Suonare il piffero per complottisti,
catastrofisti e antiberlusconiani viscerali? Mai
Fanno veramente paura le modalità con cui
l'area più verbalmente violenta della Rete, quella che si propone come una
specie di "Partito Nuovo" rivoluzionario, ha respinto qualsiasi
addebito culturale e morale sulla preparazione di quel clima di odio che ha
comunque condizionato, se non determinato, la grave aggressione subita dal
Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.
"Modalità", poi... Una scrollatina
di spalle ("E' colpa sua, se lo merita") e via di nuovo con il mantra
del "Berlusconi che deve finire in prigione" se non
"morire" (il che poteva accadere...). Il tutto condito con quel
complottismo ("Si è ferito da solo") e quel catastrofismo
("Ultimi sussulti di un regime morente"), che tanto piacciono a
quelli che Marx e Engels chiamavano argutamente "gli spostati sociali":
quei "teorici" del tanto peggio tanto meglio, che sembra abbiano
trovato sulla Rete una nuova casa. Ovviamente, non parliamo di tutta la Rete. Ma si sa chi grida
più forte, eccetera, eccetera.
Ora sarebbe facile, strappare consensi,
unendosi al coro complottista e catastrofista. Ma fin dall'inzio lo scopo del
nostro blog è stato quello di proporre, per quanto umanamente possibile,
riflessioni al di sopra delle parti. E in chiave sociologica. Il che significa
sostenere che l'odio è odio, anche a proposito di quel che è capitato a
Berlusconi. L'odio non ha colore e non va mai giustificato. Proprio per evitare
che una certa situazione precipiti lungo la spirale, spesso irreversibile, del
terrorismo e della repressione. Una spirale del colpo sul colpo, dove rischia
di restare questione puramente "mitologica" individuare chi abbia
cominciato per primo. L'odio si combatte smettendo di odiare. Dando, insomma,
il buon esempio, senza aspettare che l'altro faccia il primo passo, soprattutto
prima - il famoso "attimo prima" poi studiato dagli storici - che una
situazione precipiti completamente. Dal momento che - e sia chiaro per tutti -
la guerra civile è male, la pace sociale è bene. Non esiste una terza via.
Ma dobbiamo però spiegare il perché di
questa nostra posizione au-dessus de la
mêlée. E come al solito la prendiamo da lontano. Ma crediamo valga
la pena seguire fino in fondo il nostro ragionamento.
Ormai la cultura politica italiana è così
messa male che siamo sicuramente in pochi a ricordare la polemica tra Togliatti
e Vittorini, divampata nell' anno di grazia 1946. Che invece sarebbe utile
rievocare. E chiariamo perché.
In buona sostanza, Togliatti, all’epoca segretario del Pci, rimproverò allo
scrittore siciliano, uomo di cultura e direttore de “Il Politecnico”, un
eccesso di indipendenza culturale nei riguardi del partito. Libertà difesa
invece in modo appassionato da Vittorini, profondo estimatore della letteratura
americana. In tempi in cui il Pci, pendeva culturalmente, e non solo, dalle
labbra di Stalin .
Ora, di quella polemica alcune questioni sono oggi superate. Resta invece
attuale il modo in cui Vittorini difese il suo diritto a non “suonare il
piffero” per il partito comunista. Ma lasciamo a lui la parola:
.
“Il
diritto di parlare non deriva agli uomini dal fatto di “possedere la verità’.
Deriva piuttosto dal fatto che “si cerca la verità’. E guai se non fosse così
soltanto! Guai se si volesse legarlo ad una sicurezza di ‘possesso della
verità’! Lo si legherebbe alla presunzione del possedere la verità, e non
parlerebbero che i predicatori, i retori, gli arcadi, tutti coloro che non la
cercano”
(Elio Vittorini, Politica e cultura.
Lettera a Togliatti, in M. Forti e S. Pautasso, “Il Politecnico”. Antologia, Biblioteca
Universale Rizzoli, Milano 1975, p. 122).
.
Ecco,
oggi in Rete, molti di coloro che si arrogano il diritto di parlare in nome, di
ciò che si potrebbe chiamare sulla falsariga del Pci togliattiano, il “Partito
Nuovo” del Social Network, parlano come se già possedessero la verità. E ci
riferiamo in particolare ai seguaci delle varie teorie complottiste e
catastrofiste e agli antiberlusconiani viscerali. Non facciamo nomi. Basta fare
un giro in Rete.
