La celebrazione di Pasolini come simbolo della nostra arretratezza culturale
Eroe non per caso
In questi giorni di celebrazioni, non si parla d'altro, magnificandola, che dell'eredità intellettuale di Pasolini. Ora, sul piano dei
contenuti, se pure ne esiste una, si tratta di
un'eredità negativa: il suo odio verso la modernità. Perciò, dal punto di vista sociologico, non sarebbe così difficile inquadrarlo: Pasolini rientra nello stereotipo di quel romanticismo politico ed economico portato a idealizzare la
società pre-moderna. Di qui, il suo comunismo critico, verso un’ideologia politica
fondata per eccellenza sul concetto di progresso. Di qui, il suo essere gradito a quelle correnti
politiche di destra e sinistra contrarie alla libertà economica, sia dal lato
dei produttori che dei consumatori.
Il
nocciolo del suo pensiero è questo. Che poi
Pasolini lo abbia espresso
ricorrendo alle più diverse forme artistiche, con più o meno successo, è materia che riguarda la critica
specializzata, quindi la forma non il
contenuto del suo pensiero.
Del
resto, la pubblica opinione di una società, votata al progresso e alla crescita economica,
e intelligentemente consapevole di queste due necessità, che cosa potrebbe apprendere da Pasolini? Nulla.
Negli
Stati Uniti, culla della modernità, a
parte alcuni circoli radicali, Pasolini è poco conosciuto o comunque viene
giudicato alla stregua di uno dei tanti intellettuali politicamente eccentrici,
che popolano, da sempre, il sottobosco della scena culturale americana. Roba da cervellotiche lunatic fringe. Tutto qui.
In
Italia, dove la modernità, non è mai stata apprezzata e in particolare l’economia di mercato è vista ancora come un diabolico nemico da smascherare, Pasolini viene celebrato come un eroe.
Che
dire? Due cose. Che Pasolini, in Italia, paese culturalmente
arretrato, non è
quindi eroe per caso. E che ognuno ha gli
eroi che si merita.
Carlo Gambescia
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