ma  fin troppo sospettosa dell’idea di progresso. All'epoca si scrisse, e in modo offensivo, ignorandone la lucidità,  di un'opposizione senile da parte di Salvemini.  Nulla di più falso.
Certo, si parla di vicende intellettuali  di sessant’anni fa.  Era l'Italia, per così dire, del piede di casa,  con gli occhi rivolti al passato e ignara dei benefici di un'economia aperta.  E oggi?  La sinistra è (finalmente) cresciuta?  Oppure no? 


Carlo Gambescia    

2 commenti:

  1. Capisco l'intento del post, i parallelismi per tornare a disputare sul tasso di modernismo/antimodernismo italiano non mancano: basti pensare alla Tav, al MOSE o al ponte sullo stretto, ma ormai dopo anni trascorsi a ricercare inesistenti grandi centri ne abbiamo uno giovane giovane e che più grande non si può, il Renzuscone, che, come Picone, risolverà ogni situazione. Saluti

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