Di conseguenza viene subito censurato chiunque non sia in linea con le più
demenziali tesi politiche, anche se non schierato con americani, israeliani,
banchieri, berlusconiani, eccetera.
O di qua o di là. I "Nuovi
Togliatti" della Rete non scherzano. Senza però possedere la cultura e il
senso dell'opportunità politica dello storico segretario comunista. E così
riprendono in home page solo
chi parli male degli Stati Uniti o di Berlusconi… Oppure epurano dalla rassegna
stampa chi osi avanzare qualche dubbio sulla reale democraticità di alcuni dei
cosiddetti avversari del "pensiero unico".
Ma i "duri e puri" della Rete sono
fatti così. Si atteggiano ad anticapitalisti (come se l'anticapitalismo fosse
un programma politico...), ma strizzano l'occhio ai peggiori dittatori;
inneggiano alla pace , ma intanto avvelenano le menti dei giovani, già stordite
da pessimi studi scolastici e universitari, con dosi massicce di odio sociale.
E in che modo? Veicolando post violenti e teorie assurde. Complimenti.
Continuate così a farvi e a fare del male.
Sotto l'aspetto argomentativo le tesi complottiste-catastrofiste, rivolte a
giustificare la dipendenza della cultura dalla politica ( o per dirla fuori dai
denti: della libertà culturale dalla “giusta causa politica”, la “loro”
s’intende), sono perciò simili a quelle evocate da Togliatti. In sintesi: a)
esistenza di un accerchiamento imposto da un crudele nemico esterno, il
capitalismo; b) inevitabilità, quasi ad orologeria, del suo crollo; c) obbligo,
quindi, per l’uomo di cultura, visto che la politica ha il monopolio della
verità, di sottomettersi ai voleri del “Partito Nuovo”.
Come si vede, Nihil sub sole novum…
Semplificando: non c’è più un “Partito Nuovo” comunista, ma ne sopravvive la
pericolosa mentalità totalitaria. E proprio all’interno del presunto “Partito
Nuovo” del Social Network. Che per giunta, a differenza del Pci di Togliatti,
scorge accerchiamenti dove invece non ci sono.
Inoltre questa cultura dell'odio on line - ripetiamo basta fare un giro
- sembra purtroppo essere finita nelle mani dei peggiori “predicatori, retori e
arcadi”. "Spostati", appunto. Personaggi di mezza tacca, spesso
totalmente irresponsabili, che non sarebbero piaciuti, non solo a Marx, ma
neppure a Togliatti, per non parlare di Vittorini. E quindi in certo senso il
"Partito Nuovo" del Social Network, è molto più pericoloso del Pci
togliattiano, perché, come dire, l'odio a tutto campo, tipico dello
"spostato sociale" ha sostituito l'odio mirato della "vecchia
guardia" comunista": l'odio disordinato dell'avventuriero sociale ha
così preso il posto dell'odio ordinato del funzionario e del militante
inquadrati... Per dirla con Hobsbawm il ribelle ha sfilato la poltrona al
rivoluzionario di professione. Certo, entrambi odiano, ma l'odio illimitato è
ancora più pericoloso. Perché si manifesta attraverso quell ' "assoluto
diritto di odiare", rivendicato, proprio in questi giorni, dai peggiori
avventurieri della tastiera.
Una pericolosità, infine, che nasce anche
dal fatto - e questo va riconosciuto - che dall'altra parte non ci sono uomini,
come nel 1946, della levatura di Croce, De Gasperi, Einaudi.
Per tale ragione, costi quel costi, mai suoneremo il piffero per questa gente.
Come non lo abbiamo mai suonato - ma è un’altra storia… - per l’Arcadia
Neoliberista.
Noi cerchiamo la verità, pur sapendo umilmente che in questo mondo sarà
difficile raggiungerla. E comunque sia, non riteniamo di possederla per scienza
infusa come “loro”, i "duri e puri". E questa ricerca non possiamo
appaltarla né agli amici né ai nemici dell’attuale sistema politico, economico
e sociale.
Su questo blog non si fanno sconti. A nessuno.
Perciò i nostri venticinque lettori stiano
pure tranquilli.
Carlo Gambescia
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