All’amico Aldo La Fata devo sempre interventi illuminanti sui miei
scritti. Apprezzo molto la sua chiarezza, la sua preparazione, come pure
la capacità di sintesi. Cioè di ridurre le questioni “all’osso”,
facendo così emergere punti di contatto e di contrasto tra il mio è il
suo pensiero.
Desidero perciò pubblicare la sua replica al mio articolo di ieri:
“Leone XIV e la prova del nove” (*). Alla quale faccio seguire la mia
risposta.
Buona lettura.
Carlo Gambescia
(*) Qui: https://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.com/2025/05/leone-xiv-e-la-prova-del-nove.html
***
Caro Carlo, mi pare che il tuo testo sia molto stimolante, ma che richieda alcune puntualizzazioni teologiche ed ecclesiologiche. Lo so che non è il tuo campo, ma forse è un po’ il mio e allora provo a dire qualcosa.
Innanzitutto nelle tue parole mi pare ci sia una premessa implicita, ovvero che la Chiesa debba “incidere politicamente”, ovvero esercitare un’influenza diretta sulla scena geopolitica mondiale. Ma ti ricordo che il compito della Chiesa non è quello di esercitare un potere politico diretto, ma di illuminare le coscienze, promuovendo la giustizia, la pace e la dignità della persona umana. Anche nei momenti di massima proiezione politica del papato – penso a Pio XI contro il nazismo e il comunismo, o a Giovanni Paolo II con la difesa della libertà religiosa nell’Est europeo – l’azione della Chiesa è sempre rimasta sul piano morale e spirituale. La distinzione tra potestas spiritualis e potestas temporalis è fondante nel pensiero cattolico, e non può essere ignorata senza cadere in un errore costantiniano.
Leone XIII non condannava gli Stati Uniti in quanto tali, ma un certo spirito individualista, attivista e “pragmatico” che minacciava l’universalismo cattolico, deformandolo in senso nazionale. Si è sempre trattato di non di cedere al “modello USA”, ma di evangelizzare le culture, secondo il principio dell’inculturazione. Inoltre, anche quando invochi lo scenario dell’invasione della Groenlandia come “prova del nove” credo ci sia una forzatura dovuta al fatto che tu tratti la Chiesa come un attore geopolitico nel senso moderno del termine mentre invece è di una realtà transnazionale, mistica e spirituale che si tratta, oggi più che mai. Domandarsi “che farà Leone XIV davanti a un’invasione armata mi sembra un falso problema. La risposta cattolica non sarà mai una presa di posizione strategica, ma una profezia di pace, in linea con l’insegnamento evangelico e con la dottrina sociale della Chiesa.
Per ultimo, tu contrapponi due modelli ecclesiali: la Chiesa “ospedale da campo”, compassionevole, neutra, quasi inerte e la Chiesa “militante”, schierata, combattente, forse vicina a una nuova crociata. Ma questo è un dualismo fuorviante. La vera questione non è tra cura e battaglia, ma tra testimonianza e compromesso. Una Chiesa che cura i feriti è anche una Chiesa che denuncia chi li ferisce. Il Vangelo non autorizza né l’indifferenza né la partigianeria politica.
Insomma, caro Carlo, la tua visione della Chiesa è affascinante ma temo un po’ troppo secolarizzata. Oscilla tra cinismo geopolitico e nostalgia per un cristianesimo militante, perdendo di vista la dimensione teologica e sacramentale del pontificato. La vera prova del nove quindi non sarà l’invasione della Groenlandia, ma la capacità del nuovo Papa di testimoniare la verità dell’amore cristiano in un mondo disorientato, senza cedere alla logica dei blocchi, delle potenze, o dei “buoni contro cattivi”. E sul fatto che sarà così sono disposto a scommetterci. Grande abbraccio e sempre grazie per gli stimoli.
Un abbraccio,
Aldo
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Caro Aldo, rileggendo la tua acuta risposta, sai a cosa pensavo? Alle parole di Putin, in occasione della sfilata celebrativa tenutasi a Mosca. In pratica si rivendica la natura antifascista del regime russo. Un regime che perseguita il dissenso, fino all’assassinio, che ha aggredito l’Ucraina, che minaccia ogni giorno l’uso di armi atomiche contro l’Europa.
Come ci si può dichiarare antifascisti e comportarsi da fascisti?
Che c’entra Putin con il Papa e la Chiesa? Ovviamente, il Papa non è Putin, dice altre cose, bellissime, ma la domanda è: Il Papa e Putin credono in quello che dicono? Cioè qual è il rapporto tra le “parole” e le “cose”? Ci si può fidare?
Da studioso non mi sono mai fidato. E non faccio tuttora sconti a nessuno, neppure al Papa. Non ritengo che il Papa dica sistematicamente bugie. Ma credo ci si debba concentrare sui fatti. Cioè su quello che fanno il Papa e Putin. Altrimenti si rischia di proiettare sulle “parole” i nostri desideri. E perdere di vista le “cose”.
Che ci dicono le “cose” sul Papa? Che il Papa ricorre a “parole” universaliste, come detto bellissime, ma che poi deve fare i conti con le “cose”, che universaliste non sono, soprattutto in tempi come i nostri dove prevale un torvo nazionalismo. Quindi le “cose” ci dicono che il Papa, realisticamente parlando, è un attore metapolitico come tutti gli altri. Sotto questo aspetto il realismo metapolitico e uno studio delle “cose”, proprio per evitare di inseguire le “parole”.
Tu mi dirai che il mio è un orizzonte ristretto. Touché. E ti dirò di più: se è vero che esiste una tensione tra le “parole” e le “cose”, è altrettanto vero che non la si può risolvere eliminando uno dei due termini in gioco. Io, infatti, elimino il primo. Tu, invece, mi sembra, che riesca a tenerli insieme, con una leggera prevalenza delle “parole” sulle “cose”. Quindi, oltre che meno bravo di te, sarei io ad essere in difetto. Ne prendo atto.
Del resto caro amico Aldo, come si dice in quel film, nessuno è perfetto. E su quest’ultima mia affermazione la nostra discussione potrebbe riaccendersi e proseguire all’infinito: perché se nessuno è perfetto non lo sono neppure il Papa e la Chiesa. Al che tu potresti rispondere, che se sbagliano, sbagliano a fin di bene, eccetera, eccetera, secondo la dottrina, un poco gesuitica, delle buone intenzioni. E io potrei replicare asserendo che esistono altri fattori e circostanze da considerare. Insomma, non “cose”, ma “parole” contro “parole”.
E così, a poco a poco, torneremmo, come nel gioco dell’oca, alla casella iniziale.
Un abbraccio.
Carlo
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