Il ferimento di Berlusconi
Piazza Loreto, Piazza Fontana, Piazza
del Duomo
Questa sera, con il ferimento di Berlusconi
dopo il comizio di Piazza del Duomo, la crisi politica italiana ha raggiunto il
punto più basso. L’Italia della guerra civile, di cui parlavamo nell’ultimo
post, sembra essere più viva che mai. E chissà quando ne usciremo.
Una dichiarazione come quella di Antonio Di Pietro, che in buona sostanza
addebita al Cavaliere la responsabilità dell’atto di violenza subito è
semplicemente vergognosa. E ripugnante. Che dire? Inutile ricordare il sostegno dell'ineffabile Di Piero alla manifestazione romana di pochi giorni fa contro Berlusconi, dai toni piuttosto violenti che coloriti, alla quale ha fatto seguito - quando si dice il caso - il ferimento di questa sera... (*)
Ma si deve prendere atto anche della fredda solidarietà di Napolitano e Fini.
Già membri di partiti che hanno per così dire storicamente sempre
"flirtato" con la violenza.
Ovviamente vanno respinti anche i possibili tentativi della destra di
strumentalizzare l’accaduto. E qui pensiamo alle dichiarazioni a caldo di Bossi
e della Gelmini. Il primo ha parlato di violenza terroristica. La seconda della
necessità di leggi speciali.
In realtà non siamo davanti ad un atto di violenza teorroristica in stile “Anni
di Piombo”. Non è il rapimento Moro. Quindi non occorrono provvedimenti
straordinari di polizia. Ma serve invece un pronto ritorno alla ragione
politica.
Ma chi è disposto a ragionare in questa Italia segnata da una lunga e logorante
“guerra civile”, che ci vede tuttora divisi in rossi e neri? Una guerra civile
iniziata all’indomani della Prima Guerra Mondiale, come scrivevamo - ripetiamo
- nell'ultimo post...
Ecco il vero problema.
E così da Piazza Fontana ora si è giunti a Piazza del Duomo. Crediamo però che
l’animo italiano sia diventano così duro passando per Piazza Loreto.
Carlo Gambescia
P.S. (14.12.09)
Il fatto che l'aggressore sia un "soggetto psicolabile", come si sono affrettati a sottolineare questa mattina i media antiberlusconiani, è un fatto ancora più inquietante. Perché, di regola, le prime a risentire di un clima d'odio sono proprio le persone a rischio. Antonio Pallante, l'attentatore alla vita di Togliatti, quello che nel 1948 sparò quattro colpi di pistola contro il segretario del Pci e che per puro caso non lo uccise, con la testa non ci stava tutto. E agì da solo.
Qui va anche ricordata, la fermezza democratica con cui il partito comunista, evitò che la situazione precipitasse.
Ci auguriamo che i berlusconiani e gli antiberlusconiani d'Italia, dimostrino pari fermezza.
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